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anticipazioni

La vendetta di Francesco su Gänswein è piena di imprecisioni

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Nel suo libro Bergoglio torna sui rapporti col predecessore, contro il segretario di Ratzinger che aveva smentito la "leggenda" della sintonia tra i due Papi. Dice la sua anche sul conclave del 2005, ma i conti non tornano.

Ecclesia 03_04_2024 Español
Foto LaPresse - Stefano Costantino 23/11/2016 Città del Vaticano (VAT)

Mentre invoca la pace per il mondo, Francesco apre nuovi fronti di guerra nella Chiesa. Lo ha fatto con le dichiarazioni concesse al giornalista spagnolo Javier Martinez-Brocal nel libro-intervista El sucesor. Nelle anticipazioni uscite in queste ore, il Papa ha detto la sua sul rapporto con Benedetto XVI senza risparmiare critiche durissime a monsignor Georg Gänswein.

La colpa del fidatissimo segretario particolare di Ratzinger è di aver smentito una volta per tutte nel suo libro Nient'altro che la verità la narrazione di una coabitazione armoniosa tra il Pontefice regnante ed il suo predecessore ritiratosi al monastero Mater Ecclesiae. Commentando i contenuti del volume scritto a quattro mani da Gänswein con il giornalista Saverio Gaeta, Bergoglio da un lato ha ostentato superiorità dicendo che «naturalmente non mi colpisce, nel senso che non mi condiziona», dall'altro invece ha esternato tutta la sua rabbia perché quel libro lo avrebbe «messo sottosopra, raccontando cose che non sono vere».

Nient'altro che la verità ha svelato i retroscena del siluramento di Gänswein nel 2020 dall'ufficio di prefetto della Casa Pontificia presumibilmente per non aver impedito a Benedetto XVI di pubblicare un testo a difesa del sacerdozio all'interno dell'ormai famoso Dal profondo del nostro cuore (Cantagalli editore) scritto dal cardinale Robert Sarah poco dopo il Sinodo sull'Amazzonia. Gänswein ha raccontato che Bergoglio non ascoltò la richiesta del suo predecessore di reintegrarlo come prefetto della Casa Pontificia. I fatti confermano che Gänswein, dopo lo scoppio del caso Sarah, non tornò più al fianco del Papa regnante nelle udienze pubbliche pur mantenendo formalmente l'incarico.

Scagliandosi sempre contro l'arcivescovo tedesco, Francesco ha detto a Martinez-Brocal di aver «vissuto come una mancanza di nobiltà e di umanità» l'uscita delle anticipazioni di Nient'altro che la verità nel giorno del funerale.

Al di là della critica in sé, inutile nascondere la reazione sbigottita di fronte a queste parole da parte dei molti che non dimenticano l'atteggiamento tenuto da Bergoglio nei giorni dell'esposizione e delle esequie del suo predecessore. Francesco non si recò in Basilica di San Pietro a pregare davanti alla salma, ostinatamente confermò l'udienza generale del mercoledì in aula Paolo VI nonostante i consigli di cardinali e collaboratori che riuscirono a malapena a convincerlo a spostare il funerale di qualche giorno per consentire ai porporati di tutto il mondo di arrivare a Roma in tempo. Tutti ricordano, poi, l'omelia breve e spersonalizzata così come la frettolosità del Papa durante le esequie.

Al di là del giudizio sulle questioni dottrinali e pastorali dell'attuale pontificato, in quel frangente emerse quella componente caratteriale che spesso ha portato Francesco a prendere decisioni amaramente incomprensibili in questi undici anni. La cacciata di Gänswein dal Vaticano un mese dopo, senza alcun altro incarico, ha chiuso il quadro.

Da un po' di tempo, a spregio dell'evidenza e a tratti del ridicolo, c'è chi deve aver consigliato al Papa di presentare una narrazione ben diversa del suo rapporto con Ratzinger, distinguendo quest'ultimo dai "ratzingeriani" che lo avrebbero usato contro di lui. In questa cerchia è finito persino monsignor Gänswein, l'uomo al suo fianco fino alla fine e che ne è stato esecutore testamentario. Nel libro-intervista El sucesor, questa volontà di presentare un rapporto probabilmente diverso dalla realtà è forse all'origine delle non poche contraddizioni dell'intervistato. Francesco non ha esitato a rendere pubblico il suo racconto del conclave del 2005.

L'immagine di un Papa che si mette a rivelare dettagli degli ultimi due conclavi – peraltro uno dei suoi argomenti preferiti con giornalisti e biografi – in forza del suo essere legibus solutus è di per sé poco rassicurante. Peggio ancora se queste presunte rivelazioni cozzano con le informazioni esistenti e con dichiarazioni precedentemente rilasciate da lui stesso.

