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IL FENOMENO

L'invecchiamento globale, cioè: bye bye pensioni

Un rapporto dell’Onu sottolinea che la diminuzione della natalità, unita alla maggiore durata della vita, sta accrescendo la percentuale di anziani. Tra le politiche suggerite, l’estensione della vita lavorativa e l’innalzamento dell’età pensionabile. Ma in Occidente sempre più Paesi pensano di "risparmiare" con la cultura della morte, promuovendo l’eutanasia.

Attualità 28_01_2023
Rapporto dell'Onu

Nel 2050, secondo un recente rapporto dell'Onu, il numero della popolazione mondiale di età pari o superiore ai 65 anni raddoppierà rispetto al 2021 (761 milioni di persone), raggiungendo quota 1,6 miliardi, ovvero circa il 16% degli abitanti del pianeta attesi a metà secolo.

Le diminuzioni della fertilità e della mortalità stanno accelerando l'invecchiamento generale della popolazione in quasi tutti i Paesi del mondo. Entro la metà del secolo, la maggior parte dei Paesi che ancora godono di un dividendo demografico positivo (più giovani che anziani) sarà nell'Africa sub-sahariana, secondo i dati pubblicati nel report delle Nazioni Unite “Leaving No One Behind In An Ageing World” (Non lasciare nessuno indietro in un mondo di anziani), presentato il 12 gennaio. In altri continenti, in Asia, Europa e America Latina, i governi dovranno sostenere spese significative per la cura di cittadini anziani e vulnerabili. Pochissimi Paesi al mondo hanno iniziato a fare i cambiamenti sociali, politici e strutturali necessari, eppure i dati sui tassi di natalità e invecchiamento forniscono a governi e scienziati sociali decenni di tendenze su come la popolazione potrebbe cambiare e, dunque, una progettazione pianificata di lungo periodo avrebbe molto più successo di interventi posticci.

Tutti i Paesi hanno bisogno, secondo il rapporto dell’Onu, di nuove politiche sociali ed economiche, dovrebbero investire non solo sulle cure ma anche sulle persone, sul loro capitale umano, per tutta la loro vita. Le Nazioni Unite hanno invitato tutti i Paesi ad adottare varie misure politiche per ridurre gli impatti negativi dell'invecchiamento della popolazione, tra cui: riformare i sistemi pensionistici, compreso l'innalzamento dell'età pensionabile e l'estensione della copertura pensionistica a tutte le persone anziane; eliminare gli ostacoli alla partecipazione delle persone anziane alla forza lavoro e sostenere il loro apprendimento e lo sviluppo delle competenze per tutta la vita; creare opportunità di lavoro formale per le donne e altri gruppi tradizionalmente esclusi dal mercato del lavoro formale, come le persone con disabilità; sviluppare strategie integrate di assistenza a lungo termine basate su un'adeguata regolamentazione, formazione e supporto per gli operatori sanitari, nonché meccanismi come l'accreditamento e il monitoraggio per garantirne la qualità.

A ciò si aggiungono le ricette del Fondo Monetario Internazionale che recentemente ha pubblicato uno studio in cui si suggerisce, tra l’altro, l’investimento in capitale umano, il rafforzamento dei programmi di formazione e competenze anche per madri e anziani, una maggiore scelta sull'età pensionabile, nonché di incentivare il risparmio individuale per la pensione, promuovere settori economici con opportunità per i lavoratori anziani, sviluppare e rafforzare i sistemi di assistenza a lungo termine e promuovere la prevenzione e la diagnosi precoce delle malattie.

Non dimentichiamo che l'Assemblea Generale dell’Onu ha dichiarato il 2021-2030Decennio delle Nazioni Unite per l'invecchiamento in buona salute” e ha chiesto all'Oms di guidarne l'attuazione. Il piano dell’Onu per il “Decennio” prevede una collaborazione globale tra i governi, la società civile, le agenzie internazionali, i professionisti, il mondo accademico, i media e il settore privato per favorire una vita più lunga e più sana per tutti, ridurre le disuguaglianze sanitarie e migliorare la vita delle persone anziane, delle loro famiglie e delle comunità attraverso un'azione in quattro aree: “Cambiare il modo in cui pensiamo, sentiamo e agiamo nei confronti dell'età e dell'ageismo [calco dall’inglese, per significare il pregiudizio verso gli anziani, ndr]; sviluppare le comunità in modo da favorire le capacità delle persone anziane; fornire un'assistenza integrata incentrata sulla persona e servizi sanitari primari per le persone anziane; fornire alle persone anziane l'accesso a un'assistenza a lungo termine di qualità”. Fin qui quel che suggerisce l’Onu.

Attenzione però: ora, soprattutto in Occidente, il numero sempre più ridotto di giovani lavoratori non è in grado di mantenere finanziariamente in equilibrio un sistema che conta un numero crescente di pensionati anziani. Così, sempre più Paesi occidentali, anziché adottare politiche di ampio respiro e a misura d’uomo, legittimano l’eutanasia. La “soluzione” di promuovere l’eutanasia come antidoto ai “costi d’invecchiamento” della nostra società si sta dunque diffondendo in Occidente e soprattutto, come recentemente denunciato dal francese Michel Houellebecq, in Europa (qui anche una panoramica di Euronews). In Canada, con l’eutanasia e il suicidio assistito, si stima che nel 2021 lo Stato abbia risparmiato 87 milioni di dollari in cure mediche. Intanto, nel Regno Unito e in Scozia, dove è in corso il dibattito sulla legalizzazione della “dolce morte” falsamente detta, si discute dei risparmi per il sistema sanitario pubblico…

Nel 1922 veniva pubblicato il poema di T. S. Eliot, The Waste Land, “La terra desolata”: cent’anni dopo, possiamo dire che è una terra che rifiuta l’umanità.