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Ora di dottrina / 146 – La trascrizione

L’Immacolata Concezione – Il testo del video

La verità dell’Immacolata Concezione non confligge con quella di Cristo Salvatore di tutti gli uomini, come spiegò il beato Duns Scoto introducendo il concetto di redenzione preservatrice o preventiva. Un privilegio di Dio che si lega al ruolo di Maria nella storia della salvezza.

Catechismo 12_01_2025

Iniziamo il nostro itinerario all’interno dei misteri della vita del Signore e affrontiamo la quæstio 27 della III parte della Summa Theologiæ che san Tommaso dedica alla santificazione della Beata Vergine. Vedremo come i principi posti da san Tommaso sono corretti, a parte il fatto che, almeno nella Summa, arriva ad escludere la concezione immacolata della Madonna e vedremo qual è la posizione corretta di questo meraviglioso dogma mariano.

Il primo articolo è dedicato alla domanda se la Beata Vergine sia stata santificata prima di venire alla luce, quindi prima di nascere. San Tommaso si mostra d’accordo con la santificazione prima della nascita. È importante vedere il ragionamento che egli fa. Nel sed contra, cioè nell’argomento “in contrario” dove cita un’autorità per sostenere che la Madonna è stata santificata prima della sua nascita, troviamo quanto segue: «La Chiesa celebra la Natività della Beata Vergine. Ma nella Chiesa non si celebrano le feste, se non dei santi. Quindi la Beata Vergine già dalla nascita era santa. Fu perciò santificata nel seno materno» (III, q. 27, a. 1). San Tommaso mette davanti il principio della lex orandi, lex credendi, cioè non è possibile che la Chiesa festeggi la natività della Madonna se già al momento della nascita la Madonna non fosse santa. Perché in effetti la Chiesa celebra solamente la nascita al Cielo dei santi. Se dunque celebra la nascita (terrena) della Madonna in questa terra, come accade anche con san Giovanni Battista, di cui sappiamo che è stato santificato nel grembo della madre, è necessario che la Madonna sia stata santificata fin nel grembo materno. «Sebbene su ciò la Scrittura taccia» (ibidem), aggiunge san Tommaso; di nuovo, come abbiamo già detto, non tutto è contenuto nelle Sacre Scritture; ci sono anche degli insegnamenti non scritti che troviamo per esempio nella prassi liturgica della Chiesa, come in questo caso. E san Tommaso spiega: «È ragionevole credere che abbia ricevuto maggiori privilegi di grazia, al di sopra di tutti gli altri, colei che generò “l’Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità”, così da essere salutata dall’angelo con le parole: “Ave, piena di grazia”» (ibidem).

Cioè, san Tommaso dice: non solo è un fatto che la Chiesa ci pone davanti, ma è conveniente, ragionevole dal momento che ogni atto o, come in questo caso, ogni disposizione che riguarda la Vergine – non direttamente il Signore, ma la Vergine in riferimento al Figlio di Dio che da lei sarebbe nato – è atto della Sapienza eterna. E dunque c’è una ragionevolezza, è profondamente ragionevole che colei che doveva dare l’umanità a Colui che è pieno di grazia e di verità, colei che è stata salutata dall’angelo come piena di grazia, fosse santificata già prima della nascita.

Ora, è interessante come nella risposta alla seconda obiezione san Tommaso faccia notare che «sant’Agostino parla secondo la legge comune per cui soltanto dopo la nascita si ricevono i sacramenti della rigenerazione» (ibidem). Qual era l’obiezione? L’obiezione era che si rinasce nel battesimo: ma si rinasce perché prima si è nati, si ha bisogno di una rinascita perché la prima nascita non dà la santificazione.

