Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
A ROMA

La lettera di Wojtyła sull’amico seminarista ucciso dai nazisti

Una nuova preziosa reliquia è custodita da alcuni giorni nella basilica romana di San Bartolomeo all’Isola, santuario dei “Nuovi Martiri” del XX secolo: si tratta della lettera autografa di Karol Wojtyła ai familiari di Szczęsny Zachuta, suo compagno negli anni del seminario clandestino di Cracovia. Zachuta, che aiutava gli ebrei, fu catturato e infine fucilato dai nazisti.

Ecclesia 23_06_2022
Lettera di Wojtyła a familiari di Zachuta (foto Redzioch)

Mercoledì 15 giugno, nella basilica di San Bartolomeo all’Isola, si è svolta una commovente cerimonia di consegna di una preziosa memoria di san Giovanni Paolo II, che ha arricchito quella basilica, santuario dei “Nuovi Martiri” del XX secolo: si tratta di una lettera autografa del 1958 (in alto nella foto di W. Redzioch) indirizzata dall’allora vescovo ausiliare di Cracovia alla madre e al fratello di Szczęsny Zachuta, collega di Karol Wojtyła negli anni del seminario clandestino, arrestato e fucilato dalla Gestapo nel 1944.

La cerimonia, organizzata dal rettore della basilica, don Angelo Romano, è stata presieduta dall’arcivescovo Jan Romeo Pawłowski, segretario per le Rappresentanze Pontificie; hanno partecipato i familiari di Szczęsny e i rappresentanti della Comunità di Sant’Egidio, compreso il fondatore Andrea Riccardi. Per Sant’Egidio ricevere un ricordo della vita di san Giovanni Paolo II è stato un grande onore: è stato proprio Papa Wojtyła che affidò, nel 1993, la basilica alla Comunità e volle che fosse un luogo di memoria ecumenico dei martiri dei nostri tempi.

La storia del Cristianesimo è una lunga scia di martirio che dura da venti secoli. In ogni epoca, in qualche angolo della terra, gli uomini e le donne vengono perseguitati e uccisi per il solo fatto di essere seguaci di Cristo e di voler vivere secondo il Vangelo. Il XX secolo ne è la prova lampante. Nel Grande Giubileo del 2000, il 7 maggio, Giovanni Paolo II disse al Colosseo: “L’esperienza della Seconda Guerra Mondiale e degli anni successivi mi ha portato a considerare con grata attenzione l’esempio luminoso di quanti, dai primi anni del Novecento sino alla sua fine, hanno provato la persecuzione, la violenza, la morte, per la loro fede e per il loro comportamento ispirato alla verità di Cristo. E sono tanti! La loro memoria non deve andare perduta, anzi va recuperata in maniera documentata”.

Per recuperare tale memoria il Papa polacco istituì la Commissione “Nuovi Martiri” auspicando il carattere ecumenico di tale ricerca, perché convinto dell’importanza dell’“ecumenismo del martirio”. Negli anni 1999-2000 la Commissione voluta da Giovanni Paolo II aveva la sua sede negli ambienti attigui alla basilica, nel cuore di Roma, di San Bartolomeo all’Isola. Per non lasciare soltanto agli storici queste luminose testimonianze di fede, il Papa volle che la basilica romana - che già conservava le reliquie dell’Apostolo Bartolomeo e di sant’Adalberto di Praga, martire del X secolo, molto venerato in Polonia con il nome di “Wojciech” - diventasse santuario di questi nuovi martiri. La proclamazione fu solennemente celebrata il 12 ottobre 2002, alla presenza dei cardinali Ruini, Kasper e George, e del patriarca della Chiesa ortodossa rumena, Teoctist: in quell’occasione fu posta sull’altare maggiore una grande icona dedicata ai testimoni della fede del XX secolo. Nelle cappelle laterali, tre per ogni lato, furono collocate memorie e croci dei nuovi martiri, secondo la “chiave” geografica o ideologica: nella prima cappella a destra si ricordano i testimoni dell’Asia, dell’Oceania e del Medio Oriente; nella seconda, delle Americhe; nella terza, le vittime dei regimi comunisti. Invece, le cappelle della navata sinistra sono dedicate ai testimoni della fede in Africa, la prima; in Spagna e Messico, la seconda; alle vittime del regime nazista, la terza.

Dal 15 giugno 2022, come accennato, nel pantheon all’Isola Tiberina si trova la lettera autografa di Karol Wojtyła ai familiari di Szczęsny Zachuta.

