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Ora di dottrina / 150 – La trascrizione

Lo sposalizio di Maria – Il testo del video

In Maria e Giuseppe vediamo onorate assieme le due grandi vocazioni della vita cristiana: la verginità e il matrimonio. Le due perfezioni e i tre beni presenti: ecco perché quello tra Maria e Giuseppe fu vero matrimonio. E le sue ragioni di convenienza, in ordine a Gesù e a sua Madre.

Catechismo 09_02_2025

Ben ritrovati con questa 150^ Ora di dottrina che è stata resa possibile grazie al sostegno del Signore ma anche al vostro; perciò vi ringrazio personalmente.

Vediamo oggi la quæstio 29 della III parte della Summa Theologiaæ, che San Tommaso d’Aquino dedica allo sposalizio di Maria. In questa quæstio San Tommaso si pone sostanzialmente due interrogativi: 1) il senso di questo matrimonio. Se la Madonna – la sempre vergine Maria – aveva scelto di essere vergine, perché ha scelto di sposarsi? Non poteva rimanere nella sua condizione di donna nubile? 2) la seconda domanda verte sulla natura di questo matrimonio, cioè fu un vero matrimonio? La domanda nasce dal fatto che fu un matrimonio sui generis, verginale da entrambe le parti, dal momento che non vide l’unione nella carne dei due coniugi.

Questi sono i due temi fondamentali della quæstio 29. A ciò si collega un terzo tema, trattato nell’articolo 4 della quæstio 28, ossia se Maria Santissima avesse votato a Dio la sua verginità; quindi, ci si chiede non semplicemente se fosse nella condizione di vergine, ma se avesse fatto un voto di verginità.

Cominciamo dall’analisi dell’art. 1 della quæstio 29, nel quale San Tommaso espone le ragioni per cui era conveniente, era sapiente che avvenisse questo sposalizio. Ci sono tre grandi gruppi di questi argomenti di convenienza. Uno verte attorno alla persona di Cristo, un secondo gruppo attorno alla persona di Maria e un terzo gruppo analizza invece le ragioni di convenienza riguardo a noi, dunque riguardo alla discendenza del Signore, alla sua Chiesa, a noi cristiani.

Una piccola premessa. San Tommaso non classifica questi argomenti per la loro tipologia, quindi troviamo, frammisti tra loro, argomenti di tipo apologetico, altri di tipo umano, potremmo dire, e alcuni di grande approfondimento teologico.

Cominciamo con il gruppo di argomenti relativi alla persona di Cristo. La prima ragione per cui era conveniente che la Madonna contraesse un matrimonio con San Giuseppe era per far sì che il Signore Gesù non fosse registrato e, quindi, poi respinto come figlio illegittimo. Nelle culture antiche, nel diritto romano ma anche da noi fino a non molto tempo fa, in qualche modo il figlio illegittimo aveva tutta una serie di restrizioni e di problematiche dal punto di vista legale e anche dal punto di vista dell’inserimento nella vita sociale. Dunque, per evitare che fosse ritenuto figlio illegittimo, era conveniente questo sposalizio.

La seconda ragione, legata questa volta alla prova della messianicità del Signore Gesù, è il fatto che la genealogia veniva decisa per via paterna. Se prendiamo la genealogia nel Vangelo di Matteo, troviamo che anche la genealogia del Signore è ricostruita tramite la linea paterna. E infatti quando si arriva alla nascita del Signore, è scritto che «Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria dalla quale nacque il Cristo» (Mt 1,16). La scorsa volta abbiamo parlato della particolarità di questo cambio – cioè, non è Giuseppe che generò Gesù – come argomento scritturistico del concepimento verginale; ma questo passo ci dice anche dell’importanza di garantire la discendenza genealogica con la stirpe di Davide tramite la linea paterna, che era la “condizione” del Messia. Anche la Santissima Vergine proveniva dalla casa di Davide, ma la genealogia veniva decisa appunto tramite la linea maschile.

Terza ragione di convenienza dello sposalizio, che San Tommaso recupera da alcuni Padri: per celare al demonio il concepimento e il parto verginali. Cioè, i demoni non possono sapere tutto, possono sapere quello che è manifesto nella nostra vita, ma in ultima analisi possono sapere solo quello che Dio permetta che loro vedano e conoscano. Se il Signore non avesse avuto, nel suo ambiente familiare, una figura maschile e una femminile, più difficilmente agli occhi dei demoni sarebbe rimasto velato il mistero del concepimento verginale e del parto verginale.