È il dogma della necessità del battesimo per la salvezza. Di fronte a questo, san Tommaso risponde: «Dio non ha legato la sua potenza a questa legge dei sacramenti, così da non poter conferire la sua grazia ad alcuni per privilegio speciale prima della loro nascita» (ibidem). La legge dei sacramenti vale per tutti e noi siamo legati a questa legge, ma Dio no. Dunque, se Dio vuole santificare qualcuno prima della sua nascita, a prescindere dalla rinascita battesimale, Egli è libero di farlo. Ma è chiaro che si tratta di un privilegio, che è legato ad alcune condizioni o, meglio, che ci viene rivelato: diversamente, nessuno potrebbe presumere di sé o di altri di essere salvati a prescindere dal mezzo che Dio ha scelto, cioè il battesimo. Lo sappiamo di san Giovanni Battista e lo sappiamo della Beata Vergine Maria, come anche di Geremia, santificato già nel grembo materno.

Il principio posto da san Tommaso, cioè la convenienza di questa santificazione, non lo ha portato purtroppo all’affermazione della concezione immacolata di Maria, ma solo della santificazione nel grembo materno, quindi prima della nascita e non dal momento del suo concepimento. Nell’art. 2 egli afferma un principio vero, cioè il principio che la santificazione non può chiaramente avvenire prima dell’animazione, ossia prima dell’infusione della grazia. Ma nella risposta alla seconda obiezione, san Tommaso esclude la totale preservazione dal peccato originale. Leggiamo, perché è importante capire le ragioni per cui la esclude e vedere come invece queste ragioni possono essere risolte: «Se l’anima della Beata Vergine non fosse mai stata contagiata dal peccato originale, Cristo perderebbe la dignità di essere Salvatore universale di tutti. Perciò la purezza della Beata Vergine fu la più grande, ma al di sotto di quella di Cristo, che in qualità di Salvatore universale non aveva bisogno di essere salvato» (III, q. 27, a. 2, ad 2). Cosa sta dicendo qui san Tommaso? Attenzione, perché in realtà questa posizione non è corretta. Dobbiamo dire a onor del vero, com’è stato messo in luce da un interessante libro del domenicano padre Garrigou-Lagrange, che san Tommaso, in un’opera più giovanile, precedente la Summa Theologiæ, cioè nel Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo (1253/54), sosteneva proprio questo: «Tale fu la purezza della Beata Vergine che fu immune dal peccato originale e attuale». Dunque, in gioventù, san Tommaso sosteneva la concezione immacolata di Maria. Nella Summa, come visto, ha cambiato posizione. E perché lo ha fatto?

Potremmo dire per due ragioni fondamentali: 1) la prima è che gli immacolatisti, cioè quelli che sostenevano la concezione immacolata all’epoca di san Tommaso, sostenevano che Maria fosse immacolata e dunque non avesse bisogno della salvezza, non avesse bisogno della Redenzione ad opera di Cristo. Lo abbiamo visto sopra, nelle parole della Summa: se l’anima di Maria «non fosse mai stata contagiata, Cristo perderebbe la dignità di essere Salvatore universale di tutti». In san Tommaso, anche per com’era presentata la questione all’epoca, l’immacolata concezione significava dire che c’era una persona che non era stata salvata da Cristo, che non era stata redenta da Cristo; e quindi Cristo non era più il Salvatore di tutti. Era quindi vista come una diminutio della dignità di Salvatore. Inoltre, discendendo da Adamo ed Eva, la Madonna è vera creatura, pura creatura, cioè non c’è, come nella natura umana di Cristo, il supposito della persona divina: e tutti coloro che discendono da Adamo ed Eva, nella logica delle cose, devono contrarre la colpa originale. Poiché la concezione della Madonna viene da due figli di Adamo ed Eva, che la tradizione riconosce in Gioacchino e Anna, anch’ella avrebbe dovuto ereditare questa colpa. E, attenzione, anche questo principio è vero, ma c’è un “ma” che adesso andremo a vedere. Cioè, anche se è vero questo principio, da esso non consegue che effettivamente ella contrasse la colpa: e qui infatti entra il discorso del privilegio speciale.

2) Inoltre, la Chiesa romana era reticente nell’ammettere una festa liturgica della Concezione della Beata Vergine che invece era in uso in altre chiese locali. Questa reticenza, agli occhi di Tommaso, sembrava quasi una sorta di sospetto nei confronti del contenuto di questa festa, che non era ancora la festa dell’Immacolata Concezione come la riteniamo oggi, ma di una concezione santa, non ancora meglio specificata.

