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EDUCAZIONE SESSUALE

La scuola supplisce? Solo se non è ideologica

Il Pontefice ha toccato il tema del rapporto tra la famiglia e la scuola dicendo che l’ideale è che l’educazione sessuale inizi in famiglia e richiamando il Magistero a sé precedente. Ma anche in AL dove l'opera della scuola deve essere complementare a quella di mamma e papà. Solo in questo senso si può inquadrare la "supplenza", e non la sostituzione ai genitori. 
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Educazione 31_01_2019

Nel viaggio di ritorno dalla GMG di Panama il Santo Padre ha rilasciato un’altra delle sue celebri interviste in aereo, toccando molti punti interessanti, come la piaga dell’aborto, l’immigrazione, la mancanza di testimoni, il celibato de preti e l’educazione sessuale. Riguardo a quest’ultimo tema ha svolto due passaggi. Ad una domanda sulla sua presunta opposizione all’educazione sessuale nelle scuole, Papa Francesco risponde: “Credo che nelle scuole bisogna dare l’educazione sessuale. Il sesso è un dono di Dio non è un mostro. È il dono di Dio per amare e se qualcuno lo usa per guadagnare denaro o sfruttare l’altro, è un problema diverso. Bisogna offrire un’educazione sessuale oggettiva, come è, senza colonizzazioni ideologiche. Perché se nelle scuole si dà un’educazione sessuale imbevuta di colonizzazioni ideologiche, distruggi la persona”. Dunque il Pontefice afferma tre principi: 1. Che non c’è contrarietà all’educazione sessuale nella scuola; 2. Purché non sia ideologica ma oggettiva; 3. E cioè che mostri la bellezza della sessualità in quanto dono di Dio.

Poco dopo approfondisce che il sesso deve essere educato, nel senso tradizionale del termine, come Egli stesso spiega: “educere significa far emergere il meglio della persona e accompagnarla nel cammino” e che il problema dell’educazione sessuale è nei responsabili che se ne occupano: “che maestri si trovano per questo, che libri di testo…Io ne ho visti di ogni tipo, ci sono cose che fanno maturare e altre che fanno danno”.

Dopodiché il Papa esplicita un secondo passaggio: “L’ideale è che comincino a casa, con i genitori. Non sempre è possibile per tante situazioni della famiglia o perché non sanno come farlo. La scuola supplisce a questo, e deve farlo, sennò resta un vuoto che viene riempito da qualsiasi ideologia”. Qui il Pontefice tocca il tema fondamentale del rapporto tra la famiglia e la scuola nel compito educativo. Dicendo che l’ideale è che l’educazione sessuale inizi in famiglia, Papa Francesco richiama il Magistero a sé precedente, ed in particolare gli indimenticabili approfondimenti di San Giovanni Paolo II. Un documento del Pontificio Consiglio per la Famiglia del 1995, quando sul soglio di Pietro sedeva proprio il Santo polacco, stabilisce un principio chiaro: la scuola non deve e non può opporsi all'educazione proposta in famiglia. “Questo compito primario della famiglia [far conoscere ai figli i misteri della vita umana e una graduale educazione della vita sessuale], che abbiamo ricordato, comporta per i genitori il diritto a che i loro figli non siano obbligati a scuola ad assistere a corsi su questa materia che siano in disaccordo con le proprie convinzioni religiose e morali” (64). Il soggetto primario dell’educazione in generale e quella sessuale in particolare è la famiglia, mentre la scuola è soggetto secondario. Si tratta di una declinazione del principio di sussidiarietà affermato esplicitamente nella celebre Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II: “la Chiesa ribadisce la legge della sussidiarietà, che la scuola è tenuta ad osservare quando coopera all'educazione sessuale, collocandosi nello spirito stesso che anima i genitori” (37). In pratica la scuola (soggetto secondario) deve aiutare e sostenere l'opera educativa della famiglia (soggetto primario) e non opporsi ad essa o esserle alternativa.

Papa Francesco aggiunge che oggigiorno non sempre la famiglia riesce a svolgere questo suo compito primario nell’educazione, “per tante situazioni della famiglia o perché non sanno come farlo”. Non sappiamo a cosa pensasse il Papa quando ha proferito tali parole. Dal mio osservatorio limitato e parziale incontro numerose situazioni in cui i genitori sono sprovvisti di strumenti concettuali e pratici per aiutare i figli in questo ambito. Penso, ad esempio, alla pornodipendenza ed alla sua diffusione tra gli adolescenti, a cui molti genitori sono impreparati. O all’omosessualità e a tutti gli interrogativi che essa solleva. In assenza di una guida, avverte il Papa, si crea un vuoto che le ideologie rischiano di riempire. La scuola, allora, può e deve “supplire”, purché non sia ideologica, come sopra si è detto. Supplire non significa dunque sostituire, altrimenti il Pontefice avrebbe proposto un altro ideale (“l’ideale è che comincino a casa, con i genitori”), ma aiutare laddove la famiglia non arriva.

Che questo sia il pensiero del Pontefice lo appuriamo da un passaggio di Amoris Laetitia, dove attesta chiaramente: “La scuola non sostituisce i genitori bensì è ad essi complementare. Questo è un principio basilare [...]” (84). Il supplente, proprio come si dice a scuola, non è il docente di cattedra. Bensì “aggiunge quello che manca”, ne “svolge l’ufficio quando è assente o mancante”, come dice l’etimologia. La famiglia è l’unica titolare del compito educativo dei figli: “Anche se i genitori hanno bisogno della scuola per assicurare un’istruzione di base ai propri figli, non possono mai delegare completamente la loro formazione morale” (263). È un principio che dovrebbe essere salvaguardato e rispettato da chi si occupa di educazione alla sessualità in ambito scolastico. Il programma TeenStar, ad esempio, prevede il coinvolgimento attivo dei genitori nel progetto formativo attuato con i minori, che non può e non deve ridursi al semplice consenso informato.

Che la delega al compito educativo non possa mai essere totale da parte della famiglia alle istituzioni, lo attestano anche le evidenze cliniche e sperimentali della psicologia. Il terapeuta statunitense Peter Kleponis, il cui libro è da poco disponibile in italiano (Uscire dal tunnel – dalla dipendenza da pornografia all’integrità, edizioni D’Ettoris), sostiene che il modo migliore per proteggere i bambini e gli adolescenti dai rischi di sessualizzazione precoce e senza controllo è la presenza coinvolta dei genitori nelle loro vite.