La controffensiva ucraina segna il passo
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Tre settimane di controffensiva hanno dato risultati molto scarsi per l'Ucraina, a fronte di molte perdite. E la crisi-lampo in Russia causata dall'ammutinamento di una parte della Wagner, non sembra avere effetti sulle operazioni militari. E anche alla NATO si parla sempre meno di vitttoria ucraina.
La crisi interna alla Russia determinata dall’ammutinamento di una parte dei contractors del Gruppo Wagner, pur con tutti gli aspetti ancora oscuri da chiarire. è durata troppo poco per influenzare le operazioni militari in Ucraina. E soprattutto per demoralizzare le truppe russe che da tre settimane fronteggiano con successo la controffensiva ucraina sviluppatasi dal 4 giugno su tre direttrici nel fronte meridionale di Zaporizhia (anticamera della Crimea) e nella regione di Donetsk con furiosi attacchi nelle aree di Marinka, Avdiivka e Bakhmut, fino al mese scorso teatro delle offensive russe.
A prezzo di perdite molto elevate, come sottolineano diverse fonti russe e anche alcune non ufficiali ucraine, le truppe di Kiev non sono riuscite a sfondare le munite linee difensive russe presidiate dai migliori reparti dell’esercito russo che si difende e contrattacca contando su una netta superiorità aerea e nella guerra elettronica, che permette di neutralizzare gran parte dei droni ucraini.
A Zaporizhia, nonostante l’impegno di diverse brigate nei settori del villaggio di Pyatikhatki, Orekhov e nel cosiddetto “saliente di Vremetsky”, al confine con la a regione di Donetsk, le truppe ucraine non sono riuscite a penetrare neppure la prima delle tre linee difensive erette dai russi a protezione delle rive del Mare d’Azov e della Crimea.
Il flop ucraino sembra essere determinato dall’impiego di molte unità di coscritti, benché equipaggiate con le ultime dotazioni belliche occidentali, ma soprattutto dalla necessità di attaccare in pianura, su un terreno scoperto e in molti casi massicciamente minato, senza un idoneo supporto aereo forze nemiche ben schierate.
Le forze ucraine hanno espugnato alcuni villaggi disabitati nella “zona grigia”, o “terra di nessuno”, che si estende davanti alla prima linea di difesa russa, il cui controllo però non è consolidato.
«Durante la settimana, a seguito del miglioramento della posizione operativa e dell'allineamento della linea del fronte, l'area dei territori liberati è stata aumentata di 17 chilometri quadrati e dall'inizio dell'offensiva l'area liberata a sud è di 130 chilometri quadrati», ha scritto su Telegram il viceministro della Difesa ucraina Hanna Malyar. Gran parte di questi territori restano però contesi e in ogni caso si tratta di una superficie inferiore, solo per fare un esempio, a quella del comune di Carpi, nel modenese.
Progressi ucraini si registrano anche nel settore di Bakhmut dove a nord e a sud della città le truppe di Kiev hanno guadagnato qualche centinaio di metri portandosi a circa un chilometro dalla periferia del centro abitato, espugnato in maggio dagli uomini del Gruppo Wagner e difeso oggi dalle truppe scelte dei paracadutisti russi.
Il ministero della Difesa russo ha riferito ieri di aver respinto una decina di attacchi ucraini intorno a Bakhmut ma nei giorni scorsi sono stati i russi ad attaccare e guadagnare terreno più a nord, nei settori di Kupyansk e Lyman, tra le regioni di Luhansk e Kharkiv, dove gli ucraini hanno annunciato di averne fermato l’offensiva.
Secondo quanto dichiarato da Kiev sono state impiegate finora solo un terzo delle brigate disponibili per la controffensiva: se fosse vero sarebbero disponibili ancora molte forze per continuare l’attacco sui fronti citati o per aprirne altri.
Nelle ultime ore un numero limitato di truppe ucraine ha preso piede sulla sponda sinistra del Dnepr nella regione di Kherson, nei pressi dell’imbocco del Ponte Antonovsky da tempo distrutto. Qui sarebbero in corso furiosi attacchi russi con artiglieria, aerei ed elicotteri tesi a impedire agli ucraini di consolidare una testa di ponte, anche se Kiev non sembra disporre dei mezzi fluviali necessari a trasferire ingenti forze oltre il fiume. Potrebbe quindi trattarsi di un diversivo per assorbire riserve russe che altrimenti potrebbero venire impiegate altrove.
