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Ora di dottrina / 123 – La trascrizione

La grazia "gratum faciens" – Il testo del video

La grazia gratum faciens, o santificante, è la grazia che ci rende graditi a Dio. Il suo effetto è quello di unirci alla comunione dei santi. La differenza con la grazia gratis data. Grazia operante e grazia cooperante. Grazia preveniente e susseguente.

Catechismo 07_07_2024

Continuiamo i nostri incontri sulla grazia. La volta scorsa abbiamo visto che cos’è costitutivamente la grazia, l’essenza della grazia. Oggi vediamo un’importante distinzione all’interno della grazia, che completeremo con la lezione della prossima domenica.

A ben vedere, abbiamo già introdotto diverse distinzioni della grazia. Abbiamo parlato per esempio di grazia increata e grazia creata. Che cos’è la grazia increata? È la presenza di Dio stesso nell’anima. La grazia creata, invece, è proprio quella partecipazione alla vita divina che Dio pone nell’anima creando in lei una qualità ben precisa, quella che è chiamata deificazione o anche santificazione.

Abbiamo già visto più volte anche un’altra distinzione della grazia, quella tra la grazia elevante e la grazia sanante o medicinale. Che cosa sono? La grazia elevante è la grazia vista in quella che è la sua funzione essenziale, che è appunto quella di elevare la nostra natura al di sopra di sé stessa e dunque porla in una “proporzione” con Dio, in un’amicizia con Dio. La grazia sanante o medicinale riguarda quegli effetti che la grazia ha sulla nostra natura: la grazia guarisce la natura umana nelle sue ferite ereditate, causate dal peccato originale. Abbiamo visto che la grazia risana l’intelligenza, la volontà, aiuta a riporre ordine nelle nostre facoltà e dunque è un argine contro la concupiscenza, eccetera.

Una terza distinzione che già abbiamo fatto diverse volte è quella tra grazia abituale, grazia attuale e virtù infuse. La grazia abituale è la grazia che risiede nell’anima, una qualità dell’anima sopraggiunta: la grazia santificante. È l’anima stessa che muta, che acquisisce una qualità – quella di essere deificata, santificata – che eccede la sua essenza naturale. La grazia attuale, invece, è la mozione che la grazia di Dio opera in noi. Quando Dio ci attrae interiormente, ci muove al bene, ci dà delle luci, sono delle grazie attuali, sopraggiunte per aiutarci, sostenerci, guidarci.

Le virtù infuse, come abbiamo visto, sono le virtù teologali e le quattro virtù cardinali: le virtù teologali, ovviamente, sono sempre infuse; le virtù cardinali infuse, invece, hanno un corrispettivo nelle virtù cardinali propriamente umane che permettono all’uomo di vivere secondo questa natura sopraggiunta, questa elevazione.

Queste distinzioni, relative alla grazia, non sono artificiose, semplicemente indicano delle prospettive diverse, delle dinamiche diverse della grazia.

C’è un’altra distinzione, che viene introdotta nella quæstio 111 della I-II della Somma Teologica. Siamo sempre nel trattato di san Tommaso sulla grazia. E questa volta, nella quæstio 111, la distinzione che viene introdotta è quella tra la grazia gratum faciens e la grazia gratis data. Non facciamoci spaventare dalla terminologia, che in realtà è molto semplice. Gratum faciens vuol dire che “rende graditi”, che “pone in grazia”. Gratis data è invece quella data in modo gratuito. Uno potrebbe dire: “La grazia è sempre gratuita”. È vero, ma quando parleremo di gratis data vedremo esattamente che cosa intendiamo.

Dunque, iniziamo la lettura dell’art. 1 della quæstio 111. San Tommaso dice: «C’è una grazia che ricongiunge l’uomo direttamente a Dio ed è la grazia gratum faciens o santificante. C’è poi un’altra grazia mediante la quale un uomo aiuta l’altro a tornare a Dio. E questo dono viene chiamato grazia gratis data, poiché si tratta di una facoltà superiore alla natura e ai meriti personali. Non venendo però concessa per la santificazione di chi la riceve, ma affinché uno cooperi alla santificazione altrui, non viene chiamata grazia santificante» (I-II, q. 111, a. 1).

