L’Annunciazione – Il testo del video
Dio volle che il mistero dell’Incarnazione del Verbo fosse annunciato a Maria. Ma perché? Quattro ragioni di convenienza. E volle che questo annuncio fosse fatto da un angelo. Il parallelismo Genesi-Vangelo: caduta vs riparazione. Discernere gli spiriti: cosa ci insegna l’Annunciazione.
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Continuiamo le nostre Ore di dottrina sul mistero di Cristo così com’è presentato nella III parte della Somma Teologica di san Tommaso. In particolare, come facciamo da qualche domenica a questa parte, ci concentriamo sul mistero di Maria Santissima, cioè di quei misteri della vita di Cristo che sono profondamente legati alla persona della SS. Vergine.
Oggi consideriamo il mistero dell’Annunciazione che san Tommaso tratta alla quæstio 30; anche qui, come abbiamo già visto, secondo un’impostazione della Summa che ci dovrebbe essere ormai familiare, guardiamo da vicino la convenienza dell’Annunciazione. Bisogna ricordare che quando indaghiamo i misteri di Dio non possiamo pensare a una necessità interna, perché Dio non è necessitato da nulla. E tuttavia, essendo Dio la Sapienza eterna, tutto ciò che fa, manifesta una ragionevolezza, che anche l’uomo, pur nella sua piccolezza, aiutato dalla grazia, può cogliere. E questa ragionevolezza dei misteri della fede la chiamiamo appunto convenienza.
San Tommaso s’interroga sulla convenienza dell’Annunciazione stessa e anche delle modalità con cui è avvenuta. All’Annunciazione dedica l’art. 1 che ha per titolo: “Se fosse necessario che alla Beata Vergine venisse annunziato quanto doveva avvenire in lei” e s’interroga sul fatto stesso che Dio abbia scelto di annunciare a Maria quanto stava per avvenire: il concepimento e, quindi, l’incarnazione del Verbo.
San Tommaso porta quattro ragioni di convenienza. La prima, perché «prima di concepirlo nella carne, lo concepisse nella mente» (III, q. 30, a. 1). Dietro questa breve frase c’è tutto il mistero del Verbo eterno. Ne abbiamo già parlato perché ci siamo riferiti al fatto che Colui che s’incarna è il Verbo. Ora, il Verbo, che procede dal Padre, quale caratteristica ha per analogia con il verbo umano, cioè con il pensiero umano? Se ricordate – ne abbiamo parlato in riferimento alla verginità della Madonna – si tratta del fatto di non corrompere la mente da cui esce: un pensiero esce, in senso analogico, verginalmente dalla mente. E così il Verbo esce verginalmente dal Padre e dunque esce verginalmente dalla Madonna. Questo discorso ritorna anche qui, perché Colui che s’incarna è appunto il Verbo divino. Questo riferimento al fatto che sia il Verbo ad incarnarsi è importante perché, come ha spiegato Tommaso, che qui raccoglie l’eredità dei Padri, prima di un concepimento carnale, proprio per la sua natura di Verbo, questo Verbo doveva essere concepito nell’anima, nel cuore della SS. Vergine.
Cosa vuol dire questo concepimento nell’anima e nel cuore? Vuol dire proprio questa accoglienza della Madonna, questa sua apertura prima di tutto nel suo cuore e poi nel suo corpo. Questo per rispettarla natura del Verbo, che in quanto Verbo richiede di procedere prima dalla mente che dal corpo.
La seconda e la terza ragione portate da san Tommaso riguardano la piena partecipazione di Maria Santissima. Cioè, san Tommaso dice che l’Annunciazione era conveniente, perché l’annuncio rende la persona più consapevole rispetto alla mancanza dell’annuncio. Si potrebbe obiettare: ma la SS. Vergine conosceva molto bene le Scritture. Ma tra il conoscere le Scritture e ricevere l’annuncio, rivolto direttamente a sé stessi, c’è una certa differenza. Così come c’è una ulteriore differenza nel fatto di aderire con la propria volontà. Dunque, per queste altre due ragioni, cioè per accrescere la consapevolezza della Madonna e per suscitare la sua adesione volontaria, era conveniente l’Annunciazione. È molto bello il fatto che Dio voglia la partecipazione delle sue creature secondo la natura che è loro propria. E la natura propria dell’uomo è proprio quella di essere una natura intelligente, dotata di ragione, di intelletto, di una volontà libera, capace di consenso o di rifiuto. Quindi, la modalità con cui il mistero del Verbo incarnato entra nella storia non solo rispetta, ma valorizza quella che è la natura propria a cui si rivolge, la natura umana nella persona di Maria Santissima.
