La scuola apre, ma non ripartirà senza prima morire
Il nostro Paese, avendo gettato alle ortiche la tradizione cristiana e i suoi valori (gli elogi alla Montessori lo testimoniano), non ha più idea di cosa significhi educare. Così, il rientro a scuola non rappresenta la ricchezza di relazioni e di potenzialità che ci stanno raccontando. Bisogna che il sistema crolli, affinché tutto rinasca grazie a chi ha salvato il seme.
- DOCENTI PRECARI, ALTRO NODO IRRISOLTO, di Luca Marcolivio
Caro Direttore,
ho letto con molto interesse la bella lettera della insegnante e l’articolo del prof. Fighera pubblicati in questi ultimi giorni su La Nuova Bussola Quotidiana. È evidente che, grazie al Cielo, esistono ancora docenti appassionati alla scuola e al bene degli alunni e questo è senz’altro un seme di speranza che occorre riconoscere e salvaguardare, in attesa che si ritirino le acque dell’alluvione….
La situazione, tuttavia, è tutt’altro che rosea, e temo che non sarà sufficiente ripristinare “la relazione umana, la comunicazione diretta, il legame e il rapporto quotidiano tra di noi, insegnanti, alunni, famiglie, dirigente e collaboratori scolastici” ,perché si realizzi quanto dovrebbe essere nelle finalità della istituzione scolastica.
In questi giorni si fa un gran parlare, infatti, della scuola e della sua ripartenza, come di una necessità assoluta per il bene del paese, per i giovani e le famiglie. Nello stesso tempo, prevalgono ancora sproporzionate preoccupazioni di natura sanitaria (che, tra l’altro, stanno causando una spaventosa emorragia di risorse economiche che potrebbero essere utilizzate per scopi più sensati) e - sottotraccia - appare evidente che la partita verte più su motivazioni di contrapposizione politica che su preoccupazioni di natura squisitamente educativa. Certo, se ne parla sbrodolando concetti e teorie educative, esprimendo preoccupazione per i giovani che hanno bisogno della lezione in presenza, del rapporto umano, dello sguardo e del sorriso dei docenti (!), come se la scuola, prima del lockdown, fosse il lago dorato dei sogni. Pochi, o nessuno, ricordano il tasso di disaffezione e disistima di cui soffre la scuola statale italiana, la dispersione, le proteste, l’inefficacia formativa, le storture educative fino al condizionamento ideologico che la affliggono ormai da decenni.
Come al solito, la scuola (che, non dimentichiamolo, è il comparto di Pubblica Amministrazione che conta il maggior numero di dipendenti, oltre un milione….) viene utilizzata per scopi tutt’altro che nobili e soprattutto per motivazioni di carattere elettorale. E anche là dove si parla di educazione, in realtà si sottintendono contenuti che poco hanno a che fare con la vera natura di questa parola. Il fatto è che il nostro paese, avendo gettata alle ortiche la tradizione cristiana e i suoi valori, non ha più una idea di cosa significhi educare.
Ne sono un esempio lampante le dichiarazioni, di questi giorni, del presidente cattolico Mattarella per i 150 anni dalla nascita di Maria Montessori. Mattarella ha affermato che “La comunità della scuola è risorsa decisiva per il futuro della comunità nazionale, proprio in quanto veicolo insostituibile di socialità per i bambini e i ragazzi: ne comprendiamo ancor più l'importanza dopo le chiusure imposte dalla pandemia. Esempi come quello di Maria Montessori esortano ad affrontare efficacemente le responsabilità di questo momento difficile".
Eppure la Montessori fu una antesignana dell'ideologia gender, del femminismo, framassona, teosofa, credente nell'onnipotenza della scienza e nella reincarnazione. Aderì a gruppi esoterici in cui si praticava lo spiritismo, disconobbe suo figlio per tutta la vita, protetta dalla massoneria internazionale fuggì da Mussolini qualche anno dopo la proclamazione della legge contro la massoneria, vivendo per anni nella sede della teosofia alla Krishnamurti (fonte: Maria Montessori, una vita fra massoni, modernisti e femministe). Ecco, questi sono - nella migliore delle ipotesi - i modelli educativi che lo Stato italiano è in grado di proporre per la scuola…
Non illudiamoci, dunque. La scuola ripartirà, ma la realtà è molto diversa da quanto la idilliaca narrazione ufficiale offre. La scuola italiana non è più in grado di educare ed è poco efficace anche sotto il profilo formativo. E il rientro a scuola non rappresenta sicuramente tutta quella soddisfazione, quella ricchezza di relazioni e di potenzialità per il paese che ci stanno raccontando, perché il vero problema non è la didattica a distanza o in presenza, ma la cancrena che divora il sistema già da molti anni.
Da dove ripartire, allora? Servirebbero autonomia, libertà di scelta educativa per dare spazio alle famiglie e alle scuole paritarie e statali virtuose, una revisione complessiva delle modalità di finanziamento alle scuole come il costo standard, smantellamento della concezione centralistica dell’istruzione, etc…Tutte cose di cui si parla da anni, ma che personalmente ritengo non andranno in porto, fino a che non si verificherà il collasso di questo sistema e una ripartenza su nuove basi. Tutto questo, però, costerà lacrime e sangue.
Per questo occorre salvare il seme: “Don Camillo spalancò le braccia [rivolto al crocifisso]: “Signore, cos’è questo vento di pazzia? Non è forse che il cerchio sta per chiudersi e il mondo corre verso la sua rapida autodistruzione?”.
“Don Camillo, perché tanto pessimismo? Allora il mio sacrificio sarebbe stato inutile? La mia missione fra gli uomini sarebbe dunque fallita perché la malvagità degli uomini è più forte della bontà di Dio?”. “No, Signore. Io intendevo soltanto dire che oggi la gente crede soltanto in ciò che vede e tocca. Ma esistono cose essenziali che non si vedono e non si toccano: amore, bontà, pietà, onestà, pudore, speranza. E fede. Cose senza le quali non si può vivere. Questa è l’autodistruzione di cui parlavo. L’uomo, mi pare, sta distruggendo tutto il suo patrimonio spirituale. L’unica vera ricchezza che in migliaia di secoli aveva accumulato. Un giorno non lontano si troverà come il bruto delle caverne. Le caverne saranno alti grattacieli pieni di macchine meravigliose, ma lo spirito dell’uomo sarà quello del bruto delle caverne […] Signore, se è questo ciò che accadrà, cosa possiamo fare noi?”. Il Cristo sorrise: “Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi: bisogna salvare il seme. Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l’asciugherà. Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza. Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede e mantenerla intatta. Il deserto spirituale si estende ogni giorno di più, ogni giorno nuove anime inaridiscono perché abbandonate dalla fede. Ogni giorno di più uomini di molte parole e di nessuna fede distruggono il patrimonio spirituale e la fede degli altri. Uomini di ogni razza, di ogni estrazione, d’ogni cultura”.
Salviamo il seme.