Il testo è chiaro. Che differenza c’è tra la grazia gratum faciens e la grazia gratis data? La grazia gratum faciens, come dice l’espressione latina che ho già tradotto, è la grazia che ci rende graditi a Dio, è la grazia che ci santifica, ci fa santi; non canonizzati, ma santi in quanto risiede in noi la grazia santificante, la grazia abituale. È la grazia che appunto ci trasforma interiormente rendendoci graditi a Dio, ci deifica. E dunque questa è la grazia diretta alla persona che la riceve e che in qualche modo finisce nella persona che la riceve, non perché chiaramente non abbia effetti, ma perché il suo fine proprio è la santificazione della persona, l’elevazione della persona. Questa grazia chiaramente ha un effetto. Qual è l’effetto? Santificandoci, ci unisce alla comunione dei santi. Cioè, quest’opera di santificazione che avviene in noi e che ha la nostra anima come termine – come termine non in senso individualistico –, santificandoci, ci unisce e ci fa entrare nella comunione dei santi, nella comunione del Corpo mistico.

Invece, che cosa fa la grazia gratis data? È data, ci dice san Tommaso, «non per la santificazione di chi la riceve», non è un aumento della grazia santificante, non è un grado superiore di santificazione. Ci dice san Tommaso, essa è superiore alla nostra natura, per esempio il dono della profezia è qualcosa che oltrepassa la natura. Ma viene data non per la santificazione della persona, bensì per l’edificazione del Corpo mistico. In sostanza ci è data per aiutare altri a disporsi alla grazia santificante, oppure per confermare coloro che già hanno la grazia santificante o, in ogni modo, per aiutare il Corpo mistico quaggiù.

Il punto è molto importante. La prossima volta vedremo meglio questa sottolineatura, ma intanto rendiamoci conto di questa distinzione di base. Solo la grazia santificante, la grazia gratum faciens, santifica la persona. Le grazie gratis datæ – il dono della guarigione, il dono dei miracoli, il dono della profezia, il dono della scienza – non sono date direttamente per la santificazione della persona. E dunque non è che chi compie un miracolo è più santo di chi non lo compie, perché siamo nell’ordine delle grazie gratis datæ, quindi che non ineriscono alla santificazione della persona, ma all’edificazione del Corpo mistico che è la Chiesa. Questa è la grande distinzione.

Ora cosa faremo? In questa Ora di dottrina vedremo la grazia gratum faciens in altre sue divisioni interne molto importanti. La prossima volta vedremo un po’ più da vicino la grazia gratis data nelle sue articolazioni. E alla fine vedremo il rapporto tra le due, che di fatto abbiamo già un po’ accennato.

Se prendiamo l’art. 2 della quæstio 111, vediamo che san Tommaso introduce un’altra distinzione all’interno della grazia gratum faciens, cioè la grazia santificante. E riporta, nel sed contra, un testo di sant’Agostino: «Cooperando, Dio compie in noi quanto aveva iniziato operando. Poiché è Lui stesso a far sì che da principio noi vogliamo e a cooperare con coloro che vogliono, nella conclusione dell’opera». Vedete che in questo testo, tratto dal De gratia et libero arbitrio di sant’Agostino, san Tommaso introduce, citando questo grande Padre della Chiesa, due termini: cooperando e operando. «Cooperando, Dio compie in noi quanto aveva iniziato operando». E poi dice ancora: «è Lui stesso a far sì che da principio noi vogliamo e a cooperare con coloro che vogliono, nella conclusione dell’opera».

Operare, cooperare. Da qui la nuova distinzione tra grazia operante e grazia cooperante. Non facciamoci prendere dal panico: di nuovo si tratta di due aspetti dell’unico grande fiume della grazia. Due aspetti importanti, che ci permettono di puntualizzare un po’ meglio il discorso sulla grazia.

Che cos’è la grazia operante? La grazia operante è in sostanza quella grazia che ha Dio solo come operante. Cioè, è Dio solo che opera, a prescindere dalla cooperazione di colui a cui viene data la grazia, cioè dell’uomo. La grazia operante, potremmo dire, è la “grazia al quadrato”, è la grazia dove Dio solo opera. È di una gratuità pura, potremmo dire. Ora, quando avviene questo? Avviene in due grandi categorie.

La prima è la mozione interna della volontà: cioè, che la volontà venga attratta al bene, che venga distolta dal male e venga attratta da Dio stesso, questa è un’opera esclusiva di Dio. Noi non facciamo nulla sotto questo punto di vista, se non ricevere questa grazia. Dunque, il primo passo, di muoverci interiormente, di attrarci e illuminarci interiormente è un’opera esclusiva di Dio. Questo sul versante della grazia attuale.