Ed è interessante quanto san Tommaso fa notare nella risposta alla prima obiezione dell’art. 1: «La profezia di predestinazione si avvera senza che il nostro arbitrio ne sia la causa, ma non senza che il nostro arbitrio vi acconsenta» (ibidem). Notate la precisione delle parole. Cioè, la profezia di predestinazione, ciò che Dio ha predestinato si avvera anche senza il nostro arbitrio quanto alla causa. La causa di ciò che accade, di ciò che Dio ha predestinato non è il nostro libero arbitrio, è Dio stesso. Ma «non senza che il nostro libero arbitrio vi acconsenta». Il nostro libero arbitrio non è la causa e tuttavia, in questo mistero dell’accondiscendenza divina e del rispetto che Dio ha per le sue creature e per quella natura che Egli stesso ha dato loro, questa predestinazione, che ha la sua causa in Dio, non si realizza senza il concorso del libero arbitrio dell’uomo. Vediamo come si tengono insieme le due polarità, ossia l’onnipotenza-onniscienza divina (dunque il lato della divinità che non ha bisogno di nulla per realizzare la sua volontà) e la partecipazione delle sue creature secondo la natura che è loro propria. Qui dentro c’è tutto il mistero – che resta mistero, ma non è assurdo – della collaborazione tra l’azione divina e l’azione dell’uomo.
Quarta ragione di convenienza, anche questa molto bella, «per manifestare l’esistenza di un certo matrimonio spirituale tra il Figlio di Dio e la natura umana» (ibidem). Cosa accade con l’Annunciazione, quindi con l’Incarnazione? Accade una sorta di matrimonio tra Dio e gli uomini. È un linguaggio molto presente nei Padri, un linguaggio che è stato anche ripreso dal Magistero: penso a san Giovanni Paolo II, il quale dice che, con l’Incarnazione, Dio si è in qualche modo unito a tutti gli uomini (cf. Redemptor Hominis, 8); cioè, si crea questa alleanza sponsale nella persona del Verbo che unisce in Sé le due nature, cioè la natura divina e la natura umana.
Che cosa si richiede perché ci sia il matrimonio? Il consenso nuziale. L’altra volta, quando abbiamo parlato del matrimonio tra Maria e Giuseppe, abbiamo detto che fu vero matrimonio anche perché, riguardo alla forma del matrimonio, vi fu consenso. Per il fatto che si dovesse manifestare questo “certo matrimonio” tra Dio e gli uomini – chiaramente parliamo in senso analogico – era necessario un consenso. Un consenso ex parte hominis, dalla parte degli uomini: nel fiat della Madonna, in qualche modo, tutta l’umanità è presente a prestare il proprio consenso a queste nozze tra Dio e l’uomo. Qui c’è tutto il tema del Messia come sposo di Israele, tutta l’attesa veterotestamentaria: si attendeva il Messia inteso proprio come lo sposo di Israele. Da qui si capiscono alcuni testi, a volte un po’ criptici, dei Vangeli; pensiamo a san Giovanni Battista, che si definisce «l’amico dello sposo» (cf. Gv 3, 29-30).
Dunque, queste sono le ragioni con cui san Tommaso spiega la convenienza del fatto che Dio non abbia semplicemente portato a termine la sua volontà d’incarnarsi, ma l’abbia voluta annunciare alla SS. Vergine e quindi attenderne poi una risposta, un’adesione.
Nell’art. 2 della quæstio 30, san Tommaso si pone un’altra domanda e cioè se fosse conveniente non solo l’Annunciazione (cosa che abbiamo visto nell’art. 1), ma che questo annuncio venisse portato da un angelo. Perché non è stato fatto direttamente da Dio o perché non tramite un uomo? Anche qui san Tommaso riporta alcune ragioni di convenienza, tre in particolare.
La prima ragione riguarda il rispetto della comunicazione angelica nell’ordine delle gerarchie. Qui vi rimando alle catechesi che abbiamo dedicato agli angeli e in particolare all’ordine delle schiere celesti, dei nove cori divisi in tre ordini. Allora avevamo detto che all’interno del mondo angelico c’è come una cascata di luce. Ricordiamo il Salmo 18, 2: «I cieli narrano la gloria di Dio». Non sono solo i cieli creati, che certamente narrano la sua gloria in quanto portano il segno del Creatore, ma anche le schiere celesti. Perché narrano la gloria di Dio? Perché Dio, quanto alla conoscenza, si comunica in modo mediato, cioè dal coro più alto al coro più basso, dall’ordine più alto all’ordine più basso: c’è una cascata di luce, una trasmissione di annuncio nelle schiere angeliche.