Quarto, per il sostentamento del Figlio di Dio. Qui abbiamo un tema molto profondo dal punto di vista della vita cristiana, della vita spirituale. Se noi ci pensiamo, ci rendiamo conto che Colui che è nato è Dio, è la Provvidenza stessa, perché Dio è la Provvidenza. Eppure la Provvidenza stessa, Dio, ha voluto che a provvedere a Sé stesso, in quanto vero uomo, nella sua natura umana, fosse un altro vero uomo, come accade per tutti noi esseri umani che abbiamo bisogno che un padre, comunque una figura umana, provveda al nostro sostentamento, almeno finché non raggiungiamo una certa autonomia. Dopo in ogni caso abbiamo sempre un legame con altre figure umane nella nostra vita, ed è bello e bene che sia così. La sapienza divina ha voluto che l’umanità del Signore fosse a tutti gli effetti comune a quella di tutti gli uomini e, dunque, ha disposto per Lui anche un padre che provvedesse al suo sostentamento.

Riguardo a Maria Santissima, San Tommaso riporta altri tre argomenti di convenienza dello sposalizio. Il primo, classico, è perché non fosse ritenuta adultera e quindi castigata secondo la legge di Mosè, anche con la lapidazione. A custodirla da questa accusa, che avrebbe potuto avere delle conseguenze ben gravi, Dio ha posto San Giuseppe. E anche, seconda ragione, per proteggerla dall’infamia. Tutto il mondo è paese, e una donna con un figlio e senza un marito viene chiacchierata come una poco di buono. Come lo sposalizio di Maria e Giuseppe è stato conveniente nel caso del Signore Gesù, onde evitare la sua esposizione come figlio illegittimo, così lo è stato nel caso della Vergine: non solo è stata custodita dall’accusa di adulterio, ma anche dall’infamia.

Terzo, in analogia con quanto abbiamo appena detto del Signore Gesù, perché Maria SS. godesse dell’assistenza di San Giuseppe. Dunque, di nuovo, vediamo questo paradosso. Colei, le cui preghiere vengono sempre esaudite, vuole avere bisogno, accetta di avere bisogno, nel quadro della Provvidenza divina, di uno sposo che provveda a lei, che l’assista, che la protegga, che l’aiuti, che la sostenga. Questo ad indicare che non dobbiamo pensare la vita del Signore Gesù e della Madonna come se fossero esenti dalle necessità umane. Dio provvede loro un sostegno, un conforto, un aiuto per mezzo della figura di San Giuseppe.

Come dicevo, c’è un terzo gruppo di ragioni che riguardano noi: due sono di taglio più squisitamente apologetico. La prima riguarda la fedeltà di Giuseppe: il fatto che Giuseppe abbia preso con sé la Madonna, non l’abbia ripudiata, licenziata in segreto, testimonia il mistero di quel concepimento. Se fosse stato realmente adulterio, non ci sarebbe stata ragione di tenere con sé questa donna. Invece Giuseppe comprende, per la rivelazione dell’angelo, come leggiamo nel Vangelo di san Matteo, che Colui che nasce da lei è il Figlio di Dio e nasce per opera di Dio stesso. Quindi lui accetta di esserne il custode. La seconda ragione è che Maria, in quanto sposata, non aveva ragione di mentire. Cioè, se non fosse stata sposata si sarebbe potuto pensare che questa storia del concepimento verginale fosse come una folle scusa; ma essendo sposata, non aveva ragione di mentire, perché il frutto naturale del matrimonio, la benedizione di Dio nel matrimonio è proprio la nascita di figli: dunque, se non fosse stato vero che questa nascita era miracolosa, non ci sarebbe stato alcun bisogno di ricorrere a un’invenzione di una storia così incredibile.

Vorrei porre la vostra attenzione su altri due argomenti che sono i più pregnanti dal punto di vista teologico. Il primo, come scrive San Tommaso, è il seguente: «Poiché ciò [lo sposalizio verginale] è un simbolo della Chiesa universale che “pur essendo vergine è tuttavia sposata a Cristo, suo unico sposo” come dice sant’Agostino [De sancta virginitate 12]» (III, q. 29, a. 1). San Tommaso ci sta dicendo che la Madonna è in qualche modo la quintessenza della Chiesa. In Maria Santissima tutta la Chiesa è presente: immaginate un germoglio che ha in sé tutto ciò che sarà poi il suo sviluppo. Tutto è in Maria. E la realtà che la Madonna vive, cioè quella di una verginità, una verginità non vissuta “a sé”, ma una verginità sponsale vissuta all’interno di un rapporto sponsale, racchiude in sé il grande mistero della Chiesa che è vergine e sposata a Cristo. E questa verginità sponsale diventa madre feconda: in Maria Santissima, feconda del Figlio di Dio; nella Chiesa, sempre, per la mediazione materna di Maria SS., feconda dei fratelli di nostro Signore, cioè noi, che nel battesimo diventiamo membra del suo corpo.

