L’Onu taglia gli aiuti alla Siria. Il vescovo di Homs: «Così moriamo»
Ascolta la versione audio dell'articolo
Dopo gli ultimi tagli drastici da parte del Programma alimentare mondiale (Pam) dell’Onu, più di cinque milioni di siriani rischiano la fame. Una decisione «terribile e ingiusta» per mons. Jacques Mourad. E, al contempo, permangono le sanzioni alla Siria.
La forte denuncia di questi giorni di monsignor Jacques Mourad, arcivescovo siro-cattolico di Homs, è quasi passata inosservata, tra le festività e le gravissime notizie di continui attentati, vendette, massacri che infiammano il mondo, in particolare il Medio Oriente. Tuttavia, l’abbandono della Siria da parte del Programma alimentare mondiale (Pam) delle Nazioni Unite, l’abbandono del popolo di un Paese massacrato dalla guerra interna, occupato da varie potenze straniere (Stati Uniti e Turchia in primis), nel quale imperversano l’Isis e altre bande di tagliagole, sostenute anche da alcuni Paesi europei, desta preoccupazione.
Il Programma alimentare mondiale ha annunciato, all’inizio dello scorso dicembre, di voler interrompere dall’1 gennaio 2024 il suo principale programma di assistenza alimentare in Siria a causa della carenza di fondi, mantenendo solo alcuni programmi di aiuto minori. È stata la settima volta che il Pam ha annunciato una riduzione degli aiuti alla Siria; l'ultimo annuncio risaliva al 13 giugno 2023, quando il Pam ha tagliato l'assistenza alimentare a circa 2,5 milioni di persone, quasi la metà dei 5,5 milioni di abitanti assistiti fino ad allora.
«Il popolo siriano è condannato a morire senza poter dire nulla», ha detto l'arcivescovo Mourad in un'intervista a Vatican News pubblicata lo scorso 3 gennaio, a proposito della drammatica situazione che il Paese sta attraversando a causa della guerra che imperversa da 13 anni. In particolare, ha ricordato mons. Mourad, con la cancellazione del piano di aiuti alimentari delle Nazioni Unite in Siria, più di cinque milioni di persone che dipendevano da questi aiuti saranno spinte sull’orlo della morte, una decisione «terribile e ingiusta», che condanna un popolo, come quello siriano, che non ha modo di far sentire la propria voce. Oltre che dalla guerra, la Siria è stata gravemente colpita anche dal terremoto del febbraio 2023, soprattutto nelle zone di confine con la Turchia.
Pur riconoscendo che la Chiesa e le organizzazioni non governative che operano in Siria hanno fatto moltissimo per rispondere ai bisogni urgenti della popolazione durante gli anni di guerra, secondo il presule siriano, con la cessazione dell'assistenza umanitaria da parte delle Nazioni Unite, di cui beneficiavano buona parte dei siriani, rimangono poche speranze per evitare che la gente inizi a morire di fame. Chiesa e organizzazioni umanitarie internazionali infatti non sono in grado di provvedere a tutte le persone bisognose di aiuto, una realtà aggravata dal fatto che è molto difficile inviare denaro al Paese dall’estero, a causa delle sanzioni imposte al Paese dall'Onu, dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti.
All'indomani dei forti terremoti che avevano colpito a febbraio 2023 la Turchia meridionale e la Siria settentrionale, gli appelli a revocare le sanzioni alla Siria erano diventati virali sui social media; alcuni Paesi, tra cui Venezuela, Cina, Russia e Cuba e alcuni esperti delle Nazioni Unite avevano chiesto la revoca o l'alleggerimento delle sanzioni unilaterali sulla Siria. Sul fronte opposto, i funzionari degli Stati Uniti e dell'Unione Europea e i sostenitori delle sanzioni avevano affermato che le sanzioni includevano eccezioni umanitarie e non avevano alcun effetto sulle operazioni umanitarie in Siria, sottolineando che gli stessi Paesi occidentali che impongono sanzioni alla Siria sono anche i maggiori finanziatori delle operazioni delle agenzie dell’Onu in Siria.
Ebbene, ora che il programma alimentare delle Nazioni Unite ha ridotto drasticamente gli aiuti alla Siria per un’asserita mancanza di fondi, per l’UE e gli USA torna di attualità l’abolizione di tutte le sanzioni nei confronti della Siria e cade ogni ipocrita giustificazione per mantenere l’occupazione straniera di parte del territorio, ricco di pozzi petroliferi, come da tempo affermato dal Cato Institute.
Tanto più ingiustificabile è l’atteggiamento di mantenere sanzioni e tagliare sostegni alimentari per affamare il popolo siriano e impedirne la ripresa sociale, economica e civile. «Come possiamo fare, come può vivere il popolo siriano? Ci sono già molte famiglie siriane che mangiano una volta al giorno, solo una volta al giorno. Abbiamo dimenticato cos'è il riscaldamento, perché non possiamo comprare olio o legna da ardere, abbiamo dimenticato cos'è l'acqua calda, abbiamo dimenticato cos'è una società», ha denunciato con forza l'arcivescovo di Homs, che ha chiesto: «Perché vogliono far morire questo popolo? Non è possibile che il mondo intero abbandoni il popolo siriano, cosa abbiamo fatto di male per essere condannati a morire?».
A raccogliere il grido di dolore e preoccupazione di mons. Mourad è stata la Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre. Regina Lynch, presidente esecutivo della fondazione, ha dichiarato che nel 2024 la Siria sarà uno dei principali Paesi serviti dall'organizzazione: «In Siria non possiamo parlare di persecuzione in sé, ma stiamo entrando nel tredicesimo anno di guerra, c'è ancora molto conflitto e il terremoto ha reso tutto ancora più difficile. C'è sempre il rischio che la Siria esca dal radar; quindi, è importante per noi continuare a concentrarci sulla Siria e ricordare alla gente cosa sta accadendo lì».
Ora, al G7 o nel prossimo Parlamento europeo, è auspicabile che il governo italiano prenda l’iniziativa, affinché si compiano passi decisi per liberare la Siria da sanzioni omicide dell’intero popolo.
Siria, una tragedia triplice: il terremoto, la guerra e le scandalose sanzioni
«La situazione era già molto difficile a causa di un conflitto che dura oramai da dodici anni. La gente è disperata», dice alla Bussola suor Siba al Khoury, di Aleppo. Molte delle regioni colpite dal sisma sono sotto il controllo dei ribelli e dunque inaccessibili. E poi ci sono le sanzioni occidentali: «Le sanzioni sono disumane» dichiara padre Francesco Patton, custode di Terra Santa, «e trovo scandaloso che in un momento così tragico, non si sia capaci di rimuovere o sospendere le sanzioni. In Siria la gente sta morendo».
- LE TRAPPISTE SIRIANE: «TOGLIERE SUBITO LE SANZIONI»