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TERZO FIGLIO

La Cina ammette il fallimento dello sviluppo sostenibile

La Cina ha sbagliato sulla sua politica del figlio unico e ieri ha annunciato una clamorosa marcia indietro. Il PCC ha deciso di tollerare e addirittura aiutare le coppie che decidono di mettere al mondo fino a tre figli. Si tratta dell'ammissione di un errore che non è solo cinese: tutta la politica dello sviluppo sostenibile si basa sull'assunto che fare meno figli promuova lo sviluppo.

Editoriali 01_06_2021
Cina, scolari

La Cina ha sbagliato sulla sua politica del figlio unico e ieri ha annunciato una clamorosa marcia indietro. Dopo quasi cinque anni di sperimentazione di una politica leggermente più libera, che ammetteva anche la nascita di un secondo figlio per coppia, le ultime proiezioni demografiche dell’Ufficio nazionale di statistica hanno mostrato dei numeri inquietanti. Non solo si ridurrebbe la forza lavoro, con un forte impatto sulla produttività, ma verrebbe messo a rischio l’intero sistema previdenziale. I sempre meno giovani non riuscirebbero a garantire alcuna decente qualità della vita ai sempre più anziani. Il Politburo del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, riunitosi ieri per discutere del nuovo piano quinquennale, ha allora deciso di tollerare e addirittura aiutare le coppie che decidono di mettere al mondo fino a tre figli.

Le questioni sul tappeto sono molte. All’atto pratico, le politiche familiari di assistenza alla maternità, in Cina, sono pressoché inesistenti. Al contrario, il regime ha messo in piedi, nel corso degli ultimi quattro decenni, un sistema di controllo e repressione di chi era “troppo” fertile. Difficile cambiare una mentalità, ormai introiettata dopo quarant’anni di terrore: per un figlio non autorizzato si finiva in carcere, dopo aver subito un aborto forzato, o come minimo si pagavano multe equivalenti a 5mila dollari, che in Cina sono un’enormità. La politica del figlio unico è stata un trauma per centinaia di milioni di donne nelle ultime due generazioni. Come si può pretendere che, dalla sera alla mattina, per decisione del Politburo e nell’ambito di un piano quinquennale, i cinesi riprendano ad aver voglia di fare figli in gran numero?

Considerando che nulla è libero, in Cina, è possibile che ora la libertà di aver figli diventi un obbligo. Al regime di Pechino interessa solo relativamente che le famiglie siano felici: interessa solo che ci siano abbastanza braccia per lavorare e produrre. Come tutti i regimi autoritari e totalitari, riprende in considerazione l’idea che il “numero è potenza”. Non ci sarebbe neppure bisogno di creare un nuovo meccanismo di controllo e repressione, basta usare il sistema (già funzionante) dei crediti sociali: si tolgono crediti (e di conseguenza anche diritti) a quei genitori che avranno meno di tre figli. Per ora è solo un’ipotesi, ma a pensar male, in Cina, spesso si è già troppo ottimisti. Si passerebbe dall’eccesso dei “piccoli imperatori”, i figli unici, permessi, viziati in quanto rari, al fenomeno dei figli indesiderati, nati da un obbligo e probabilmente destinati a fare una vita grama, di abbandono e mancanza di affetto.

A prescindere dall’esito futuro, il giudizio sul passato è netto: la politica del figlio unico mette a rischio lo sviluppo della nazione cinese. Un errore su tutta la linea. Ma non basta pensare che sia un errore solo cinese: con questa marcia indietro viene smontata una teoria che è ancora in voga in tutto il mondo. Perché Deng Xiaoping, nel 1979, aveva introdotto questa politica, infatti? Perché credeva che troppi figli per coppia fossero un ostacolo per lo sviluppo economico. L’obiettivo dichiarato era quello di una crescita demografica a 0 entro l’inizio del XXI Secolo. Era tanto importante, questo concetto, da finire nella Costituzione nel 1982. Meno figli, più crescita economica: dagli anni Sessanta in avanti, questo è anche il mantra della pianificazione familiare in Occidente. Ed è la ricetta promossa, ancora oggi, per lo sviluppo dei Paesi del terzo mondo.

La Cina è stata semplicemente più coerente e brutale, ha praticato la politica di riduzione delle nascite con una massiccia violazione dei diritti umani. Ma il concetto è esattamente lo stesso che è alla base dell’Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile. Che, a sua volta, è promossa da tutte le maggiori fondazioni filantropiche e adottata da qualsiasi governo impegnato nella cooperazione allo sviluppo. L’idea stessa di sostenibilità si basa sull’assunto che una popolazione più numerosa si divida la “torta” del benessere in fette sempre più piccole. Oggi c'è un ulteriore incentivo a ridurre le nascite per motivi ecologiche, per ridurre "l'impronta" umana sul pianeta. Anche se l’Onu non lo dice mai esplicitamente, così come non lo dicono esplicitamente neppure le Ong più impegnate, il suggerimento che danno ai Paesi in via di sviluppo è: se volete diventare ricchi, dovete fare meno figli. Ebbene, la Cina, che ha applicato sul serio questo principio, sin da tempi non sospetti, dimostra che questa è la formula del fallimento. Tanto che ora deve fare marcia indietro, sempre che sia in tempo.