Bergoglio ha sostenuto di essere stato "usato" dai cardinali che dopo la morte di Giovanni Paolo II volevano bloccare l'elezione del favorito Ratzinger e di aver favorito quest'ultimo facendo un passo indietro dopo aver raccolto 40 preferenze. In base al dettagliato resoconto del conclave di 19 anni fa pubblicato su Limes dal vaticanista Lucio Brunelli  – estimatore di Bergoglio e uno dei pochi a prevederne l'elezione nel 2013 – sappiamo che l'allora cardinale argentino raccolse effettivamente 40 voti alla terza votazione. Il Papa ha detto a Martinez-Brocal  che «se avessero continuato a votarmi, [Ratzinger] non sarebbe riuscito a raggiungere i due terzi necessari per essere eletto papa». A quel punto, secondo la sua versione, l'argentino avrebbe detto al cardinale Darío Castrillón Hoyos: «Non scherzare con la mia candidatura, perché adesso dico che non accetterò, eh? Lasciami qui'. E lì Benedetto fu eletto». Quindi, secondo il Pontefice regnante, il suo passo indietro sarebbe stato decisivo per sbloccare l'impasse e portare all'elezione di Ratzinger.

Ma questa versione suscita più di un dubbio. Infatti, in base al diario del cardinale anonimo pubblicato da Brunelli, sembrerebbe che alla quarta votazione non si azzerarono i voti per Bergoglio, come un ritiro "annunciato" del candidato avrebbe lasciato immaginare, ma ci fu un suo calo a 26 preferenze, con le restanti andate al favorito tedesco divenuto in quel modo Papa. Che quella attorno a Bergoglio fosse una candidatura vera già nel 2005 e che la sua sconfitta non fu l'effetto di un ritiro volontario sembra testimoniarlo l'amaro commento del cardinale belga, suo sostenitore, Godfried Danneels al quotidiano fiammingo De Morgen al quale disse che il conclave aveva «dimostrato che non era ancora il momento per un papa latinoamericano». Inoltre, sembra davvero improbabile che il cardinale Castrillón Hoyos, uno dei membri più conservatori dell'intero collegio e poi braccio destro di Benedetto nel dialogo con la Fraternità San Pio X, potesse essere addirittura un alfiere della fronda anti-Ratzinger.

Un'altra imprecisione è quella affermata a proposito dei «due terzi dei voti necessari per essere eletto» che il tedesco non avrebbe raggiunto se Bergoglio non si fosse ritirato. In realtà, la costituzione apostolica Universi Dominici Gregis in vigore dal 1996 aveva mandato in pensione il quorum della maggioranza di due terzi (poi ripristinato da Benedetto nel 2007): quindi, se gli anti-Ratzinger avessero resistito, ai suoi sostenitori sarebbe bastato andare avanti fino al 34° scrutinio per averla vinta a maggioranza assoluta. Il Papa ha 87 anni e da quel conclave ne sono passati quasi venti, quindi la memoria potrebbe avergli fatto un brutto scherzo. 

Un'altra anticipazione del libro El sucesor destinata a far discutere è quella relativa alla difesa che Benedetto XVI, ormai emerito, avrebbe fatto del suo successore con alcuni cardinali che si sarebbero lamentati con lui per le dichiarazioni bergogliane sulle unioni civili. Queste le parole del Papa: «Ho avuto un colloquio molto bello con lui quando alcuni cardinali sono andati a incontrarlo sorpresi dalle mie parole sul matrimonio, e lui è stato chiarissimo con loro, li ha aiutati a distinguere le cose (...) così mi ha difeso». Il riferimento è probabilmente alle polemiche scaturite da uno spezzone di intervista tramesso in un documentario del regista Evgeny Afineevsky in cui il Pontefice apriva ad una legge sulle unioni civili. Quello dell'anziano e ormai emerito Benedetto che dà ragione al suo successore con i cardinali che lo vanno a trovare per lamentarsi con lui sembra quasi un topos di cui Francesco si è già servito, ad esempio sul volo di ritorno dall'Armenia rispondendo ad una domanda della  giornalista Elisabetta Piqué. Il viaggio apostolico, però, risale al 2016 quindi 4 anni prima la bufera sulle parole nel documentario. Il Papa emerito ha cacciato più di una volta i cardinali "criticoni" dal Mater Ecclesiae per difendere il suo successore o quello di Francesco è piuttosto un espediente narrativo, un po' come quando ha raccontato più di una volta che il suo segretario avrebbe visto un cagnolino in un passeggino collocando di volta in volta la scena ad un fantomatico "l'altro giorno"? Come fa il Pontefice regnante a sapere del contenuto di queste presunte conversazioni di Benedetto XVI con alcuni cardinali? Tirando in ballo un colloquio "molto bello" avuto con lui a ridosso di questo presunto episodio sembrerebbe alludere al fatto che sia stato Benedetto XVI stesso a raccontarglielo.

Difficile immaginarlo visto che, per quanto ci risulta, Ratzinger nel suo periodo al monastero Mater Ecclesiae non ha smesso di incontrare e di ascoltare i porporati più a disagio nell'attuale pontificato. In ogni caso per ciò che attiene le leggi sulle unioni civili, più di un episodio riferito de relato più di un anno dopo la morte del diretto interessato, fa fede quanto Joseph Ratzinger scrisse nel 2003 in un documento ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede – le Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali – dove si legge che «ci si deve astenere da qualsiasi tipo di cooperazione formale alla promulgazione o all’applicazione di leggi così gravemente ingiuste nonché, per quanto è possibile, dalla cooperazione materiale sul piano applicativo».



stoccata

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resa dei conti

Morto un Papa, parla il segretario (sfrattato)

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