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LA LETTERA

La scuola riparte solo con la libertà di ciascuno

La pandemia ha interrotto un cammino, o per un verso ne è stata una tappa, ma ora il viaggio ha bisogno di riprendere nei suoi tratti fondamentali: la relazione umana, la comunicazione diretta, il legame e il rapporto quotidiano tra di noi, insegnanti, alunni, famiglie, dirigente e collaboratori scolastici. Nel caos che circonda l'inizio del nuovo anno scolastico un'insegnante ci scrive per aiutarci a guardare l'essenziale.

Editoriali 01_09_2020

Caro Direttore,

vorrei condividere alcune riflessioni a pochi giorni dall’evento di cui tutti discutono: la scuola riparte!

Insegno in un Liceo Statale e, come la maggior parte dei docenti, mi sto preparando alla ripresa, sia personalmente, sia assieme ai colleghi e alla Dirigenza della scuola.
È proprio dal confronto spontaneo con alcuni colleghi che nascono queste mie righe: si tratta di riflessioni emerse dall’esperienza diretta di chi è “in cattedra”, ovvero “in cuffia”, a seconda delle pandemie in corso.

Non so e non sappiamo la modalità di scuola che ci attende quest’anno: banchi a rotelle e mascherine? Turni e didattica a distanza? Quarantene e interruzioni?
Al di là della modalità con cui dovremo fare i conti - che speriamo sia guidata anche dal buon senso e da adeguata sensibilità pedagogica –, al di là  anche dell’insicurezza e della paura che inibiscono ogni seria progettazione, c’è un punto di certezza che accompagna in realtà molti insegnanti e accompagna questa ripartenza: I nostri studenti ci stanno aspettando!

I nostri alunni, che non vediamo in presenza da fine febbraio e che abbiamo congedato a giugno attraverso uno schermo, attendono la scuola, i loro compagni, le nostre lezioni dal vivo e attendono perfino delle verifiche serie che confermino i loro progressi nell’apprendimento.

I nostri studenti aspettano la nostra voce, vogliono ritrovare il nostro sorriso, hanno bisogno di percepire ancora la nostra attenzione per ciascuno di loro, individualmente, non solo all’interno del gruppo classe e tantomeno come tassello di una schermata Google.

Ad ogni studente è mancata quella capacità, che l’insegnante ha in classe, di cogliere lo sguardo smarrito di chi non ha capito e non sa dirlo, la distrazione di chi non riesce a concentrarsi, la curiosità di chi vorrebbe approfondire ma non ha il coraggio di intervenire. I nostri studenti attendono di essere “visti”, senza filtri di telecamere, ascoltati, senza dover cliccare il microfono, attendono di essere notati e percepiti solo perché  “ci sono”, solo per il fatto di essere  in classe, con noi e di fronte a noi.

Non solo i nostri studenti ci stanno aspettando. Anche noi insegnanti stiamo aspettando i nostri studenti! Eccome! Ci sono mancati molto!
Come programmare seriamente e rimodulare in itinere le lezioni senza il riscontro quotidiano reale, che ci conferma o ci indica di rettificare ciò che stiamo proponendo?

Ci mancano le domande dei nostri studenti, soprattutto le più preziose, cioè quelle “ovvie”; ci servono le osservazioni dei ragazzi, i commenti, le associazioni di idee, anche quelle “assurde” – cioè quelle davvero creative e fuori moda –; ci occorrono le verifiche, anche quelle impegnative, sfide stimolanti per l’intelligenza, momenti di prova personale e autoverifica seria, come anche ci occorrono gli errori, i disastri, le cadute, le risposte in bianco.

Come possiamo altrimenti capire cosa spiegare meglio o cogliere i punti in cui sono necessarie nuove  strategie?

Aspettiamo tutti di poterci rivedere, di poterci incontrare ancora, dal vivo.

Ma per fare cosa? Al fondo cosa desideriamo fare insieme a scuola? Il che equivale a domandarci quale senso e quale valore abbia oggi per noi la scuola.

Desideriamo ripartire per continuare i passi del cammino che stavamo facendo.

La pandemia ha in qualche modo interrotto questo cammino, o per un verso ne è stata una tappa, ma ora il viaggio ha bisogno di riprendere nei suoi tratti fondamentali: la relazione umana, la comunicazione diretta, il legame e il rapporto quotidiano tra di noi, insegnanti, alunni, famiglie, dirigente e collaboratori scolastici.

Senza queste relazioni e senza legami umani continuativi non può realizzarsi un vero cammino di formazione, e non può esistere nemmeno alcuna istruzione seria o un vero apprendimento che interessi la persona, la sua crescita umana e le sue scelte di vita.

Concludo.

La scuola riparte se ciascuno di noi riparte.
Non si riparte in massa, non ripartono delle truppe, o delle marionette o delle mandrie.
A scuola si riparte con la libertà di ciascuno, con la fiducia data a ciascuno, con il rischio dell’iniziativa di ognuno che si gioca nella relazione con un altro.
La libertà, l’iniziativa e la relazione costituiscono l’anima della scuola.

“Vogliamo tornare a scuola!” dice il coro dei nostri ragazzi.
Un desiderio sommesso e sincero, a volte neanche pronunciato, rivolto a noi insegnanti da parte dei nostri studenti.
È come dire: Aiutateci voi a ritrovare la passione, il senso e la speranza che tutti ci stanno togliendo!

* docente di Tedesco al Liceo Linguistico “Mosè Bianchi” di Monza