Le Marche restano a destra, voto autonomista in Val d'Aosta
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La maggioranza esce rafforzata dalla vittoria del governatore marchigiano che fa il bis e conferma il ruolo guida di FdI, mentre il voto valdostano segna una distanza tra l'elettorato locale e i poli nazionali. L'opposizione fatica a rialzare la testa, in fase di transizione o di vuoto di leadership.

Si chiude una tornata elettorale dalle valenze politiche rilevanti per l’equilibrio del centro-destra e per la tenuta del campo progressista: nelle Marche e in Valle d’Aosta si registrano esiti che fotografano tendenze nette, affermano leadership emergenti e pongono quesiti importanti sui profili delle alleanze e sullo spazio politico di ciascuna forza.
Nelle Marche la vittoria di Francesco Acquaroli, espressione diretta di Fratelli d’Italia e fedelissimo della linea di Giorgia Meloni, appare netta e priva di suspense: è riuscito a prevalere su Matteo Ricci (centrosinistra unito) con oltre 7 punti percentuali di distacco. Rimane il dato preoccupante dell’astensionismo, cresciuto di 10 punti (50% di votanti contro il 60% di cinque anni fa).
Fratelli d’Italia emerge come il perno forte, capace di capitalizzare un voto consolidato e attrarre consensi anche in contesti più periferici, mentre Forza Italia conferma il suo contributo residuale ma non trascurabile alla coalizione. Nel frattempo la Lega, priva del ruolo guida che ha avuto in precedenti tornate, subisce un’erosione drammatica: da soggetto trainante si trasforma in elemento fragile della coalizione, marginalizzato nelle dinamiche di potere interne.
La maratona elettorale nelle Marche consegna dunque un’istantanea del rapporto di forza nella coalizione: Fratelli d’Italia si rafforza significativamente come soggetto centrale del progetto politico del centrodestra; il vuoto relativo della Lega nega agli uomini di Salvini spazio di manovra influente, relegandoli a comprimari e amplificando la dipendenza della coalizione dalla leadership meloniana; Forza Italia si conferma attrattiva nell’area centrista.
Sul fronte del centrosinistra, la sconfitta è grave non solo per il risultato numerico, ma per il significato che porta con sé: Elly Schlein, che aveva investito molto nella campagna per Ricci, subisce un contraccolpo che rischia di mettere in discussione la sua leadership interna. In caso di ulteriori sconfitte territoriali, quel malessere latente si consoliderebbe e potrebbe spingere, nel medio termine, verso nuovi equilibri all’interno del partito.
Passando al caso della Valle d’Aosta, il quadro appare categorico: le forze autonomiste conquistano una vittoria schiacciante e consolidano il dominio territoriale. L’elettorato locale tende a privilegiare forze che si dichiarano “valdesi/valdostane” o “autonomiste” piuttosto che poli nazionali, per quanto forti.
La vittoria delle forze autonomiste appare consolidata e segna una discontinuità netta nel rapporto tra destra nazionale e autonomia territoriale.
Le reazioni politiche non si sono fatte attendere: da parte di Giorgia Meloni è arrivato un elogio pubblico ad Acquaroli come «esempio di governo sul territorio, capace di restituire centralità alle Marche con impegno e concretezza». Sull’altro versante, ambienti del PD, soprattutto nelle Marche, avanzano la necessità di un congresso anticipato, di una discontinuità nelle alleanze sul piano locale, o addirittura mettono in discussione l’alleanza con M5S.
Nel centrodestra, però, potrebbero scattare le cosiddette crisi di crescita. In altre parole, Forza Italia e Lega temono che FdI possa cannibalizzare la coalizione e imporre candidature di partito in altre sfide regionali.
Infine, uno sguardo di contesto: queste elezioni confermano una tendenza che si era già intravista alle europee e ad altre tornate locali — cioè la polarizzazione attorno a sigle nazionali forti da un lato e soggetti autonomisti e locali dall’altro, con uno spazio sempre più marginale per mediatori "leggeri" come la Lega o formazioni intermedie. Nel Mezzogiorno, al Nord, nelle regioni autonome, il progetto di una destra di governo compatta dipende sempre più dall’abilità di FdI di comporre coalizioni solide senza smarrire la propria identità, mentre il centrosinistra appare in una fase di transizione — o, forse, di vuoto — in cui la leadership è messa in discussione sul piano locale così come su quello nazionale.
È assai probabile che le tornate delle prossime settimane in Puglia, Campania e Toscana possano riequilibrare i rapporti di forza tra maggioranza e opposizione, visto che si tratta di tre regioni attualmente governate dalla sinistra e, stando ai sondaggi, destinate a non cambiare colore. Tuttavia, la sostanza rimane quella: le forze di governo sembrano tuttora maggioranza nel Paese e, a meno di scossoni, il centrosinistra non appare in grado di rialzare la testa e di tornare competitivo.
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