Avevamo già accennato che l’ordine più basso riversa questa cascata di luce sugli uomini. Cioè, Dio rispetta questo ordine che Egli ha posto nella creazione integrale – nella creazione angelica e nella creazione degli uomini – facendo sì che siano loro, gli angeli ad annunciare in questo caso il mistero per eccellenza, che è il mistero dell’Incarnazione. E infatti Gabriele rientra proprio tra gli Arcangeli, che è uno dei tre cori dell’ordine inferiore, della gerarchia inferiore.
Seconda ragione, anch’essa molto interessante. San Tommaso, citando san Beda, ci dice: «La causa primordiale della rovina dell’uomo fu l’invio del serpente da parte del diavolo alla donna per ingannarla con lo spirito di superbia» (III, q. 30, a. 2). Questo è un tema piuttosto presente nei Padri della Chiesa. I Padri leggono l’episodio dell’Annunciazione come la “copia in positivo” del racconto genesiaco della caduta. Là, nella Genesi, quando appunto ci fu la tentazione primordiale, avevamo la donna che dialogava con un angelo decaduto sotto l’apparenza di una serpe, presso un albero; questo angelo decaduto in qualche modo promette ad Eva un’elevazione, senza Dio, quindi la spinge alla superbia e ottiene da lei il consenso. Consenso che poi viene esteso anche all’uomo, anche ad Adamo.
Nell’Annunciazione troviamo l’opposto, ma mantenendo la stessa struttura. Troviamo un angelo, ma stavolta di luce; troviamo una donna vergine; troviamo un annuncio di straordinaria elevazione alla grazia, addirittura un’elevazione nell’ordine ipostatico, cioè quella di divenire la Madre di Dio; troviamo il consenso della Madonna nell’accettazione umile, in quel famoso «ecce ancilla Domini» (Lc 1, 38).
Dunque, nel brano dell’Annunciazione, vediamo il senso della riparazione speculare del peccato originale e il senso della ricapitolazione. Questo termine, ricapitolazione, lo abbiamo richiamato più volte, perché è centrale; potremmo dire che si tratta di una nuova storia che parte non solo dalle ceneri della vecchia, ma dalla rigenerazione della vecchia, dal risanare profondamente la vecchia e oltrepassare, con un mistero più elevato, quello che non c’era nell’originale negativo. Quindi, vedete il perché di un angelo, la convenienza della sua presenza.
La terza ragione di convenienza dell’annuncio dell’angelo è legata a quella che san Tommaso chiama una sorta di «parentela tra la verginità e gli angeli». Qui c’è dietro tutta la teologia della verginità consacrata e della consacrazione che era molto cara a san Tommaso e in generale agli ordini mendicanti, che dovettero difenderla da varie accuse. Viene affermata un’affinità tra la verginità e la vita angelica, tant’è vero che la vita monastica è spesso anche chiamata “vita angelica sulla terra”; è come se nella verginità consacrata ci sia quell’anello di congiunzione tra l’ultimo ordine della schiera angelica e gli uomini. In virtù di che cosa? In virtù appunto della consacrazione del proprio corpo verginale che viene sottratto all’uso normale da parte degli uomini, anche per la procreazione e quindi per il proseguimento della specie umana.
Attenzione, non è un male l’atto coniugale, ma come dice san Paolo chi è vergine «si occupa delle cose del Signore» (1Cor 7, 34), perciò con una totale dedizione a Dio che in qualche modo anticipa quella che sarà la condizione escatologica di tutti i beati in Cielo e che già, in questo senso, apparenta un po’, crea affinità con il mondo angelico, il quale notte e giorno serve Dio, adorandolo, lodandolo, compiendo la Sua volontà.
L’ultima considerazione che voglio fare la prendo dall’art. 3, che è un po’ un focus su questa apparizione angelica di Gabriele che avvenne in forma corporea. Potremmo chiederci: la Madonna come ha visto questo angelo? È stato un pensiero, un’illuminazione interiore? O c’è stata anche una presenza secondo le forme proprie dei corpi?
San Tommaso ritiene appunto che l’angelo sia apparso a Maria in forma corporea e lo spiega con tre ragioni di convenienza. La prima, perché doveva annunciare l’Incarnazione del Verbo. Cioè, dovendo annunciare il Dio invisibile che si faceva visibile nella carne, era opportuno, era conveniente che anche il mediatore assumesse in qualche modo le sembianze di un corpo visibile, udibile, tangibile.