Un ulteriore fronte potrebbe venire aperto tra le regioni di Kherson e Zaporizhia dallo svuotamento del Bacino del Dnepr in seguito alla distruzione della diga di Novaya Khakovka: oggi quel terreno non è più coperto dalle acque e potrebbe venire sfruttato dagli ucraini per attaccare sul piano le linee russe, ma difficilmente potrebbe venire attraversato da mezzi pesanti.
Non si può escludere neppure l’apertura di un fronte in Bielorussia considerato che polacchi, baltici e ucraini addestrano da tempo le milizie dei ribelli bielorussi in esilio che potrebbero cercare di rovesciare il governo di Minsk, oggi l’unico alleato della Russia in Europa.
La testata indipendente russa Verstka ha riferito che è in fase di costruzione a Osipovichi, nella regione bielorussa di Mogilev a 200 chilometri dal confine con l'Ucraina, il primo campo militare destinato ad accogliere 8mila combattenti del Gruppo Wagner “esiliati” dalla Russia.
La notizia confermerebbe quanto anticipato domenica dal portavoce del Cremlino Dimitry Peskov, che aveva annunciato che gli uomini della Wagner che avevano seguito Prigozhin nell’insurrezione sarebbero stati trasferiti in Bielorussia, dove peraltro potrebbero rivelarsi molto utili al presidente Lukashenko. I numeri forniti dimostrano inoltre che dei 25 mila combattenti della Wagner, meno di un terzo ha partecipato all’insurrezione.
Ieri il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha attribuito ai numerosi campi minati russi il fatto che la controffensiva non proceda con la rapidità auspicata, ma è evidente che non è solo questa la ragione dal momento che sia russi che ucraini fanno ampio uso di mine per proteggere le proprie linee difensive. Nei giorni scorsi anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva riconosciuto che i progressi nella controffensiva sono "più lenti di quanto auspicato".
Alcuni analisti russi hanno tenuto un conto approssimativo dei mezzi perduti (distrutti, danneggiati o catturati dai russi) dagli ucraini tra il 4 e il 22 giugno che includono circa 250 carri armati (di cui 18 Leopard 2), circa 600 veicoli da combattimento di cui una sessantina di fornitura occidentale, circa 430 veicoli e quasi 300 pezzi d’artiglieria di cui una cinquantina di produzione occidentale, 42 lanciarazzi campali, 2 batterie di missili antiaerei, 10 aerei, 7 elicotteri e 264 droni.
Impossibile confermare o smentire tali numeri così come i bilanci forniti da Kiev, che vanta di aver ucciso dal 24 febbraio 2022 ben 225 mila militari russi.
Come hanno confermato fonti militari occidentali e americane alla CNN, negli ambienti NATO cresce la delusione per i risultati della controffensiva ucraina che "non è all'altezza delle aspettative su nessun fronte", come ha sintetizzato una fonte. Un funzionario occidentale parla della "vulnerabilità" degli ucraini rispetto alle mine disseminate sul territorio e della "competenza" dei russi nella difesa. Secondo le valutazioni occidentali, le linee di difesa russe si sono dimostrate ben fortificate, complicando il lavoro delle forze ucraine, e i russi sono riusciti a ostacolare i blindati ucraini con attacchi missilistici e mine, oltre ad aver dispiegato in modo più efficace la forza aerea. Tuttavia le fonti avvertono che si tratta ancora delle fasi iniziali della controffensiva ed evidenziano come USA e alleati "restino ottimisti" sulle possibilità di successo delle forze ucraine.
A conferma di un crescente scetticismo nei confronti della possibilità che il contrattacco ucraino consegua rilevanti successi emergono però le dichiarazioni del segretario generale della NATO, Lens Stoltenberg, che ha ribadito nei giorni scorsi il concetto che la controffensiva deve permettere a Kiev di riconquistare alcuni territori per poter negoziare da una posizione meno sfavorevole con Mosca.
In attesa di eventuali sviluppi decisivi sui campi di battaglia, di sconfiggere la Russia si parla sempre meno anche alla NATO.