Quinta e ultima argomentazione: «Si può infine aggiungere come quinta ragione del fatto che la madre del Signore fu sposa e vergine, l’intenzione di onorare nella sua persona tanto la verginità quanto il matrimonio. E ciò contro quegli eretici che condannano o l’una o l’altro» (ibidem). Quest’ultimo argomento di convenienza è importante perché questa frase – «onorare nella sua persona tanto la verginità quanto il matrimonio» – ci dice che entrambi (il matrimonio e la verginità) sono cosa buona agli occhi di Dio. Infatti, San Tommaso sottolinea questo punto, contro tutti gli eretici che nella storia presente, passata e futura hanno attaccato ora il matrimonio, ora la verginità, squalificando il matrimonio e squalificando la verginità, in tanti modi.

Questo “onorare” è in qualche modo un fondare, un santificare le forme di vita del cristiano, quelle che sarebbero state le due grandi forme della vita cristiana; la vita matrimoniale e la verginità consacrata in tutte le forme che ha conosciuto nella storia della Chiesa, erano entrambe presenti in Maria, che è, come detto, la quintessenza della Chiesa, “Vergine fatta Chiesa”, come dice san Francesco d’Assisi.

Dunque, in San Giuseppe e Maria Santissima abbiamo in qualche modo la radice di questa duplice vocazione della vita cristiana. In un articolo che abbiamo pubblicato sulla Bussola il 23 gennaio scorso proprio in occasione di quella che tradizionalmente è la memoria liturgica dello Sposalizio di Maria Santissima e di San Giuseppe, avevo sottolineato questo aspetto: si tratta di una nuova creazione in qualche modo, che ripara ed eleva la prima. E come all’inizio della prima creazione abbiamo avuto una coppia sponsale e per certi aspetti vergine, così nella seconda abbiamo una coppia effettivamente sponsale e veramente vergine.

Mi preme sottolineare questa radice di questi due stati di vita che la Chiesa ha sempre difeso nella sua storia e di cui ha difeso sempre l’ordine. Cioè, la Chiesa ha sempre detto che il matrimonio è buono nella sua essenza naturale e ancor di più nella sua elevazione sacramentale. Ma lo stato verginale ha una superiorità nei confronti del matrimonio; non chi lo abbraccia, evidentemente, ha una superiorità nei confronti di chi abbraccia il matrimonio, ma lo stato di vita ha una superiorità. Perché? Perché è appunto quello escatologico. Ricordiamo il Signore quando dice che noi nella vita eterna non prenderemo più moglie né marito, non ci saranno più figli, ma saremo come gli angeli nel Cielo, a indicare questo stato di verginità, perché saremo totalmente in qualche modo sposati a Dio, totalmente in Dio. Vedete la pregnanza di questi argomenti.

Nell’art. 2 della q. 29, San Tommaso si domanda invece se quello tra Maria e Giuseppe sia stato un vero matrimonio. Egli fa una distinzione, spiegando che il matrimonio ha due dimensioni: quella, potremmo dire, formale, ciò che è la forma del matrimonio; e ciò che compie, perfeziona, “sigilla” il matrimonio. La forma è il consenso degli sposi. Questo consenso indica l’unione dei loro animi, cioè il promettersi reciproca fedeltà. San Tommaso dice che, rispetto alla prima perfezione, «il matrimonio tra la Vergine Maria e San Giuseppe fu verissimo poiché ambedue diedero il consenso all’unione coniugale, non espressamente all’atto coniugale se non sotto la condizione “se piacesse a Dio”» (III, q. 29, a. 2).

Qui mi ricollego all’art. 4 della q. 28, relativo al voto di verginità della Madonna. San Tommaso si chiede se quello di Maria sia stato un vero voto. E dice: non è pensabile che la Madre di Dio, prima di fidanzarsi con Giuseppe, abbia fatto il voto di verginità in modo assoluto, sebbene desiderasse la verginità. Cosa vuol dire che non l’aveva fatto in modo assoluto? Significa che l’aveva fatto sotto la condizione che piacesse a Dio. Cioè, la Madonna ha contratto matrimonio, desiderando la verginità, offrendo la sua verginità a Dio sotto la condizione che ciò piacesse a lui; quindi era un voto ma non assoluto. Invece, dice Tommaso, dopo aver preso un fidanzato «come esigevano gli usi del tempo» – un fidanzamento che era un vincolo, non era come il fidanzamento di oggi – «insieme con lui emise il voto di verginità» (III, q. 28, a. 4). Cioè, la Madonna, una volta fidanzata con Giuseppe, fece insieme a lui un voto di verginità. Quindi entrambi vollero che questo loro matrimonio, questa loro fedeltà reciproca fosse vissuta con questo voto, questa dedizione totale di sé a Dio, nella verginità.