Secondo motivo – ed è una sfumatura della prima ragione –, perché la stessa divina maternità della Madonna doveva essere corporea. Abbiamo visto che, essendo il Verbo a incarnarsi, la Madonna doveva concepire prima con la mente e poi con la carne; ma appunto, concepire anche con la carne: la divina maternità implica il concepimento nella carne. Dunque, anche in questo senso, di fronte a un mistero che si “materializza”, era conveniente che anche colui che lo annunciava si materializzasse.
Il terzo motivo è legato a quella che san Tommaso chiama la certezza del messaggio. Cosa vuol dire? Vuol dire che anche Dio utilizza una condiscendenza nei confronti del modo proprio di conoscere di noi uomini, che è quello di conoscere partendo dai sensi. La nostra conoscenza, per quanto possa essere astratta, parte sempre dai sensi. E dunque era conveniente che Dio rispettasse questo ordine che Egli stesso ha posto nella nostra natura, nel nostro modo di conoscere, sottoponendo l’annunciatore, l’angelo, ai sensi di Maria Santissima.
Chiudiamo con una considerazione interessante che san Tommaso fa nella risposta alla terza obiezione dell’art. 3 e che riguarda il turbamento che la Madonna, secondo il testo del Vangelo di san Luca, avverte di fronte all’angelo. «Questo è appunto, come si legge nella vita di sant’Antonio, “un segno non difficile per discernere tra gli spiriti buoni e quelli cattivi. Se infatti al timore subentra la gioia, sappiamo che si tratta di un intervento di Dio, perché la sicurezza dello spirito è indizio della presenza della maestà divina. Se invece la paura rimane invincibile, allora l’apparizione è diabolica”» (III, q. 30, a. 3, ad 3).
È un interessante indizio di quello che si chiama “discernimento degli spiriti”. Nel caso di Maria Santissima abbiamo un turbamento iniziale. Questo turbamento iniziale è stato spesso visto dai Padri come il turbamento di fronte alla maestà divina, di fronte al soprannaturale. Di fronte al soprannaturale si avverte un turbamento, un timore, il timore di Dio; pensiamo anche a san Pietro che, di fronte al Signore che manifesta i segni della sua maestà divina, dice: «allontanati da me che sono un peccatore» (Lc 5, 8). Questo è segno della santità di Dio e della propria inadeguatezza. Quindi, il timore, questo turbamento è il segno della presenza divina. Ma, come precisa san Tommaso sulla scorta della vita di sant’Antonio abate, grande Padre del deserto, se questa presenza è veramente divina, il turbamento poi si stempera e si trasforma in un grande gaudio, in una grande pace, perché Dio colma poi l’anima di questo gaudio e di questa pace. Se invece il turbamento non svanisce, allora ci dice – attenzione – che è segno che qualcun altro è all’opera, qualcuno che non è in grado di portare pace e gioia, ma che invece porta solo paura, timore, turbamento, e cioè il Maligno.
Dunque, abbiamo visto un elemento in più, che può essere molto utile nella vita spirituale concreta.
La prossima volta continuiamo con il commento delle quæstiones che san Tommaso dedica ai misteri della vita di Cristo.
L’Annunciazione
Dio volle che il mistero dell’Incarnazione del Verbo fosse annunciato a Maria. Ma perché? Quattro ragioni di convenienza. E volle che questo annuncio fosse fatto da un angelo. Il parallelismo Genesi-Vangelo: caduta vs riparazione. Discernere gli spiriti: cosa ci insegna l’Annunciazione.
Il rapporto tra Scrittura e Tradizione
Oltre al Magistero della Chiesa, Lutero ha sminuito anche la Tradizione, non comprendendone il rapporto organico con la Bibbia. Infatti, la Tradizione precede cronologicamente le Scritture e queste ultime provengono dalla Tradizione stessa e da essa sono comprovate. Le Scritture, a loro volta, hanno la peculiarità di una forma fissa e godono dell’inerranza.
Lo sposalizio di Maria – Il testo del video
In Maria e Giuseppe vediamo onorate assieme le due grandi vocazioni della vita cristiana: la verginità e il matrimonio. Le due perfezioni e i tre beni presenti: ecco perché quello tra Maria e Giuseppe fu vero matrimonio. E le sue ragioni di convenienza, in ordine a Gesù e a sua Madre.