A ben vedere, in un paio di opere tra le ultime, del 1272/73, poco prima di morire, cioè il Commento all’Ave Maria e il Compendio della teologia, sembra che Tommaso ritorni nuovamente sui suoi passi, affermando che la Santissima Vergine era stata preservata non solo dalla colpa mortale e veniale, ma anche da quella originale. Dunque, la posizione di san Tommaso è stata un po’ fluttuante da questo punto di vista. Vi ricordo che all’epoca la questione era dibattuta; infatti la definizione dogmatica è abbastanza recente, risale al 1854 con la costituzione apostolica Ineffabilis Deus del beato Pio IX.

Ora, al di là della posizione di san Tommaso, a noi interessa capire com’è stata rimossa l’obiezione che san Tommaso ha posto nella questione vera e propria della concezione della Madonna. Il problema particolare, importantissimo, era: la Madonna ha avuto bisogno o no di un Salvatore? Ha avuto bisogno o no di un Redentore? Se la risposta è no, allora Cristo non è più il Salvatore di tutti; se la risposta è sì, nell’ottica di Tommaso, significava che anch’ella ha avuto un momento in cui ha contratto la colpa originale, da cui è stata salvata. A sciogliere questo dilemma è stato il francescano beato Giovanni Duns Scoto.

Duns Scoto, nel suo Commento alle Sentenze, nel terzo libro, ha un passo importantissimo, perché introduce l’idea di una salvezza non liberatrice – che equivale a liberare da qualcosa che si ha, per cui bisognerebbe ammettere che ci sia stata la colpa originale nella Madonna –, ma di una redenzione preservatrice; dunque non è, per Maria, una “liberazione” ma una “preservazione”, una salvezza che si realizza non come liberazione da, ma come preservazione da.

Leggiamo questo passo del beato Duns Scoto: «È opportuno che il perfetto Redentore eserciti una Redenzione sovrana almeno nei confronti della persona di sua Madre che deve essere associata a Lui più intimamente di ogni altra nell’opera di Redenzione dell’umanità. Ora, la Redenzione sovrana non è solo liberatrice dal peccato già contratto, ma preserva da ogni contaminazione, come chi preserva qualcuno da un colpo mortale è maggiormente il suo salvatore che se lo guarisse dalla ferita fatta da quello stesso colpo. Quindi è molto conveniente che il perfetto Redentore, per i suoi meriti, abbia preservato sua Madre dal peccato originale e anche da qualsiasi colpa attuale».

Partiamo dall’esempio del beato Duns Scoto, che è molto eloquente. Se io cammino per strada e c’è appostato un sicario che mi vuole sparare e qualcuno si avventa su di lui, gli impedisce di sparare o lo fa sparare a vuoto, oppure si getta su di me e mi fa da scudo, allora questa persona non è meno salvatrice di chi viene a soccorrermi e mi salva la pelle una volta che la pallottola mi ha colpito. Questa idea è molto chiaramente perché ci permette di capire che anche la Madonna è stata salvata e quindi non viene meno la verità di Cristo Salvatore e Redentore di tutti gli uomini; semplicemente la Madonna è stata salvata in un modo diverso, in un modo preventivo. Ed è stata salvata in modo preventivo, dice Duns Scoto, perché è stata «associata più intimamente di ogni altra nell’opera di Redenzione dell’umanità». Questo è un punto importantissimo da tenere fermo, come vedremo anche più avanti quando parleremo del grande tema della Corredenzione mariana, che ha le sue basi proprio nell’Immacolata Concezione.

Ora, a noi interessa comprendere che questa verità non confligge con quella di Cristo Salvatore di tutti gli uomini. Andiamo rapidamente a vedere la definizione dogmatica con cui Pio IX, l’8 dicembre 1854, dichiarava il dogma dell’Immacolata Concezione: «Dichiariamo, pronunziamo e definiamo: la dottrina, che sostiene che la Beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale, è stata rivelata da Dio e perciò si deve credere fermamente e inviolabilmente da tutti i fedeli» (Ineffabilis Deus).

