La minaccia jihadista in Italia, ecco il rapporto dell'intelligence
L'Italia non è immune alla minaccia jihadista, anche se finora non è stata colpita da attentati. In Europa sono raddoppiati gli attacchi di terroristi islamici nel 2024 rispetto all'anno precedente. Medio Oriente e Africa, i due catalizzatori.

Nel 2024 in Europa sono stati compiuti 12 attentati di matrice islamista, il doppio che nel 2023. Oltre metà sono conseguenza dell’attacco di Hamas a Israele il 7 ottobre 2023 e della successiva offensiva israeliana nella Striscia di Gaza. È quanto emerge dalla Relazione annuale 2025 sulla politica dell’informazione per la sicurezza curata dal Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e presentata il 4 marzo al Parlamento.
Si è trattato di attentati compiuti quasi tutti da individui che avevano meno di 30 anni, in certi casi anche minorenni, e messi a segno per lo più con armi bianche e, in misura minore, con armi da fuoco e ordigni esplosivi. Nove erano diretti contro bersagli israeliani ed ebraici. «Tramite una propaganda costruita ad arte – si legge nella relazione – al Qaida e Daesh (lo Stato Islamico) hanno sfruttato la crisi mediorientale per ispirare soprattutto i giovani, in alcuni casi persino in età adolescenziale, già presenti in territorio europeo e spesso privi di legami diretti con le organizzazioni jihadiste, a compiere attacchi».
Tra i gruppi del jihad sunnita, la relazione sottolinea la presenza dell’Islamic State Khorasan Province, (Isis-K) il ramo afghano dell’Isis attivo soprattutto in Asia centrale e meridionale. Molti dei suoi affiliati hanno raggiunto l’Europa percorrendo la rotta balcanica dell’emigrazione illegale. La loro presenza è considerata estremamente allarmante perché, a differenza di altre formazioni, l’Isis-K non ha una struttura gerarchica vera e propria. I suoi combattenti – spiega l’intelligence – sono soggetti locali, autonomi e auto-radicalizzati, con profili non omogenei: un insieme di caratteristiche che ne rendono più difficile l’individuazione. Presenti e attivi in Europa tanto da costituire anch’essi una seria minaccia alla sicurezza sono i jihadisti sciiti rappresentati in particolare da gruppi quali Hezbollah e le milizie Houthi controllati a diversi livelli dall’Iran.
Per quanto riguarda l’Italia, la relazione pone l’accento sul fatto che il nostro paese «continua a costituire oggetto di attenzione da parte della propaganda jihadista, in virtù della sua centralità nel mondo cristiano, del suo impegno nella Coalizione anti-Daesh e della presenza, sul territorio nazionale, di luoghi simbolo della cultura e della storia occidentale». Inoltre la posizione filo israeliana assunta dall’Italia accresce l’ostilità nei confronti del nostro paese. Strumento fondamentale di propaganda, di reclutamento e di incitamento a compiere atti violenti è il web, sul quale quindi l’intelligence esercita una costante attività di monitoraggio. Nel caso dell’Italia va considerato un ulteriore fenomeno allarmante: la giovane età di molti degli individui monitorati, accomunati da «una marcata fascinazione per la violenza, la scarsa o assente preparazione religiosa e la presenza, in diversi casi, di problemi relazionali e vulnerabilità psicologiche». Tutto questo, ammonisce l’intelligence, delinea «una fisionomia della minaccia in continua evoluzione». In effetti è proprio questo il profilo dei responsabili degli atti gravi di violenza ricorrenti: aggressioni gratuite, di persone disadattate, auto emarginate, ostili e sprezzanti nei confronti dell’Italia e degli italiani.
La situazione delineata dall’intelligence è preoccupante. Lo diventa ancora di più se si considera il globale acuirsi e moltiplicarsi dei conflitti. Nel presentare la relazione, Alfredo Mantovano, segretario del Consiglio dei Ministri, ha ricordato che nel mondo oggi si combattono più di 50 conflitti, il doppio che nel 2020, senza contare le cosiddette guerre ibride. Allo scenario internazionale è dedicata la prima parte della relazione dell’intelligence.
Un capitolo riguarda l’andamento della guerra iniziata nel 2022 con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Altri capitoli si occupano della crescente instabilità alle porte dell’Europa e dei conflitti più lontani che tuttavia in modi e misura diversi coinvolgono anch’essi il continente, creando tensioni sul piano geopolitico, problemi di sicurezza, impatti negativi in ambito economico. Il Medio Oriente è l’area che interessa più direttamente l’Europa. La relazione analizza la situazione creatasi in Siria dopo la fine del regime di Assad. «Il successivo cambio di governo – sottolinea – rappresenta un evento dalla significativa valenza geopolitica in quanto pone potenzialmente il Paese fuori dalla sfera di influenza iraniana, oltre a comportare incognite sulla permanenza nel territorio delle basi russe, rilevanti per le proiezioni di Mosca verso il Mediterraneo e l’Africa».
Per le possibili ripercussioni in Italia e in Europa, la relazione dell’intelligence si occupa inoltre di due conflitti che si combattono in Africa subsahariana: in Sudan, da due anni fa, che ha scisso il paese in due, registra livelli di violenza estremi e ha determinato una emergenza umanitaria di proporzioni insostenibili; e tra la Repubblica democratica del Congo e il Rwanda, riaccesosi nel 2021, che potrebbe coinvolgere altri paesi africani come è già successo in passato. Altro fattore di instabilità in Africa, il cui impatto va molto oltre i confini del continente, è la presenza crescente di gruppi jihadisti legati ad al Qaeda e all’Isis. «Ulteriore fattore di complessità – spiega la relazione – è costituito dall’aumento del livello di interconnessione tra varie organizzazioni terroristiche ‘sorelle’ attive in quadranti diversi del continente africano, dinamica che facilita la mobilità di combattenti e il trasferimento di armi lungo due direttrici, quella nord-sud (verso la Libia) e quella est-ovest (in direzione della Somalia)».