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Venerdì della Bussola

Il rapporto con Dio Creatore: necessario all’uomo e alla scienza

Prima la grande sintesi fede-ragione; poi l’involuzione di questo rapporto come frutto di un uomo che rigetta Dio e il cristianesimo, divinizzando la scienza, con le gravi ricadute odierne. Dal videoincontro di ieri con Alberto Strumia, sacerdote e scienziato.

Cultura 11_01_2025

Come si è evoluto il rapporto fede-ragione? Che cosa ha determinato la loro artificiosa separazione e con quali conseguenze? Perché per l’umanità e la scienza stessa è fondamentale recuperare il retto riferimento a Dio Creatore? E che cosa comporta un certo odierno connubio politica-scienza?

Su queste e altre domande si è innestata la diretta di ieri dei Venerdì della Bussola, intitolata – come la nostra campagna di raccolta fondi – Nella tempesta una fede certa. Alla conduzione il direttore Riccardo Cascioli, che ha dialogato con un uomo di scienza e di Chiesa: don Alberto Strumia, professore ordinario di fisica matematica, con varie pubblicazioni all’attivo, anche nel campo della filosofia della scienza. Cascioli ha esordito proprio da qui, dal fatto cioè che oggi molti considerano strano vedere un sacerdote scienziato, in ragione dell’apparente inconciliabilità tra fede e scienza; un’inconciliabilità smentita da secoli di sacerdoti e religiosi scienziati e di sviluppo scientifico «all’ombra del campanile».

Per capire l’evoluzione o, meglio, l’involuzione del rapporto fede-ragione e anche il relativo cambiamento di percezione, don Strumia esorta a leggere almeno il capitolo IV di Fides et Ratio (1998), fondamentale enciclica di san Giovanni Paolo II. In questo testo si delineano essenzialmente due fasi del rapporto fede-ragione: 1) una sintesi costruttiva tra queste «due ali» dello spirito umano, grazie all’insegnamento trasmesso dagli apostoli, dai loro successori, da uomini di Chiesa che erano insieme filosofi e uomini di scienza, con un culmine nell’opera di sant’Agostino e san Tommaso d’Aquino; 2) la crisi e il progressivo sganciamento della ragione dalla fede.

Com’è stato possibile questo allontanamento? Alla base c’è, come spiega Strumia, «il solito meccanismo del peccato originale», cioè come se il demonio – con la stessa sua collaudata seduzione – abbia convinto l’uomo di poter «fare da solo», perché la sua ragione è «autosufficiente» e non ha bisogno della Rivelazione cristiana. Così, tra gli uomini di scienza – non tutti, s’intende – si è via via diffuso «l’istinto di prendere le distanze e di fare a meno progressivamente della fede, fino addirittura a contrapporsi ad essa e pretendere illusoriamente di costruirsi una sorta di religione scientifica sostitutiva».

C’è stata dunque un’ideologizzazione della scienza, con gravi ricadute sulla realtà quotidiana (vedi, per stare ai nostri giorni, la gestione del Covid e il catastrofismo climatico). Eppure, osserva Strumia, «è da più di un secolo che ci sono teoremi in ambito scientifico e risultati sperimentali che dimostrano che la scienza non è onnipotente», mentre la si vende come tale, anche sfruttando la potenza dei media. «Anche la fissazione di parlare sempre di intelligenza artificiale come se fosse qualcosa di sovrumano o di voler costruire dei robot umanoidi» rientra nello stesso solco di pensiero, secondo il docente di fisica matematica. Ma diversamente dall’ideologia, «la realtà dei fatti è che l’uomo non è Dio».

Semmai la vera sfida, avverte il sacerdote, è ricordare all’uomo che «può essere divinizzato dall’unico vero Dio» e partecipare della stessa vita divina, secondo quello che è il progetto del Creatore per ciascuno di noi, purché ci disponiamo ad accogliere la Sua grazia. Perciò la Chiesa, che oggi ha in buona parte rinunciato a questo insegnamento, ha il compito di ribadire che la nostra felicità passa dall’instaurare «un rapporto giusto con Dio Creatore. È la Rivelazione cristiana che ti dà l’accesso a questo rapporto giusto». È un rapporto che l’umanità ha perso in conseguenza del peccato originale, ma che la grazia divina ci dà appunto la possibilità di recuperare.

Anche i non credenti sono chiamati a «vivere come se Dio esistesse», secondo il famoso invito rivolto da Benedetto XVI. Del resto, le conseguenze di aver messo da parte Dio sono sotto gli occhi di tutti. Oggi, come ricostruisce Strumia, «c’è tutta una cultura, una civiltà – soprattutto in Occidente – costruita senza Cristo o minimizzando Cristo, privatizzando la fede, rendendola un fatto facoltativo, opzionale, per i devoti, ma non fondamentale per il risanamento della ragione e l’edificazione di una società». Ma la realtà non fa sconti. «I disordini che abbiamo oggi, nelle nostre società cosiddette democratiche, lo sconquasso dei rapporti umani, le famiglie che si dissolvono, addirittura gli omicidi, i suicidi che si moltiplicano tutti i giorni, le “bravate” fatte da giovani e meno giovani», eccetera, testimoniano che l’odierna società atea e laicista «non funziona». Tutto questo vuol dire che «la teoria su cui si è costruita questo tipo di civiltà viene falsificata dall’esperienza, per dirla in un linguaggio di filosofia della scienza».

È necessario allora riacquisire la consapevolezza che solo Gesù Cristo svela chi è l’uomo e quale il suo fine, il cui raggiungimento passa attraverso il combattimento spirituale e l’adesione a Lui, vincitore sul nostro nemico: il demonio. Ecco perché, come osserva Strumia, le mere analisi psicologiche e sociologiche, di cui ad esempio sono pieni i talk show, non potranno mai spiegare sufficientemente la realtà. Né la psicologia o la giustizia umana possono guarire davvero l’uomo dalle sue ferite morali e spirituali, bensì solo il Signore. Significativo l’esempio evangelico ricordato dal sacerdote: il paralitico portato in barella dai suoi amici ottiene la guarigione grazie alla fede, perché lo si porta non a metà strada ma fino a Gesù.

Riguardo a uno dei luoghi comuni moderni, la coltivazione del dubbio, Strumia ricorda che esso è incompatibile con la fede e non è neanche alla base del metodo scientifico, il quale piuttosto «lavora sull’ipotesi, cioè: provo a vedere se un’ipotesi è vera, se predice i dati sperimentali, se corrisponde alla realtà», secondo il principio dell’adaequatio rei et intellectus. E se l’ipotesi si rivela errata, si potrà cercare di correggerla.

Verso il finale, Cascioli ha richiamato il legame perverso che si è creato in questi anni tra scienza e politica, nel senso che la prima è stata strumentalmente usata dalla seconda per giustificare decisioni drastiche, come durante il Covid. Una dinamica che rientra appunto nella divinizzazione della scienza. «La scienza viene usata molto spesso in questo modo, come una sorta di copertura ideologica», afferma Strumia. Il quale poi ricorda come oggi tanti uomini di scienza si trovino a dover affrontare la tentazione se allinearsi a certe posizioni ideologiche per vedersi finanziate le loro ricerche oppure no. Ma se la menzogna può dare l’illusione, nel breve periodo, di “funzionare”, alla lunga non sta in piedi, né sulla terra né tantomeno nell’eternità.