Sul versante della grazia abituale, della grazia come abito, questa grazia ci viene data e opera la nostra giustificazione. Che cos’è la giustificazione? Non è quella che si fa a scuola, quando si è assenti o non abbiamo studiato… la giustificazione è l’opera con cui Dio ci rende giusti, ci rende grati: gratum faciens. L’opera della giustificazione è il fatto che Dio crea in noi questa nuova qualità dell’anima che ci eleva e ci rende a Lui graditi. Questa è l’opera della giustificazione, questa trasformazione interiore: questa è una grazia operante, cioè dove Dio non è solo l’origine, il che è vero per ogni tipo di grazia, ma dove è proprio Lui che fa tutta l’opera. Noi non possiamo dire di aver contribuito alla nostra giustificazione nel senso pieno del termine che abbiamo appena riferito. Il che non significa che l’uomo non faccia nulla; ma adesso introduciamo l’altro aspetto della grazia che è appunto la grazia cooperante.

La grazia cooperante, come dice la parola stessa, è quella grazia che entra in sinergia, in cooperazione con l’azione umana o, se preferite, l’azione umana entra in cooperazione con la grazia. Questo lo abbiamo, per esempio, negli atti concreti, dove abbiamo la grazia che sostiene gli atti buoni, soprannaturali, che facciamo, perché rafforza la nostra volontà, perché ci dà gli aiuti necessari: concretamente, ogni atto buono che noi compiamo è sempre un atto che compiamo con la cooperazione della grazia. Il fatto che la grazia abituale in noi sia principio delle opere – di atti di fede, atti di speranza, atti di carità, atti di temperanza, eccetera – ci dice la sinergia tra la grazia di Dio e l’azione dell’uomo.

Dunque, riassumendo: vi sono degli atti – la mozione interiore e la giustificazione – che hanno solo in Dio il loro principio di operazione; ve ne sono altri, invece, in cui la grazia di Dio coopera con l’azione dell’uomo: supporta, dirige, aiuta l’azione dell’uomo, e parliamo dunque di grazia cooperante.

Faccio notare che non esiste la “terza categoria”, cioè la categoria delle sole azioni umane, perché le sole azioni umane non sono in grado di operare al livello soprannaturale della grazia. Dunque, questo è molto importante: tutto ciò che di buono si sviluppa in noi, le opere che nascono dalla vita divina in noi sempre hanno origine dalla grazia divina. O agisce essa sola: dunque il principio di mozione, il fatto di essere interiormente spinti, attratti al bene, illuminati, viene solo da Dio. La giustificazione stessa è opera di Dio. Ma anche quando ci sono le nostre azioni buone – e da qui nasce il principio del merito, come vedremo – tuttavia esse non sono mai senza la grazia, non sono mai disgiunte dalla cooperazione della grazia stessa. Dunque, vedete la nostra dipendenza radicale dalla vita divina nella vita soprannaturale, in particolare.

Un’altra distinzione che viene introdotta da san Tommaso la troviamo nell’art. 3. Siamo sempre sotto la grazia gratum faciens, la grazia santificante, che abbiamo distinto dalla grazia gratis data. All’interno della grazia santificante, abbiamo visto la distinzione tra grazia operante e grazia cooperante. Adesso ne introduciamo un’altra, che è quella tra grazia preveniente e grazia susseguente: non è difficile, ma prima bisogna avere chiaro un concetto.

San Tommaso, nell’art. 3, introduce cinque effetti della grazia. «Innanzitutto [la grazia] fa sì che l’anima venga risanata. Secondo, che voglia il bene. Terzo, che possa compiere efficacemente il bene voluto. Quarto, che perseveri nel bene. Quinto, che raggiunga la gloria» (I-II, q. 111, a. 3). Cioè, l’azione della grazia divina in noi, in generale, che sia operante o cooperante, opera con cinque effetti che sono ordinati tra loro. Prima di tutto, cosa fa la grazia? Produce il risanamento dell’anima: l’anima viene risanata ed elevata. Quest’anima risanata, a questo punto, può volere il bene; parliamo del bene soprannaturale, non di un qualsiasi bene. L’anima che vuole il bene lo può compiere. L’anima che compie il bene, con l’aiuto della grazia, può perseverare nel bene: non solo compierlo una tantum, ma perseverare nel bene. Ultimo, l’anima che persevera nel bene perviene alla gloria. Quindi, sono cinque effetti che la grazia opera.

Ora, se è abbastanza chiaro questo, noi comprendiamo che ognuno di questi effetti è legato al precedente e al seguente. Cioè, io non posso perseverare nel bene se non compio il bene; così come, se persevero nel bene, ecco che pervengo alla gloria. Dunque, ognuno di questi ha un effetto della grazia che lo precede e ha una conseguenza che deriva da sé stesso, tranne ovviamente gli estremi, perché il primo estremo – cioè il risanamento dell’anima – chiaramente non proviene da altro, però ha invece qualcosa che lo segue; il pervenire alla gloria ha passaggi che lo precedono, ma non ha nulla che gli segue, perché è il coronamento dell’opera della grazia.

