L'Italia e il pensiero Lgbt-abortista imposto dall'Onu
La rappresentanza italiana all’Onu ha accolto raccomandazioni che invitano a rafforzare i diritti Lgbt. Accolte anche quelle sulle «misure necessarie per garantire un accesso effettivo all'aborto», insieme alle critiche verso l’obiezione di coscienza. Ovviamente nessuno si scandalizza se l’aborto provoca una quantità di morti al giorno molto maggiore di quella da Covid-19.
Il Consiglio Onu per i diritti umani ha diffuso le raccomandazioni degli Stati indirizzate all’Italia a seguito della discussione sull’esame del rapporto italiano nell’ambito della Revisione periodica universale sul rispetto dei diritti umani del 4 novembre scorso. In breve, molti Paesi che fanno parte dell’Onu hanno presentato all’Italia delle osservazioni, che in parte sono elogi e in parte vere e proprie raccomandazioni, in merito alla tutela dei diritti fondamentali. Buona parte delle raccomandazioni attengono ai diritti delle donne, dei minori, delle minoranze, dei migranti e al tema della tratta di esseri umani.
L’Italia un paio di giorni or sono ha pubblicato le sue risposte a tali osservazioni. Il documento finale del Consiglio Onu in merito a tale Revisione periodica sarà approvato nel corso della 43esima sessione che si terrà entro il 20 marzo 2020, coronavirus permettendo.
Su 306 raccomandazioni – di cui solo una tratta della famiglia naturale - il nostro Paese ne ha accettate 292. Prendiamo in esame quelle che riguardano due materie: la tematica LGBT e l’aborto. In merito alla prima l’Italia, già nel documento licenziato a novembre dal Consiglio Onu, teneva a precisare al punto n. 103 che «l'Ufficio nazionale contro la discriminazione razziale sta lavorando con determinazione per prevenire e combattere la discriminazione e la violenza basate su orientamento sessuale e identità di genere, raccogliendo i rapporti sulla discriminazione attraverso i suoi centri di contatto, fornendo un piano strategico ad ampio raggio». Inoltre al punto successivo ricorda che «un dialogo permanente con le organizzazioni non governative che lavorano sulle tematiche gay, bisessuali, lesbiche e transgender era stato avviato nell'ottobre 2018, attraverso l’istituzione di un gruppo di lavoro consultivo per la promozione dei diritti delle persone gay, bisessuali, lesbiche e transessuali», un dialogo che ha visto coinvolto 48 associazioni arcobaleno.
Inoltre la nostra rappresentanza all’Onu ha accolto 16 raccomandazioni che invitavano a rafforzare dal punto di vista legale la tutela delle persone omosessuali contro le discriminazioni, ossia a promulgare una legge contro la cosiddetta omofobia. E infatti il disegno di legge Zan sull’omofobia è attualmente all’esame del Parlamento.
La delegazione italiana ha poi espresso contrarietà verso le operazioni chirurgiche di rettificazione sessuale sui minori intersessuali - ossia bambini che presentano conformazioni morfologiche non pienamente corrispondenti al sesso genetico - se inutili e, inoltre, il governo italiano ha accolto due raccomandazioni simili che chiedono di non intervenire chirurgicamente su persone intersessuali se l’operazione viene fatta senza consenso ed è inutile. Ora appare evidente che se una operazione è inutile non si debba fare, ma il nostro timore è il seguente: forse questo divieto non è motivato dalla inefficacia dell’intervento, bensì dalla volontà di preservare un individuo nella sua intersessualità, quasi fosse un terzo sesso. Dunque non interveniamo laddove possibile per eliminare una malformazione anatomica-genitale perché secondo il pensiero gender quella non è una anomalia bensì la prova che esiste un terzo sesso.
Sempre rimanendo nelle tematiche LGBT, l’Italia non ha invece accolto la seguente raccomandazione proveniente dall’Islanda, seppur – in termini tecnici – ne abbia preso nota: «Adottare leggi sul riconoscimento di entrambi i genitori dello stesso sesso coinvolti nella crescita del bambino ed estendere il loro accesso all'adozione alla pari di altri soggetti» (148.171). Il rifiuto, però non assoluto, mostrato dall’Italia è forse motivato dal fatto che nella legge sulle Unioni civili la materia filiazione non ha subito l’equiparazione “matrimonio-unioni civili” che è invece presente per tutte le altre materie. In breve una donna di coppia lesbica che è unita civilmente ad un’altra donna che ha messo al mondo un bambino non può essere considerata automaticamente anche lei madre del minore. Idem per l’adozione. Ciò detto, però dove non è arrivata la legge sono arrivati i giudici e quindi è ormai da tempo che in modo diffuso i tribunali hanno aperto alla stepchild adoption per le coppie omosex e alla vera e propria omogenitorialità legale, ossia il bambino è considerato figlio legittimo di entrambi i partner della coppia gay senza nemmeno passare dall’istituto della adozione.
Passiamo alla tematica dell’aborto. L’Italia ha accolto le seguenti due raccomandazioni: «Prendere le misure necessarie per garantire un accesso effettivo all'aborto» (Francia 148.201). Viene da chiedersi: forse che, ahinoi, nel nostro Paese l’accesso all’aborto non è effettivo, libero e comodo? Quanti casi abbiamo dal 1978, anno di approvazione della legge, ad oggi di aborti negati? Zero, purtroppo.
Seconda raccomandazione accolta dall’Italia: «Garantire il libero esercizio dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne [leggi: aborto e contraccezione], garantendo l'accesso ai servizi legali per l'interruzione della gravidanza, riducendo al minimo l'impatto dell’obiezione di coscienza nell'esercizio di questo diritto dell’uomo» (Uruguay 148.200). Il governo italiano quindi certifica la sua avversione per l’obiezione di coscienza perché intralcio alla libera determinazione della donna di uccidere il figlio che porta in grembo. E l’aborto, ricordiamolo, provoca una quantità di morti al giorno nel mondo, molto, ma molto più elevata del numero di morti quotidiane provocate dal covid-19.