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GUERRA IN EUROPA

La guerra di informazione: meglio non censurare i media russi

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Censurare i media russi, da parte dell'Ue, è un provvedimento tardivo, inefficace e controproducente: è meglio sapere che cosa dicono i russi. Anche per non farci troppe illusioni.

Esteri 12_07_2024
Putin rilascia un'intervista a Rossiya Segodnya (La Presse)

L’intervento di Gianandrea Gaiani del 29 giugno scorso “La guerra dei media: rappresaglia russa contro i divieti Ue” illustra in modo impietoso l’impreparazione occidentale a sostenere lo scontro con la Russia nella guerra di informazione. Laddove non c’è di che scandalizzarsi se, da una parte e dall’altra, si ricorre alla menzogna e alla reticenza. Pare che sia stato il cinico quanto geniale Winston Churchill a coniare questo aureo aforisma: «In tempo di guerra, la verità è così preziosa che dovrebbe sempre essere circondata da un muro di bugie».

Questa verità è stata ben compresa dalla propaganda russa da molto tempo, combattendo la propria battaglia come sa e vuole fare: un campo in cui i russi hanno un’esperienza e una duttilità di molto superiore a quella prettamente militare. A fronte di questa “professionalità” l’Europa ha censurato siti ufficiali come Ria Novosti, Izvestia e Rossyskaya Gazeta il 17 maggio scorso mentre, in occasione delle elezioni europee, i social erano aperti a qualsiasi propaganda russa (denominazione in codice: Doppelganger). Secondo Paul Bouchaud, ricercatore presso EHESS e AI Forensics; «Solo la scorsa settimana (metà aprile 2024), Meta (provider di Facebook e Instagram) ha approvato quasi 100 annunci filo-russi e li ha visualizzati a oltre 1,5 milioni di account in Europa. Più di 40 milioni di account sono stati esposti da agosto. Se siamo in grado di rilevare l’attività di Doppelganger in tempo reale, anche Meta dovrebbe. In qualche modo, una società delle dimensioni di Meta non riesce a rilevare prontamente campagne pubblicitarie politiche segrete: per essere chiari, semplicemente non ci hanno provato abbastanza». 

Ma i cittadini europei non devono temere nulla perché su di loro vigila la Commissione Europea. La quale, il 30 aprile 2024, capeggiata da Ursula von der Leyen, è scesa in guerra contro la propaganda russa, aprendo una formale procedura per accertare se META abbia violato la DSA (Digital Services Act). Tutto questo dopo due anni di guerra in Ucraina! Una reattività davvero encomiabile, paragonabile a quella di Joe Biden o a quella della nazionale italiana di calcio!

Non paghi di aver chiuso la porta di servizio lasciando aperti i portoni, i leader dell’UE si sono pure scandalizzati quando Putin ha scatenato l’inevitabile e logica rappresaglia imponendo restrizioni a 81 media europei.

C’è davvero di che restare scoraggiati, specie ove si pensi che, durante la Guerra Fredda, i media sovietici non venivano censurati, essendo fonti di preziose “Non-informazioni”. Era di quei tempi una barzelletta (russa) sui principali giornali sovietici, “Pravda” (verità) e “Izvestija” (notizie) che suonava pressappoco così “Sulla “Pravda” non ci sono mai “izvsetija” e sull’”Izvestija” non c’è mai una “Pravda”. Anche adesso le fonti russe sparano balle (ed è giusto sia così) ma fanno anche da portavoce al pensiero di Putin e dei suoi collaboratori, restando colpevolmente ignorati dall’opinione pubblica occidentale. C’è, per esempio, una intervista imperdibile del 12 marzo scorso in cui Putin getta la maschera pacifica che tanto ci affascina e dice come la pensa davvero.