Dunque, parliamo della preservazione «nel primo istante del concepimento», quindi non solo della santificazione nel grembo. E vediamo anche il riferimento ai «meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano»; quindi non c’è una redenzione a prescindere da questi meriti, ma proprio per questi meriti, non con una redenzione liberatrice, ma preservatrice. Questa dottrina è rivelata, è di fede.

Le conseguenze di questa dottrina sono importanti. San Tommaso, evidentemente, tratta le conseguenze della santificazione di Maria nel grembo materno, ma in realtà sono conseguenze della concezione immacolata nel senso che abbiamo detto. Quali sono queste conseguenze? La preservazione da ogni male fin dal primo istante. Il che vuol dire che la Madonna viene concepita in uno stato di giustizia e di santità perfetta, di assenza della concupiscenza o del fomite del peccato; ne abbiamo parlato anche in riferimento all’umanità del Signore Gesù. Qui c’è una differenza, perché entrambi non hanno conosciuto il fomite, ma per ragioni diverse: il Signore, in virtù dell’unione ipostatica, per sé, potremmo dire; la Madonna, non per l’unione ipostatica, che non aveva, ma per l’intervento di redenzione preservatrice del Figlio. Dunque, non per sé, ma grazie ai meriti di Cristo, alla redenzione di Cristo, che in lei ha operato in questo modo speciale.

Ancora, la Madonna non è mai stata soggetta all’errore, cioè in lei il giudizio è sempre stato vero, un giudizio di verità. Ha potuto sicuramente sospendere il giudizio, quando non era ancora il momento di pronunciarlo, ma mai ha errato nel proprio giudizio.

Dall’Immacolata Concezione deriva anche l’esenzione dalla colpa, attuale e veniale. Dunque, la Madonna non solo non ha mai commesso un peccato attuale o veniale, ma non lo poteva commettere. Attenzione a questo punto, che non va frainteso. La pienezza della grazia che ella ha ricevuto l’ha posta nella piena libertà del bene. Noi non capiamo questo tipo di formulazione. L’ho già ripetuto diverse volte, ma repetita iuvant, soprattutto in un contesto come quello in cui viviamo noi: la libertà non è piena quando si orienta tra il bene e il male, questa è una libertà difettosa. Il poter scegliere il male è un difetto della libertà, non è qualcosa di costitutivo della libertà. La libertà invece è piena quando il male è escluso e dunque “si gioca” nel bene. Ripeto: la possibilità di scegliere il bene o il male è un’imperfezione della libertà. La pienezza di grazia ricevuta da Maria e la sua esenzione da ogni colpa l’ha posta nella piena libertà del bene, quindi nella pienezza della libertà, non in un limite della libertà perché non poteva scegliere anche il male; è esattamente rovesciata la prospettiva.

Infine, la Madonna era liberata dal dolore e dalla morte come pena del peccato originale: sottolineo “come pena”. Cioè, proprio perché è stata preservata dalla macchia originale, ella non ha ereditato le conseguenze della macchia originale in quanto pena, perché se manca la colpa originale non ci può essere la pena. Questo non vuol dire che la Madonna non abbia sofferto e che non sia morta: non necessariamente è morta, questo lo vedremo quando parleremo dell’Assunzione. Ma come per il Signore Gesù, per il quale abbiamo la certezza della morte e ovviamente anche del dolore, questi sono stati accettati non come pena di una colpa, quella originale, che in loro non c’era, ma come strumenti di redenzione.

Dunque, sia il Signore che la Madonna accettano il dolore e la morte – nel caso della Madonna, probabilmente – per compiere l’opera redentiva. Questo è importante perché anche getta una luce su quello che è il tema della partecipazione della Madonna alla Redenzione del Figlio, quindi il tema della Corredenzione mariana.