Negli anni 1939-1945 la Polonia fu occupata dalle truppe tedesche e i seminari non potevano funzionare. Sebbene a Cracovia esistesse un seminario teologico, esso si stava “estinguendo”, poiché l’invasore non permetteva l’ammissione di nuovi candidati al sacerdozio. In questa situazione, l’arcivescovo Adam Stefan Sapieha, preoccupato per il futuro della Chiesa nella sua arcidiocesi, prese la decisione coraggiosa di organizzare l’insegnamento clandestino per i nuovi seminaristi: nel 1942 dieci candidati furono accettati per il primo anno di studi, tra cui Karol Wojtyła e Szczęsny Zachuta. Ovviamente i seminaristi dovevano usare gli abiti normali, vivevano con i genitori o nelle parrocchie, spesso svolgevano vari lavori, di solito un lavoro manuale. Wojtyła lavorava nelle cave della fabbrica Solvay, invece Zachuta lavorò in una piccola vetreria. Ma il seminarista Szczęsny fu impegnato anche in un’organizzazione clandestina polacca che, tra le altre attività, aiutava costantemente gli ebrei. Purtroppo, fu arrestato il 13 aprile 1944 e morì fucilato il 6 giugno 1944.

Giovanni Paolo II così ricorda il suo compagno di seminario nel libro Dono e Mistero: “Il luogo della mia ordinazione fu la cappella privata degli arcivescovi di Cracovia. Ricordo che durante l’occupazione vi andavo spesso di mattina per fare da ministrante al Principe Metropolita durante la Santa Messa. Ricordo anche che per un certo periodo veniva con me un altro seminarista clandestino, Szczęsny Zachuta. Un giorno egli non si presentò. Quando dopo la Messa passai da casa sua a Ludwinow (presso Debniki), seppi che durante la notte era stato prelevato dalla Gestapo. Subito dopo il suo cognome comparve nell’elenco dei polacchi destinati alla fucilazione. Venendo ordinato in quella stessa cappella che ci aveva visti tante volte insieme, non potevo non ricordare questo fratello nella vocazione sacerdotale che in altro modo Cristo aveva unito al mistero della sua morte e della sua risurrezione”.

Purtroppo, non si conosce il luogo della sepoltura di Szczęsny. Per questo motivo i suoi nipoti hanno chiesto che la lettera sia custodita nella basilica di San Bartolomeo, che “diverrebbe la sua tomba simbolica in un luogo speciale, dedicato alla memoria dei martiri del XX secolo dal suo amico Giovanni Paolo II”. Ecco la traduzione della lettera di mons. Karol Wojtyła che, dal 15 giugno, si trova su uno degli altari della basilica:

“Gentile Signora e caro Reverendo! Sono sinceramente commosso dalla lettera della madre e del fratello del compianto Szczęsny, il mio amico più caro durante gli studi teologici clandestini. Lavoravo allora come operaio alla Solvay e mi incontravo spesso con Szczęsny, il più delle volte in chiesa e dal compianto Jan Tyranowski, che di entrambi è stato la guida spirituale. Mi ricordo bene di lei e di sua sorella: vi ho visitato più di una volta. In quegli anni la terribile crudeltà dell’occupante ha portato via Szczęsny a tutti noi. Oggi, quando Nostro Signore mi ha permesso di giungere alla pienezza del sacerdozio qui sulla terra, non posso non ricordare il mio fratello più caro, la cui strada verso il sacerdozio venne interrotta proprio all’inizio. Per questo vi sono tanto più grato per la lettera che mi avete scritto e per gli auguri in essa contenuti. In essi trovo il segno dell’intercessione del compianto Szczęsny. Dio vi benedica, + Karol Wojtyła, Vescovo”.

Va ricordato che nel santuario dei nuovi martiri all’Isola Tiberina si trovano già altre reliquie e ricordi di polacchi: san Massimiliano Kolbe (martire ad Auschwitz), la beata Karolina Kózkówna (martire, detta “la Maria Goretti polacca”, è patrona dei movimenti e delle associazioni della gioventù polacca), il beato Stanisław Starowieyski (vittima del nazismo nel campo di concentramento di Dachau), il beato padre Jerzy Popiełuszko (cappellano di Solidarnosc e martire del comunismo), i beati Michał Tomaszek e Zbigniew Strzałkowski (due giovani frati missionari uccisi nel 1991 in Perù dai guerriglieri maoisti) e i beati: mons. Michal Kozal (vescovo), don Wincenty Matuszewski e don Józef Kurzawa, tutti e tre martiri durante la Seconda Guerra Mondiale.