«Siamo pronti per negoziare? Certo che lo siamo. Non siamo affatto pronti per colloqui che siano basati su un certo tipo di pio desiderio (wishful thinking) che derivi dall’uso di droghe psicotrope, ma siamo pronti per colloqui basati sulla realtà che si è determinata, come si dice, sul campo». E più avanti: «Per noi negoziare adesso, solo perché loro hanno finite le munizioni è ridicolo». In effetti, è difficile non condividere questo punto di vista, specie quando Putin parla dell’Occidente: «Queste persone (i leader occidentali) sono pericolosi perché è più facile manipolare la gente che è guidata da necessità basilari. Ti ricordi cosa dicevano i nostri antenati? Che cos’è la felicità quotidiana? Essere sazi, ubriachi e col naso nel tabacco. Giusto? È più facile trattare queste persone quando sono piene e ubriache, insomma se hanno mangiato abbastanza. ‘Col naso nel tabacco’ significa che hanno usato tabacco da fiuto. Oggi è meglio dire ‘col naso nella cocaina’. Comunque è la stessa cosa perché questa gente è più facile da trattare. Per le persone più intelligenti è diverso. Queste sono più pericolose perché loro influenzano le menti delle persone anche nella nostra società. Esse offriranno i propri desideri come una sorta di esca [lures] per noi. Tu [l’intervistatore], l’hai già enfatizzato quando mi hai chiesto sulla possibilità di una negoziazione. Ma questa è la radice del dissenso all’interno della società occidentale. Questo è chiaro, lo possiamo vedere. Non causeremo divisioni. Ci riusciranno benissimo da soli. In ogni caso, senza dubbio, faremo sì che i nostri interessi siano soddisfatti».

Censurare i siti russi, quindi, è una colossale idiozia che risponde perfettamente al desiderio nascosto di ogni buon cittadino dell’evoluto e civilizzato occidente: infischiarsene altamente di tutto ciò che succede dall’altra parte della barricata così da potersi dedicare alla visione dell’ultima serie Tv. Perché a chi frega qualcosa della diciottenne Daria Kozyreva, incarcerata per aver diffamato l’esercito russo e per estremismo? Kozyreva, lo scorso febbraio, aveva commesso un atto imperdonabile: deporre dei fiori e una poesia davanti alla statua del poeta ucraino Taras Shevchenko. Ora è nel carcere Arsenalka in attesa di giudizio.

E che dire di Oleg Orlov, co- presidente dell’associazione Memorial (il cui obbiettivo è ricordare le vittime dello stalinismo)? Orlov è stato condannato a due anni e mezzo per “reiterato discredito dell’esercito russo” ossia per aver condannato l’invasione russa dell’Ucraina.

E perché parlare di Vladimir Kara Murza? In fondo è stato condannato a 25 (venticinque) anni di carcere per aver criticato la guerra in Ucraina nonostante, il 10 ottobre 2023, fosse stato insignito del premio “Václav Havel per i diritti umani”

Orbene, è pur vero che la censura esiste anche in Ucraina e l’organizzazione Reporter sans Frontiéres ha più volte denunciato la pressione contro i media indipendenti da parte del governo di Kyiv. La stessa organizzazione, tuttavia, stila annualmente una classifica della libertà di stampa i cui esiti sono puramente indicativi. Il giudizio di RSF riguarda 180 paesi, da quelli con la stampa più libera (Norvegia 1° posto) all’Eritrea (180°) con paesi come l’Italia al 46° posto e gli Stati Uniti precipitati al 55°. Gli indicatori adottati sono di tipo politico, economico, legislativo, socioculturale e di sicurezza, laddove, per esempio, quello socioculturale riguarda problematiche relative ad etnia e gender. Se si guarda solo all’indicatore politico non sorprende vedere la Russia al 166° posto con Cina (168° posto) e Corea del Nord (169°) mentre desta una notevole sorpresa (e anche un bel po’ di dubbi), vedere l’Ucraina passare dal 65° posto del 2023 al 39° del 2024, tenendo conto delle denunce sopra citate.

In definitiva, la censura dei siti russi alimenta solo l’ignoranza e la debolezza occidentale, ponendo, ultimamente, le basi della propria sconfitta. Ben altro insegnamento ci era stato lasciato da Aleksandr Solzhenitsin. «Anche se la menzogna ricopre ogni cosa, anche se domina dappertutto su un punto siamo inflessibili: che non domini con la mia collaborazione!» Ed è questo il compito di ciascuno di noi, autore o lettore.