Detto questo, è facile capire a questo punto cosa sia la grazia preveniente e la grazia susseguente. Preveniente è la grazia che è principio della successiva; previene. E dunque il risanamento della nostra anima sarà preveniente rispetto al volere il bene. Volere il bene, a sua volta, sarà preveniente rispetto a compierlo. Compiere il bene sarà preveniente rispetto a perseverare in esso. E così via. Susseguente è invece quella grazia che suppone la precedente. Volere il bene è susseguente al risanamento dell’anima.

E dunque, in questo passaggio, ciascuna grazia, tranne gli estremi, è preveniente sotto un aspetto e susseguente sotto un altro aspetto. Vediamo la grazia centrale: compiere il bene. Compiere il bene necessita di una grazia preveniente, che è quella di volere il bene, tramite una mozione interna della grazia e anche della nostra cooperazione con questa mozione. Compiere il bene è dunque susseguente rispetto a volere il bene, ma è preveniente rispetto a perseverare nel bene. Non posso perseverare nel bene se non lo compio.

Non bisogna pensare questa differenziazione come un puro esercizio di logica: dati cinque effetti, quello che viene prima lo chiamiamo preveniente e quello che viene dopo lo chiamiamo susseguente. Non è questo. Il punto è capire invece che c’è una profonda relazione interna tra gli effetti della grazia. Partiamo dalla fine: non possiamo pervenire alla gloria se non perseveriamo nel bene. Dunque, affermare che la gloria, pervenire alla gloria è susseguente rispetto al compiere il bene che quindi è preveniente rispetto a conseguire la gloria non è un gioco di parole, è una realtà fondamentale. Non può pervenire alla gloria chi non persevera nel bene. Ma per perseverare nel bene bisogna compierlo. E dunque c’è bisogno che iniziamo a compierlo, ma per compierlo bisogna volerlo, ma per volerlo bisogna ricevere una grazia previa che ci risani interiormente, perché è Dio, come dice san Paolo, che suscita in noi il volere e l’operare (cf. Fil 2, 13).

Chiudiamo qui questa serie di distinzioni. È importante capire non solo la distinzione concettuale, ma anche coglierne il risvolto esistenziale, molto concreto e fondamentale, perché chiaramente riguarda il nostro destino eterno.

Chiudo leggendo un brevissimo passo che san Tommaso cita nella Summa mutuandolo di nuovo da sant’Agostino. L’opera di riferimento è sempre il De gratia et libero arbitrio: «Dio opera affinché vogliamo. E quando vogliamo, coopera con noi affinché completiamo l’operazione». È una frase semplice, breve, ma che ha tutta la dinamica della grazia. Esprime meravigliosamente la dinamica della grazia. «Dio opera affinché vogliamo»: la grazia operante è al principio di tutto. Noi vogliamo, siamo sotto la seconda distinzione: volere il bene; ma lo possiamo fare perché prima c’è un’iniziativa gratuita di Dio con la grazia operante. E quando vogliamo, mossi da questa azione gratuita di Dio, cosa fa Dio? Coopera con noi affinché completiamo l’operazione. Quindi Dio muove, sostiene e porta a compimento. Dunque, la grazia è al principio come grazia operante; durante e alla fine, come compimento, come grazia cooperante.

Questo lo riprenderemo tra qualche altra lezione, perché qui ci giochiamo tutti i punti chiave fondamentali relativi alla giustificazione dell’empio – dunque la grande diatriba con il mondo protestante – e relativi anche al merito, se effettivamente si possa meritare. Per quello che abbiamo detto, potete già intuire la risposta, se avete compreso che cos’è la grazia operante e cooperante. Perciò vi chiedo di fissare bene questa distinzione perché sarà molto utile.

La prossima volta vedremo “solamente” l’art. 4 e l’art. 5 della stessa questione, la 111, e quindi ci focalizzeremo sulle grazie cosiddette gratis datæ.



Ora di dottrina / 123 – Il video

La grazia "gratum faciens"

07_07_2024 Luisella Scrosati

La grazia gratum faciens, o santificante, è la grazia che ci rende graditi a Dio. Il suo effetto è quello di unirci alla comunione dei santi. La differenza con la grazia gratis data. Grazia operante e grazia cooperante. Grazia preveniente e susseguente.

Ora di dottrina / 122 – La trascrizione

L’essenza della grazia – Il testo del video

30_06_2024 Luisella Scrosati

La grazia non è una semplice benevolenza da parte di Dio, ma è creatrice di una qualità nuova nell’anima. In san Tommaso è chiaro che la grazia rende possibile la deificazione, cioè l’elevazione dell’uomo alla vita divina. Una realtà negata da Lutero.