La Sardegna a sinistra, un voto che indebolisce la Meloni
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Fratelli d’Italia voleva imporre un suo candidato al posto del leghista Solinas: una sconfessione di fatto dell'operato del governatore uscente che, però, equivale a farsi bocciare dagli elettori.
Ha certamente vinto la sinistra, sia pure di misura, ma ha perso soprattutto il centrodestra, sconfitto in primo luogo dall’arroganza di Fratelli d’Italia, che ha preteso di imporre un suo candidato governatore. Il voto in Sardegna fa registrare un successo schiacciante della sinistra, che riconquista la presidenza della Regione con la grillina Alessandra Todde. Il dato numerico non deve trarre in inganno. Il fatto che la Todde abbia vinto per una manciata di voti nulla toglie alla sua affermazione, considerato il fatto che Renato Soru, rancoroso ex governatore che ha deciso di candidarsi a presidente della Regione per conto suo, ha raccolto l’8% dei voti, tutti di sinistra, che altrimenti sarebbero andati alla Todde, rendendo più netta la sua vittoria.
Il centrodestra perde la guida di una regione che è stata amministrata per cinque anni da Christian Solinas, leghista. Una debacle cocente per Giorgia Meloni, che fin da subito si è opposta alla sua ricandidatura, sconfessando di fatto il suo operato. Gli elettori non sono così sprovveduti e hanno visto in questa mossa una bocciatura della gestione Solinas da parte della sua stessa coalizione. Se una coalizione boccia un suo governatore uscente, di fatto ammette di aver fatto male e quindi si dà la zappa sui piedi di fronte ai suoi elettori.
La sinistra, invece, ha dimostrato di avere le idee chiare fin dall’inizio puntando sulla Todde, deputata dei 5 Stelle, che evidentemente ha saputo interpretare meglio del suo avversario, Paolo Truzzu, di Fratelli d’Italia, le istanze del territorio. D’altronde ci voleva poco a capire che Truzzu fosse il candidato sbagliato per il centrodestra, visto che da sindaco di Cagliari era molto osteggiato dai suoi elettori. Nel capoluogo sardo la Todde ha raccolto tantissimi voti in più del primo cittadino uscente, a riprova del fallimento di quest’ultimo.
La beffa, quindi, è che Truzzu ha perso proprio perché ha amministrato male nella sua città. Una leader come Giorgia Meloni ha fatto un errore madornale a imporre la sua candidatura, senza ascoltare le istanze del territorio e della classe dirigente del centrodestra sardo, che domenica le ha presentato il conto nelle urne.
Sarebbe un errore se i leader del centrodestra minimizzassero gli effetti di questo voto, che è un vero e proprio campanello d’allarme. Già prima della debacle sarda, sommando nei sondaggi i voti di tutte le forze di sinistra emergeva una sostanziale parità con il centrodestra. Tuttavia la coalizione di centrodestra ostentava fiducia e ottimismo confidando nelle laceranti divisioni che caratterizzano Pd, Cinque Stelle, Italia Viva, Azione, +Europa, Rifondazione e altre sigle di sinistra su temi fondamentali come la politica estera e quella economica. Quello che è accaduto in Sardegna potrebbe realizzarsi quest’anno anche in altre regioni chiamate al voto e nelle quali l’atteggiamento prepotente dei colonnelli meloniani sta imponendo agli alleati leghisti e forzisti, in fase di definizione delle candidature, rinunce a governatori uscenti, come in Sardegna, o comunque cure dimagranti.
Il sospetto dei meloniani sardi è che i leghisti abbiano fatto il voto disgiunto, cioè abbiano fatto votare per i propri candidati consiglieri ma contemporaneamente per un candidato governatore diverso da Truzzu, quindi la Todde o Soru. In effetti il centrodestra in Sardegna ha preso un 4% in più dei voti raccolti dal candidato governatore Truzzu. Guarda caso, la Lega ha raccolto proprio il 4% dei voti. Resa dei conti nel centrodestra? Può essere. Di certo la Meloni esce indebolita da questo voto, che pure non avrà effetti nazionali eclatanti. Il governo è solido perché le opposizioni non sono unite su base nazionale. Certo è che se Pd e Cinque Stelle trovassero un federatore in grado di attrarre anche le forze dell’ex Terzo Polo, il centrosinistra potrebbe impensierire non poco un centrodestra solo apparentemente unito, ma in realtà pervaso da enormi tensioni interne.
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