Due terzi dell'umanità vivono in paesi dove la libertà di religione è repressa
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L'ottavo Rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre rivela una diffusione incredibile della persecuzione religiosa in tutto il mondo. Più di 5,4 miliardi di persone vivono in paesi nei quali si verificano sistematiche violazioni della libertà religiosa.

Il 21 ottobre la fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) ha presentato, presso il Pontificio Istituto Patristico Augustinianum di Roma, il suo nuovo rapporto sulla libertà religiosa nel mondo, l’8°, relativo al biennio 2023-2024. È da 25 anni che Acs monitora le violazioni di questo diritto fondamentale e, come ha detto Papa Leone XIV il 10 ottobre quando ha ricevuto in udienza staff e collaboratori della fondazione, «reca testimonianza, dà voce a chi non ha voce e rivela la sofferenza nascosta di tanti».
Acs lo fa esaminando la situazione in 196 paesi. I suoi rapporti sono unici nel loro genere perché documentano abusi, violazioni e restrizioni della libertà di religione e di culto ai danni di tutte le comunità religiose, non soltanto quelle cristiane: “perché – spiega Acs – se la libertà religiosa viene negata a un solo gruppo, non esiste vera libertà religiosa per nessuno”.
Il rapporto 2023-2024 rileva un complessivo aumento delle pressioni e delle limitazioni alla libertà di religione e di culto nel periodo considerato. Ormai quasi due terzi dell’umanità, più di 5,4 miliardi di persone, vivono in paesi, 62 in totale, nei quali si verificano sistematiche violazioni della libertà religiosa. In 24 paesi, per un totale di 4,1 miliardi di persone, si tratta di vera e propria persecuzione: violenze, abusi, detenzioni e altre forme di repressione. Rientrano in questa categoria l’India e la Cina, i due paesi più popolosi del mondo (entrambi con oltre 1,4 miliardi di abitanti). La natura della persecuzione varia a seconda dei contesti: una combinazione di autoritarismo ed estremismo religioso in otto paesi; repressione attuata da regimi autoritari in sette paesi; estremismo religioso in altri sette paesi; e una convergenza tra autoritarismo e nazionalismo etno-religioso in due. L’islam è il fattore determinante in 17 paesi: 7 asiatici e 10 africani. In 18 paesi su 24, pari al 75%, la persecuzione è aumentata rispetto al biennio precedente.
In 38 paesi, per un totale di 1,3 miliardi di persone, la libertà religiosa è violata invece dalle forme sistemiche di discriminazione di cui le minoranze religiose sono vittime. Si tratta di restrizioni di natura legale, politica o sociale che ne limitano la libertà di credo e di culto. L’autoritarismo è il fattore prevalente in 24 paesi. Nei rimanenti 14 si registra una molteplicità di cause, le principali delle quali sono il nazionalismo etno-religioso e l’estremismo religioso.
Inoltre secondo Acs altri 750 milioni di persone sono a rischio di discriminazione religiosa in 24 paesi nei quali sono stati rilevati segnali di allarme crescenti per la libertà di religione e di culto e che per questo sono stati classificati “sotto osservazione”.
Il rapporto evidenzia i fattori e i fenomeni che più destano allarme e le principali tendenze in atto. In primo piano è l’intensificarsi ed estendersi della violenza jihadista che in molti casi costituisce il principale fattore di persecuzione. Preoccupa soprattutto la penetrazione, il radicamento e la diffusione in Africa di gruppi jihadisti affiliati ad al Qaeda o all’Isis, da tempo presenti non più soltanto nel Sahel, ma anche in diversi stati dell’Africa subsahariana. Infieriscono sui cristiani, ma colpiscono sia gli “infedeli” sia i musulmani che non aderiscono alla interpretazione radicale della religione islamica.
In aumento è anche il nazionalismo religioso che alimenta persecuzione e discriminazioni strutturali ai danni delle comunità minoritarie. L’India, secondo Acs, è l’esempio più emblematico di nazionalismo etno-religioso nel quale si attuano forme di “persecuzione ibrida”, in cui cioè strumenti giuridici e violenze di massa convergono contro le minoranze. Sempre più la libertà religiosa è anche vittima, che Acs definisce “collaterale”, dei conflitti armati siano essi civili, interstatali o regionali, responsabili di sfollamenti di massa che disperdono le comunità religiose, di attacchi mirati contro determinate comunità religiose e di ingenti, spesso irreparabili danni a strutture religiose e luoghi di culto. Anche il crimine organizzato contribuisce a limitare la libertà di culto là dove prende di mira le comunità religiose e i loro i leader, sebbene non in odium fidei. Sono aumentati, specialmente in America Latina e in Africa sub sahariana, i casi di chiese e istituti religiosi saccheggiati, di religiosi rapiti o uccisi, di comunità di fede costrette al silenzio.
Le violazioni della libertà religiosa sono all’origine di sempre più consistenti esodi forzati, su larga scala, in Asia e più ancora in Africa. La persecuzione religiosa – spiega il rapporto – è oggi una delle cause principali dell’aumento dei profughi, sfollati e rifugiati, milioni di persone che i governi non proteggono, in fuga per salvare libertà e vita: “comunità religiose intere sono state sradicate, i loro luoghi di culto distrutti e il loro patrimonio cancellato”.
Acs evidenzia infine due fenomeni in crescita. Il primo è il drastico aumento dei crimini d’odio antisemiti e anti islamici, concentrati in Europa, America Settentrionale e America Latina. In Francia, in particolare, gli atti antisemiti sono cresciuti del 1.000% e quelli contro i musulmani del 29%. In Germania, i reati antisemiti e antiislamici nel biennio sono stati 4.369, rispetto ai 61 del 2022: sinagoghe e moschee prese di mira, individui aggrediti o minacciati, messaggi di incitamento all’odio diffusi online. In molti contesti – sottolinea il rapporto – le risposte governative sono apparse inadeguate, alimentando timori e insicurezza nelle comunità religiose.
L’altro fenomeno portato all’attenzione da Acs è il numero crescente di episodi anti-cristiani – attacchi a siti e a fedeli – documentati in Europa e in America Settentrionale. Il rapporto cita circa mille episodi anti-cristiani in Francia, oltre 600 atti vandalici contro chiese in Grecia; 24 chiese incendiate in Canada dal 2021 al 2024. Incrementi di atti anti-cristiani si sono verificati in Spagna, Italia, Stati Uniti e Croazia con profanazioni di luoghi di culto, aggressioni al clero e interruzioni di celebrazioni religiose, spesso motivate da ostilità ideologica, attivismo militante o estremismo anti-religioso.
«La libertà religiosa è un diritto umano, non un privilegio». È in questa convinzione che Acs opera dal 1947. Intervenendo alla presentazione del rapporto, il cardinale Pietro Parolin ha ricordato che ricorrono 60 anni dalla pubblicazione della Dignitatis Humanae, la dichiarazione del Concilio Vaticano II sulla libertà religiosa del 1965, “pietra miliare” di questo diritto universale.