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EX URSS

La Russia non invaderà l'Ucraina. Ecco perché

Benché dal dicembre scorso l’Amministrazione Biden, le 17 agenzie d’intelligence americane e il Pentagono continuino a lanciare allarmi per l’imminente invasione russa dell’Ucraina, le ipotesi che Vladimir Putin ordini la conquista dell’ex repubblica sovietica restano remote se non addirittura fantapolitiche.

Esteri 15_02_2022 English
Carri russi nelle manovre

Benché dal dicembre scorso l’Amministrazione Biden, le 17 agenzie d’intelligence americane e il Pentagono continuino a lanciare allarmi per l’imminente invasione russa dell’Ucraina, l’ipotesi che Vladimir Putin ordini la conquista dell’ex repubblica sovietica restano remote se non addirittura fantapolitiche.

Il reiterato allarmismo statunitense sembra obbedire più ai ritmi imposti dalla propaganda, non senza effetti ridicoli: a dicembre Washington riteneva inevitabile un attacco a gennaio, poi slittato a febbraio,9 poi addirittura dopo la fine delle Olimpiadi Invernali di Pechino (un omaggio di Putin a Xi Jinping), fino a qualche giorno or sono, quando le solite fonti d’intelligence americane ci hanno svelato che le truppe russe sarebbero pronte al 70% per invadere l’Ucraina. Mosca, che non ha mai minacciato di invadere l’Ucraina, non ha alcun interesse a muovere le sue truppe verso Kiev né verso altri stati limitrofi ma, anzi, ha sempre smentito con forza tale ipotesi ventilata in Occidente. Paradossale accusare i russi di schierare 100 mila militari sul proprio territorio o nella vicina e alleata Bielorussia per esercitazioni quando migliaia di militari americani ed europei sono schierati (e altri ne stanno affluendo) presso Repubbliche Baltiche, Polonia, Romania o Bulgaria. Inoltre centinaia di consiglieri militari statunitensi, britannici, canadesi e polacchi sono oggi al fianco dell’esercito di Kiev, che non fa parte della NATO ma riceve consistenti aiuti militari dall’Occidente.

Invadere una nazione europea di 44 milioni di abitanti, dei quali un quarto con la doppia cittadinanza russa-ucraina, avrebbe costi finanziari proibitivi, per non parlare delle perdite militari e dei successivi costi d’occupazione. La popolazione ucraina è forse la più povera d’Europa e Mosca dovrebbe farsene carico occupando una nazione priva di risorse e che andrebbe presidiata da centinaia di migliaia di militari e poliziotti. Per i russi si tratterebbe di un’operazione ben diversa dall’inviare qualche migliaio di militari e qualche decina di aerei ed elicotteri in Siria in aiuto a Bashar Assad.

I costi militari e finanziari dell’invasione e prolungata occupazione dell’Ucraina con le sanzioni internazionali che verrebbero sollecitate da USA e NATO e il blocco definitivo dell’export di gas in Europa, non sono compatibili con la strategia di Mosca né con le sue risorse economiche. Il PIL russo è pari a quello della Spagna e Mosca spende per la difesa meno di un settimo degli Stati Uniti e un dodicesimo dell’intera NATO, ma ciò nonostante i russi chiedono di veder riconosciute le esigenze legate alla sicurezza dei confini occidentali.

Benché gli anglo-americani e tutti gli stati membri della NATO abbiano escluso l’invio di propri soldati in Ucraina in caso di invasione russa, è sufficiente confrontare una mappa d’Europa del 1990 con una di oggi per rilevare che, dalla caduta dell’URSS e dallo scioglimento del Patto di Varsavia, non sono stati i russi ad avanzare verso il Reno ma è la NATO che si è espansa ad est fino ai confini russi, minacciando inoltre di inglobare due nazioni ex sovietiche come Ucraina e Georgia. Sviluppi inaccettabili per la Russia, che già da anni contesta, non senza fondate ragioni, le basi missilistiche americane in Polonia e Romania: esse dovrebbero difendere l’Europa dalla minaccia dei missili balistici iraniani, ma in realtà impiegano lanciatori verticali in grado di ospitare missili da crociera capaci di raggiungere Mosca in pochi minuti di volo.

Mosca quindi non vuole la guerra ma, in futuro, l’adesione dell’Ucraina alla NATO o lo schieramento di truppe da combattimento americane e alleate sul suolo ucraino lascerebbero ben poche alternative alla Russia.

In simili circostanze, il cui concretizzarsi non sarebbe certo nell’interesse dell’Europa, i russi potrebbero valutare un’offensiva fino al fiume Dnepr, confine naturale tra l’Ucraina Occidentale e Orientale, con l’obiettivo di guadagnare profondità strategica e allontanare di qualche centinaio di chilometri la NATO da Mosca (la capitale russa dista 500 chilometri dal confine ucraino). 

L’opzione bellica forse più credibile è però legata al rischio di un attacco ucraino che, con l’aiuto della NATO, cercasse di riconquistare le province ribelli del Donbass. La risposta di Mosca sarebbe inevitabile, forse su scala limitata, ma che potrebbe non limitarsi a respingere le truppe di Kiev puntando a conquistare Mariupol, sul Mare d’Azov, per conseguire una continuità territoriale tra il Donbass e la Crimea annessa alla Russia nel 2014.

Improbabile però che il governo di Kiev, dove sta montando l’insofferenza per le pressioni propagandistiche di Washington che soffiano sulla crisi il cui conto lo pagano in primo luogo gli ucraini, offra a Mosca un pretesto per ampliare i territori ucraini in mano ai ribelli filo-russi. Uno sviluppo militare che minerebbe anche la residua credibilità militare e la tenuta politica della NATO, reduce dalla bruciante sconfitta subita dai talebani in Afghanistan, umiliando anche la Ue, incapace di far fronte alla grave crisi ai suoi confini orientali.