Londra: il "piano Rwanda" bocciato, a causa dell'Unhcr
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La Corte Suprema britannica ha bocciato il "piano Rwanda" col quale il governo si impegnava a trasferire nel paese africano gli emigranti illegali. La Corte si è basata su un insolito rapporto Unhcr sul Rwanda.
Il 15 novembre la Corte Suprema ha bocciato il piano di trasferimento in Rwanda di una parte degli emigranti illegali che ogni anno, a decine di migliaia, partono dalle coste francesi, attraversano il canale della Manica e, una volta sbarcati, chiedono asilo dicendo di essere in fuga da guerre e persecuzione. È una delle iniziative decise oltre un anno fa dai governi succedutisi nel frattempo per contrastare l’immigrazione illegale. In Rwanda, in base agli accordi presi nell’aprile del 2022 con il governo di Kigali, è previsto che le richieste di asilo vengano esaminate da funzionari locali per verificarne la fondatezza e che nel frattempo gli emigranti siano ospitati in ottime strutture, liberi di uscirne e rientrarvi. Quelli che otterranno asilo riceveranno per cinque anni dal governo britannico aiuti economici e altre forme di sostegno affinché possano integrarsi nella vita economica e sociale del paese. Gli altri potranno presentare domanda di risiedere in Rwanda ad altro titolo oppure saranno portati nei rispettivi paesi di origine o in altri Stati in cui sia consentito loro di risiedere.
La Corte Suprema però ha giudicato illegale questo piano di riallocazione. Lo ha fatto con motivazioni che riguardano la situazione del paese su cui è caduta la scelta, il Rwanda. Uno Stato, ha spiegato il presidente della Corte Lord Reed illustrando la sentenza, può qualificarsi come sicuro solo se non respinge i rifugiati, rimandandoli nel paese dal quale sono fuggiti, dove la loro vita e la loro libertà sarebbero minacciate. È quanto dispone l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra sui rifugiati, pienamente recepito – ha sottolineato Lord Reed – dalla legge britannica.
Ma secondo i giudici della Corte Suprema il Rwanda non dà queste garanzie. Nel paese la situazione dei diritti umani è pessima, ha spiegato Lord Reed. «La polizia britannica – ha detto – ha dovuto informare i richiedenti asilo che, riallocati nello stato africano, rischierebbero di essere uccisi. Desta inoltre preoccupazione anche la libertà dei media e della politica. Questo solleva dubbi sulla conformità del paese agli obblighi internazionali». Quanto al trattamento riservato ai richiedenti asilo, Lord Reed ha detto di aver ricevuto dall’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) prove che i funzionari incaricati di gestire i rifugiati in Rwanda prendono decisioni arbitrarie e ingiuste. Nel paese si sarebbe registrato un tasso del 100% di rigetto delle richieste di asilo presentate ad esempio da persone provenienti da paesi in zone di conflitto note, come Siria, Yemen e Afghanistan, sebbene le autorità britanniche ritengano che tali richieste siano generalmente fondate. Si può parlare di un “apparente malinteso” del Rwanda in merito ai suoi obblighi ai sensi della Convezione di Ginevra – ha sottolineato Lord Reed – e pertanto il paese non può considerarsi sicuro. Il governo britannico – ha concluso – non ha adeguatamente considerato i rischi di ciò che può accadere alle persone inviate in Rwanda perché si è affidato alle assicurazioni diplomatiche del governo di Kigali invece di considerare adeguatamente la situazione.
L’Unhcr è stato ovviamente considerato fonte autorevole dal momento che dal 1951 ha il compito di provvedere ai profughi. Non si può fare a meno di rilevare, tuttavia, che il suo giudizio negativo sul Rwanda è del tutto inaspettato, insolito. Contrasta infatti con l’ammirazione che l’Unhcr da sempre caldamente esprime per la generosità ammirevole con cui i paesi africani, benché poveri, accolgono i rifugiati.
Dopo la pubblicazione della sentenza della Corte Suprema, il primo ministro britannico Rishi Sunak ha comunque ribadito la ferma volontà del suo governo di fermare gli sbarchi e ha aggiunto che la Corte Suprema ha espresso un giudizio sulla riallocazione in Rwanda dei richiedenti asilo, ma ha sostanzialmente confermato che trasferire gli emigranti illegali in un paese terzo sicuro è legale e quindi che fin dall’inizio il governo ha avuto una posizione corretta. «L’immigrazione illegale – ha detto – distrugge vite umane e costa ogni anno milioni di sterline dei contribuenti britannici. Dobbiamo mettere fine a questo e fare tutto il necessario per riuscirci. Quando la gente sa che se arriva qui illegalmente non potrà restare, smetterà di venire e noi fermeremo le imbarcazioni». Ha poi annunciato che già nei prossimi giorni sarà presentato in Parlamento un nuovo testo che fornirà le “necessarie rassicurazioni”. Ha aggiunto di aver parlato con il presidente del Rwanda Paul Kagame. «Abbiamo ribadito il nostro fermo impegno a far funzionare la nostra partnership sulla migrazione. Pur delusi dal risultato, prenderemo le misure necessarie per garantire di fermare le barche».
Anche James Cleverly, che dal 13 novembre sostituisce Suella Braverman nella carica di segretario di Stato, ha difeso il piano ricordando tra l’altro le recenti iniziative di altri Stati europei: “in tutta Europa, l'immigrazione clandestina è in aumento e i governi stanno seguendo il nostro esempio: Italia, Germania e Austria stanno tutti esplorando modelli simili alla nostra partnership con il Rwanda». Dura è stata la reazione del vicepresidente del partito conservatore, Lee Anderson, secondo cui il governo dovrebbe “ignorare le leggi” e mandare gli emigranti che attraversano la Manica in Rwanda lo stesso giorno in cui arrivano. Anderson ha definito la sentenza della Corte Suprema un “giorno buio per il popolo britannico”. «Penso – ha detto – che il popolo britannico sia stato molto paziente, lo sono stato anch'io, e ora chiede un'azione. È giunto il momento che il governo dimostri una vera leadership».