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IL BELLO DELLA SCUOLA/7

La "filosofia dello zaino vuoto" genera solitudine

Commedia piacevole diretta da Jason Reitman nel 2009, Tra le nuvole non è un film di distrazione e di puro divertissement, va al cuore dell'uomo. Il protagonista, che fa della solitudine la sua filosofia di vita, la teoria "dello zaino vuoto", scopre di essere persona e non individuo. Lo scopre attraverso il lavoro, affetti e un'assunzione di responsabilità.

Cultura 11_08_2019
Tra le nuvole, locandina

Commedia piacevole diretta da Jason Reitman nel 2009, Tra le nuvole non è un film di distrazione e di puro divertissement (nell’accezione pascaliana della parola). Permette, invece, anche attraverso una storia apparentemente leggera, di andare al cuore dell’uomo, alla radice della sua essenza, della sua esigenza di amare e di non essere solo. L’uomo ha la necessità di vivere in una fedeltà (fides in latino). «Ubi fides, ibi libertas» diceva sant’Ambrogio, ovvero dove c’è la fede, lì c’è la libertà. La parola fides nel latino precristiano significava lealtà, parola data, fiducia, una virtù grande già nel mondo classico.

Nel film fedeltà è la parola chiave. Ma fedeltà a chi o a che cosa? Il protagonista Ryan Bingham, tagliatore di teste che ha vissuto per tanti anni in volo, viaggiando di città in città per licenziare i lavoratori in esubero, conosce un solo tipo di fedeltà, quella alla compagnia aerea: American AirlinesLa sua filosofia di vita è teorizzata nelle conferenze che lui tiene nelle città degli Stati Uniti quando chiede agli uditori: «Che c’è nel vostro zaino? Quanto è pesante la vostra vita? Ci appesantiamo a tal punto da non riuscire neanche a muoverci. Bruciate tutto lo zaino e svegliatevi senza niente». E ancora: «Se libero la valigia, lo zaino è vuoto. Niente bambini, anziani» oppure: «Non dovete accollarvi tutto quel peso. Appoggiate lo zaino. Noi non siamo cigni, siamo squali». Un giorno, Natalie, giovane collega che ha appena iniziato a collaborare con lui e a seguirlo nei viaggi di licenziamento, di fronte al cinismo di Ryan, lo provoca: «Non vuoi sposarti mai? Avere figli?». Replica lui: «Vendimi il matrimonio!». Allora lei insiste: «Che ne dici dell’amore? Stabilità? Qualcuno con cui parlare?». Cinicamente Ryan conclude: «Ci sono matrimoni stabili? Moriamo tutti da soli». Natalie non concorda: «Penso che qualsiasi successo non serva a nulla senza la persona giusta».

In un anno Ryan trascorre quarantatré giorni a casa, gli altri in viaggio. Al capo che gli chiede se voglia stare nella barca risponde: «Sì, da solo». Ma una filosofia di vita deve fare i conti con la realtà e con le vere esigenze dell’animo umano. Qualcosa inizia a cambiare in Ryan per alcuni accadimenti. In primis, dopo che Natalie suggerisce al capo, Craig Gregory, un tele licenziamento che permetterebbe di risparmiare molti soldi, Ryan constata come il calore umano sia fondamentale nel lavoro. Il suo modus operandi al lavoro è da sempre stato caratterizzato dal contatto con le persone, differente da quello freddo e asettico di un video. In secondo luogo, Natalie, alla ricerca di un affetto vero, una volta che è stata lasciata dal fidanzato, è interessata a capire se la filosofia di Ryan abbia un senso. Comprende, però, che in realtà è inconsistente e vana, perché i rapporti umani sono reali e costruiti nel tempo con scelte e responsabilità. Per questo, devono essere messi nello zaino: altrimenti che senso ha viaggiare? In terzo luogo, durante i suoi numerosi viaggi, Ryan conosce una donna di nome Alex, la frequenta dapprima senza voler creare un rapporto affettivo responsabile, ma nel tempo scopre che non può stare senza di lei. Ryan così cambia e capisce che il rapporto con la sua «amica» non è una semplice avventura.

Al matrimonio della sorella Ryan non vuole essere da solo, ma in compagnia di Alex, la persona che ha ormai più cara. Prima del matrimonio è chiamato ad un gesto molto significativo: convincere il fidanzato della sorella, in crisi prematrimoniale, che vale la pena sposarsi. Ryan lo interpella e lo provoca: «Se pensi ai momenti felici, eri da solo? Quando hai pensato a tutte quelle stupidaggini eri da solo? La vita è meglio in compagnia. A tutti serve un copilota». Il cambiamento di Ryan si attua in un’assunzione di responsabilità. Ryan che ha raggiunto il traguardo di dieci milioni di miglia in aereo offre i punti guadagnati per il viaggio di nozze della sorella. Poi si reca da Alex scoprendo un’amara verità: lei è sposata e lo considera come un’evasione, una parentesi al di fuori della realtà rappresentata dalla famiglia e dai figli. Ryan, che ha voluto sempre svuotare lo zaino, comprende che non ci si può liberare di ciò che conta e vale, dei rapporti che sono importanti. Lui, che è sempre stato fedele ad una sola cosa (la compagnia aerea), comprende che la «vita dell’uomo consiste degli affetti che maggiormente la sostengono» per dirla con san Tommaso. Ryan scriverà una lettera di raccomandazione per Natalie, licenziatasi dopo il suicidio di una donna che insieme avevano «tagliato».

Ryan ha scoperto di essere una persona, non un individuo: l’uomo è persona, perché, come descrive un possibile etimo della parola (per e sono), risuona (quindi si compie e si conosce) nel rapporto con gli altri, mentre l’individuo è l’uomo nella sua singolarità, nella sua unicità, non nel rapporto con l’altro. Come si passa dalla condizione d’individui a quella di persone? La condizione esistenziale dell’uomo, scrive Van Gogh in una lettera al fratello Theo, è paragonabile a quella di un uccellino in gabbia. Il legame affettivo e il vero rapporto amicale liberano dalla prigionia e dalla percezione di tetra oscurità in cui rinchiude la solitudine. La parola «affetto» non è semplicemente sinonimo di «sentimento», ma nel suo etimo (il termine deriva dal latino «afficio», che al passivo significa «sono colpito da») definisce il legame provocato dal fascino della bontà, della verità e dell’amore. La responsabilità si configura come la risposta ad una bellezza incontrata, un movimento del proprio «io» che si mette in azione, esce da sé e va verso l’altro. In questo movimento di uscita l’io si conosce in azione e scopre la dinamica fondamentale della persona come rapporto strutturale con un altro. La vita si presenta come risposta alla vocazione, alla chiamata, al compito che nella realtà ci viene assegnato.

La prima esperienza che fa l’uomo è quella di essere amato. Solo da questa esperienza l’uomo può, a sua volta, imparare ad amare. La verifica della corrispondenza tra l’amore e la nostra letizia è indispensabile per comprendere la natura umana e la sua dinamicità. Si comprende meglio, allora, come il delirio di autonomia dell’uomo (nel film identificabile nella «filosofia dello zaino vuoto») impedisca alla radice la possibilità di conoscere la propria natura umana.