Dunque, prima del fidanzamento, questo voto di verginità non fu assoluto ma “condizionale”, cioè a condizione che piacesse a Dio. Dopo il fidanzamento, posto che Dio aveva “confermato” questa verginità con il duplice annuncio a Maria Santissima e a San Giuseppe, fecero insieme il voto di verginità. Ci fu quindi un matrimonio veramente verginale. Un matrimonio vero innanzitutto, come visto, quanto alla forma, quindi alla fedeltà reciproca, allo scambio delle promesse di fedeltà.

Poi, come dice San Tommaso, c’è un’altra parte che costituisce il matrimonio, cioè quella che riguarda il perfezionamento del matrimonio che dipende dagli atti propri dei coniugi, che generano un figlio. San Tommaso dice che sotto questo aspetto chiaramente non vi fu l’unione propriamente coniugale per la generazione, ma vi fu la prole e vi fu anche l’educazione della prole che fanno parte del compimento, del perfezionamento del matrimonio. Dunque, San Tommaso dice che, pur non essendoci stati gli atti coniugali a causa del voto di verginità, vi fu però – anche sotto l’aspetto del perfezionamento del matrimonio – anche questa perfezione data dalla prole, sebbene non generata nell’atto coniugale, e dalla sua reale crescita ed educazione. Quindi, San Tommaso conclude dicendo che quello tra Maria e Giuseppe fu uno sposalizio a tutti gli effetti, anche perché ci furono i cosiddetti tre beni del matrimonio secondo quello che era l’insegnamento classico tratto da sant’Agostino.

Quali sono i tre beni del matrimonio? Proles, fides, sacramentum. 1) Cioè, i figli, la prole: e abbiamo visto che questa prole (e quale prole!) c’era, sebbene non tramite gli atti coniugali. 2) la fides, la fedeltà reciproca. E ci fu. 3) Il sacramentum, cioè ci fu un’indissolubilità, perché non vi fu mai separazione, non vi fu mai divorzio, rottura di questo legame. Alla luce di questi tre aspetti costitutivi, il matrimonio tra Maria e Giuseppe fu dunque un vero matrimonio. Questo è importante ribadirlo perché ci fa capire che in questo senso il loro fu un matrimonio veramente fondativo del matrimonio cristiano.

Concludiamo leggendo la risposta alla seconda obiezione dell’art. 4 della quæstio 28, che riguarda appunto la questione del voto di verginità. Qui San Tommaso dice: «Come la perfetta pienezza di grazia fu propria di Cristo e tuttavia se ne ebbe una certa anticipazione nella Madre, così anche l’osservanza dei consigli che deriva dalla grazia di Dio fu inaugurata da Cristo in modo perfetto ma in qualche modo ebbe inizio nella Vergine sua Madre» (ibidem). Qual era l’obiezione? L’obiezione era che la verginità in qualche modo appartiene alla nuova legge, alla Nuova Alleanza. Nell’Antica Alleanza non esisteva la verginità così intesa.

Dunque, qui San Tommaso ci parla della pienezza della grazia, che è Cristo; eppure noi sappiamo che Maria viene salutata dall’angelo come piena di grazia, quindi vuol dire che c’è un’anticipazione nella Madre di ciò che sarebbe stata la pienezza del Figlio. Analogamente, ci dice che l’osservanza dei consigli evangelici, in particolare della verginità, che fu inaugurata da Cristo, il vergine, il celibe consacrato all’opera del Padre per eccellenza, fu anticipata nella Madre, nella verginità della Madre. A dire questo rapporto tra Maria e Gesù, come tra l’aurora e il pieno giorno. Capite che tra l’aurora e il pieno giorno non c’è una discontinuità: il giorno è sempre preceduto dall’aurora. E all’aurora segue sempre il giorno. In Maria troviamo quanto poi in Cristo sarà vissuto in una pienezza unica, che è la pienezza data dall’unione ipostatica della natura umana con quella divina.

La prossima volta andremo avanti con i misteri della vita del Signore, con un focus sui misteri di Maria, che sono legati chiaramente ai misteri di Cristo. Vedremo in particolare l’Annunciazione.



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