Lancet conferma i danni psichici da lockdown e distanziamento
Un’analisi longitudinale su 15 Paesi (Italia inclusa) mostra come la salute mentale sia diminuita durante il Covid-19, in un grado tanto più elevato quanto maggiori sono state le restrizioni, come chiusure e distanziamento sociale. Lo studio di Lancet si aggiunge a quello dell’Oms, che già a marzo sottolineava il pericolo soprattutto per i più giovani.
Il distanziamento sociale è stata la peggiore restrizione, tra le misure imposte dai governi per combattere la pandemia da Covid-19, per la salute mentale dei cittadini. Questo dice uno studio comparativo pubblicato su The Lancet il 21 aprile. L’uomo non è un animale solitario, la dimensione relazionale è connaturata alla natura umana, che è stata dimenticata superficialmente da parte di molti, troppi, governi negli ultimi anni.
Lo studio di Lancet - “Policy stringency and mental health during the COVID-19 pandemic: a longitudinal analysis of data from 15 countries” - mostra appunto come la salute mentale di molti sia diminuita durante la pandemia, mentre gli esperti chiedono ai governi di agire con prontezza ed efficacia al più presto, se si vogliono evitare conseguenze irreparabili.
Il Parlamento europeo, già nell’ottobre scorso, a seguito di un confronto con diversi esperti, aveva invitato i governi dei Paesi dell’Unione europea ad affrontare con attenzione la diffusione dei disagi mentali causati da misure troppo restrittive, imposte ai cittadini.
Per lo studio, i ricercatori hanno raccolto dati sulla salute mentale attraverso il tracciamento del comportamento dei cittadini nel periodo del Covid-19; dati elaborati dall’Imperial College London con due diverse misure di salute mentale: disagio psicologico e valutazione della vita. Utilizzando un indice di severità, per valutare appunto la severità delle misure imposte dai governi per far fronte alla pandemia, gli autori hanno diviso i Paesi in due categorie: quelli con strategie di “eliminazione” della pandemia (Australia, Corea del Sud, Giappone e Singapore) e quelli con strategie di “mitigazione” (Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna e Svezia).
Nei Paesi con una strategia di “mitigazione”, inclusa l’Italia, che prevedevano chiusure intermittenti (in luoghi di lavoro e nelle scuole, nel distanziamento sociale, nell’uso di mascherine obbligatorie e nei divieti dei raduni pubblici), i ricercatori hanno verificato una crescita di danni alla salute mentale, ma in misura inferiore rispetto al primo gruppo di Paesi, che hanno adottato misure più coercitive di isolamento prolungato. “Le strategie di mitigazione possono essere associate a peggiori risultati di salute mentale solo in parte, perché solo le misure di contenimento come lunghi periodi di chiusura e di distanziamento fisico, possono impedire e, a volte, distruggere le relazioni sociali”, ha detto il coautore Rafael Goldszmidt.
L’Organizzazione mondiale della sanità aveva già avvertito lo scorso 2 marzo che l’impatto sulla salute mentale, dovuto ai lockdown, ha riguardato diversi gruppi sociali. Il report scientifico dell’Oms, “Mental health and COVID-19: Early evidence of the pandemic’s impact”, dimostra infatti che uno dei principali motivi di aumento di stress e disagio mentale sia legato all’isolamento sociale. Lo studio dell’Oms mostra come la pandemia abbia colpito la salute mentale in particolare dei giovani, sproporzionatamente a rischio di comportamenti suicidi e autolesionistici. L’imporre l’isolamento e il distanziamento ai giovani, nell’età della crescita, della formazione della personalità e dell’educazione alla consapevolezza di sé stessi, è stata una scelta devastante e obiettivamente malevola nei confronti dei cittadini di domani.
Per quanto riguarda il nostro Paese, una serie di recenti interventi di esperti sulle conseguenze che le restrizioni e l’isolamento imposti dalle misure anti-Covid hanno avuto su bambini e ragazzi, ci dovrebbero allarmare. Un recente articolo della dottoressa Sara Uccella, specialista in Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale Pediatrico Gaslini di Genova, e della dottoressa Maria Pontillo, psicologa e psicoterapeuta dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, descrive la «pandemia indiretta» che colpisce bimbi, ragazzi e giovani italiani: +84% di accessi ai pronto soccorso pediatrici per disturbi neuropsichiatrici tra fine 2021 e inizio 2022. “L’esclusione dalla consueta interazione sociale ha innescato problematiche legate all’umore e alla suicidalità o disturbi del comportamento alimentare e riacceso in moltissimi di loro il fascino sinistramente accogliente delle droghe”, dicono.
Il dottor Stefano Vicari, neuropsichiatra infantile del Bambino Gesù, nei giorni scorsi ha denunciato che rispetto al periodo pre-pandemico i casi presi in carico dall’ospedale pediatrico sono aumentati di oltre il 30% (casi di ricovero in reparto) e anticipato uno studio in via di pubblicazione (“Psychiatric emergency for psychopathological disorders and self-injurious behaviors in Italian children and adolescents during COVID-19”), dove si confrontano i dati dei due lockdown (il primo totale e il secondo parziale) rispetto al periodo precedente allo scoppio della pandemia e come le misure restrittive e il distanziamento abbiano causato disagi nella salute mentale di bimbi, ragazzi e giovani. I disastri sociali della gestione Conte-Speranza-Azzolina, e oltre, li pagheremo a lungo...