È importante capire che proprio questa purezza e santità della Santissima Vergine, come anche del Signore, hanno reso ancora più acuta la loro sofferenza. Perché? Perché noi soffriamo spesso più a causa delle nostre passioni, cioè soffriamo per il nostro amor proprio ferito, soffriamo perché i nostri piani sono falliti, eccetera. Più raramente soffriamo per il male in sé stesso, per quello che il male arreca a Dio e alle anime. Invece, questo nella Madonna e nel Signore era la ragione del dolore, e quindi questo dolore era acutissimo. La loro santità eminente, la pienezza della grazia – che nel Signore è sorgiva in quanto vero Dio e vero uomo, mentre nella Madonna è ricevuta da Cristo stesso – li ha resi ancora più sensibili al dolore, non li ha esentati da esso. E dunque questo dolore aveva sempre un eminente valore redentivo, mentre sappiamo bene che purtroppo non sempre lo ha per noi, dipende appunto da come lo viviamo.

Un’ultima annotazione importante. Nella dichiarazione dogmatica contenuta nella Ineffabilis Deus si fa presente un principio, cioè che l’Immacolata Concezione rientra in quell’unica predestinazione che coinvolge Cristo e la Madonna. In un unico decreto Dio stabilisce, predestina l’Incarnazione e la Madre di Dio. Non abbiamo due momenti diversi, abbiamo due aspetti: nel momento in cui viene decisa l’Incarnazione del Verbo, viene decisa anche la divina maternità. E dunque nel momento in cui viene decisa l’Incarnazione del Verbo viene decisa la pienezza di grazia di Maria e la sua Immacolata Concezione. Questo è anche un altro aspetto molto importante.

Un’ultima riflessione la traiamo dall’art. 5 della quæstio 27 e cioè se la santificazione nel seno materno abbia dato alla Beata Vergine la pienezza della grazia; noi la correggiamo, chiedendoci se la concezione immacolata abbia dato alla Beata Vergine la pienezza della grazia. Per san Tommaso la risposta è affermativa. Leggiamo il principio bellissimo che in qualche modo avrebbe dovuto portare Tommaso proprio dritto verso l’Immacolata Concezione: «Quanto più si è vicini a una causa, tanto più se ne risentono gli effetti, come scrive Dionigi notando che gli angeli, in quanto più prossimi a Dio, partecipano delle perfezioni divine più degli uomini» (III, q. 27, a. 5). Chiaro. Sappiamo della gerarchia celeste: più si avvicina a Dio, pensiamo ai serafini, e più si risentono gli effetti della causa. Se io mi avvicino di più a una fonte di calore, sento maggiormente il calore, se me ne distanzio lo sento di meno. «Ora, Cristo è principio della grazia, secondo la divinità come causa principale; secondo l’umanità, invece, come causa strumentale, in base alle parole evangeliche “la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo” [Gv 1,17]». Vedete il principio: la divinità causa principale, l’umanità causa strumentale (ricordiamo la lezione della scorsa volta, dove abbiamo parlato dell’umanità di Cristo come strumento congiunto della divinità). Conclude Tommaso: «Ma la Beata Vergine era vicinissima a Dio secondo la natura umana che egli prese da lei. Ella quindi dovette ricevere da Cristo una pienezza di grazia superiore a quella di tutti gli altri» (ibidem).

Perfetta come argomentazione: Maria è stata vicina a Dio più degli angeli perché è stata elevata all’ordine ipostatico, cioè è diventata Madre del Verbo, Madre del Figlio di Dio, della seconda persona della Santissima Trinità che si è incarnata. E dunque ella ha ricevuto una pienezza di grazia superiore a quella di qualsiasi altra creatura, anche angelica. Ma a questo punto viene da chiedere perché questa pienezza non dovesse essere superiore a quella di altri santificati nel grembo materno, come san Giovanni Battista. E superiore lo è stata, precisamente grazie alla concezione immacolata. La pienezza della grazia e la concezione immacolata sono due verità che vanno di pari passo, possiamo dire che sono i due lati della medaglia. Da una parte possiamo accentuare maggiormente l’aspetto della preservazione, dall’altra accentuiamo l’aspetto della santità e della pienezza della grazia. Ma la pienezza della grazia esclude ogni ombra di peccato, altrimenti non sarebbe veramente piena. In questo senso sono due realtà profondamente legate. Vedete la densità di questi testi.

La prossima volta tratteremo la questione successiva, ossia la verginità della Madre di Dio.



Ora di dottrina / 146 – Il video

L’Immacolata Concezione

12_01_2025 Luisella Scrosati

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