Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico
bologna

La casa del dialogo, Zuppi consegna la Chiesa all'Onu delle religioni

Ascolta la versione audio dell'articolo

Cattolici, ebrei e musulmani: tutti insieme appassionatamente sotto l'egida del Comune di Bologna, dell'Università e dell'Agenda 2030 nella Casa del Dialogo. Un tentativo utopistico e ateistico e dai finanziamenti ancora ignoti di annacquare le religioni, colpevoli di creare confini. E che la Chiesa di Zuppi benedice. 

Libertà religiosa 05_08_2024

È il sogno di ogni utopista progressista che si rispetti: una casa dove tutte le religioni possano ritrovarsi per favorire il dialogo perché evidentemente chiese e templi sono luoghi divisivi. Esperimenti di questo tipo ce ne sono stati nella storia, ma hanno sempre portato ad una sterilità diffusa di ateismo e sincretismo. Stavolta il tentativo avviene sotto l’egida di un Comune e della sua università. Siamo a Bologna, città da sempre governata dalla sinistra e dove la presenza ai vertici della Chiesa locale di Matteo Maria Zuppi favorisce queste operazioni interreligiose.

È qui, infatti che sorgerà la “Casa dell’incontro e del dialogo tra le religioni e le culture”. Nei giorni scorsi è stato annunciato che il luogo deputato sarà la Villa delle Rose, palazzina che il Comune ha ereditato e destina a eventi di arte contemporanea e che verrà promossa a casa del dialogo con tanto di stanza del silenzio. Si tratta, come dice il nome, di uno spazio di meditazione e di riflessione non caratterizzate in senso confessionale e privo di simbologie delle confessioni religiose che solitamente si trova in luoghi frequentati (quali ospedali, aeroporti, stazioni ferroviarie, musei, biblioteche) da persone di diverse appartenenze religiose o senza appartenenze confessionali che intendono raccogliersi o meditare in silenzio. Nella casa non ci sarà solo il silenzio, ma anche eventi, mostre, concerti, lezioni sui calendari delle feste religione. Tutto all’insegna dell’interreligiosità.

Per la verità la necessità di creare percorsi artistici dentro la casa del dialogo è stata inserita un po’ per obbligo, dato che la casa fu donata al Comune nel 1916 tramite un lascito testamentario di una nobile bolognese che espresse il vincolo ereditario a patto che il Comune destinasse l’immobile a mostre di arte moderna pena l’invalidità del lascito e la conseguente cessione della casa al ministero dell’Istruzione. Dunque, nella “Casa” vedremo anche mostre d’arte a soggetto interreligioso.

La presentazione si è svolta nei giorni scorsi con i rappresentanti delle tre principali confessioni religiose, quella cattolica con Zuppi, quella islamica e quella ebraica e i vertici di Comune e Unibo. I lavori cominceranno quest’autunno e saranno a carico di finanziamenti sia pubblici che privati sui quali però, come ci conferma la consigliera delegata Rita Monticelli, non si sa granché dato che la parte finanziaria è gestita direttamente dal sindaco Lepore. Non si conoscono quindi per ora i privati che sganceranno le risorse indispensabili per far funzionare la casa e questo è un elemento sui cui si dovrebbe fare maggiore chiarezza perché per conoscere la vera vocazione di un’iniziativa bisogna risalire a chi la paga.

Però, conosciamo tutto il resto, che, condito con l’ormai abusato linguaggio fatto di parole come dialogo, non violenza, dibattito, ci porta verso il sogno dell’Onu delle religioni.

Anche Zuppi è parso entusiasta: «Il dialogo non fa perdere la propria identità, anzi la rafforza. Ci dà la capacità di essere noi stessi. Questa è una casa includente: un luogo del pensarsi insieme. Dobbiamo imparare a stare insieme come fratelli, combattendo i semi di antisemitismo e islamofobia», ha detto al Carlino. Belle parole, ma cariche di un relativismo ormai diffuso e che evidentemente dimenticano che il vero problema nel nostro continente, semmai, è la cristianofobia portata avanti soprattutto da quelle istituzioni pubbliche laiciste e ateiste alle quali ora ci si consegna con così grande ardore.

La casa trova la sua genesi in un protocollo di intesa siglato nel 2021 sotto la precedente amministrazione di Virginio Merola e dove le tre confessioni religiose aderiscono nientemeno che all’Agenda 2030 con tanto di firma del cardinale presidente della Cei. Che cosa c’entri il programma di “great reset” fissato dai vertici Onu con le religioni non è dato sapere, ma i firmatari sono i primi a tirarlo in ballo.

«Così come determinato negli obiettivi dell’Agenda 2030 – si legge – sarà possibile tracciare l’accordo di una sinfonia, in una visione che abbatte i confini delle singole realtà, che crea sovrapposizioni, sinergie e potenzia il valore delle comunità».

Evidentemente all’eminenza romana naturalizzata bolognese pare utile consegnare armi e bagagli della Chiesa felsinea e riconoscere nel nome del programma Onu che anche San Petronio e compagnia creano confini che adesso vanno abbattuti. 

Ma quale sarà il coinvolgimento delle comunità religiose? Il protocollo (leggi QUI il documento ufficiale) dice che verranno coinvolte per «l’educazione alla cittadinanza e alla pace dei valori costituzionali e della laicità dello Stato». Inoltre «la “Casa” si farà portavoce delle premesse inalienabili di crescita e sviluppo umano come la dignità di ogni persona, la libertà religiosa, la coesione, la pace, lo scambio, il dialogo sociale contro ogni stereotipo culturale e intolleranza etnica e religiosa». Si tratta di passaggi che inquadrano il fenomeno religioso in un unico grande calderone senza alcuna distinzione né specificità, sotto il diretto controllo dello Stato. E che le religioni sono tutte uguali, in fondo, litigiose e limitate dalle loro visioni parziali del mondo e della verità. Verità che solo lo Stato laico deve avere per il bene di tutti. Vale anche per la Chiesa cattolica alla quale viene negata la pretesa di avere la verità sull'uomo e che Zuppi evidentemente consegna come una bandiera piegata. 

Ingerenze? In pandemia abbiamo visto come questo sia un problema già superato, alla Chiesa è piaciuto farsi dettare le norme liturgiche dalle autorità sanitarie, non sarà un problema. Questo lascia intendere il pericoloso corto circuito “alla francese” delle istituzioni bolognesi: siccome tra le religioni non c’è alcuno scambio, allora le religioni sono ostacolo e confini (anche quella cattolica), da sole sviluppano intolleranza e mancanza di dialogo (anche quella cattolica) e impediscono la crescita di sviluppo umano (anche quella cattolica). A loro deve pensare lo Stato che le deve imbrigliare nei suoi canoni fatti di laicità e di tutto l’armamentario costituzionale.  Compresa quella cattolica.

Insomma, la casa del dialogo, ben sposata anche dalla diocesi bolognese ha tutta l’aria di essere l’ennesimo progetto interreligioso che cela in realtà ateismo. Ma non c’è da stupirsi perché il linguaggio usato è lo stesso che abbiamo visto in opera con la dichiarazione di Abu Dahbi e con il congresso dei leader religiosi in Kazakistan: una nuova morale civica sincretista che nasce dalla messa tra parentesi della verità o non verità delle religioni e dalla loro riduzione alla morale convenzionale delle istituzioni internazionali. E che ovviamente non concorrerà di un millimetro alla pace dato che si fonda sulle premesse errate che le religioni vanno annacquate.  



L'ANNIVERSARIO

Abu Dhabi, un anno fa. L'equivoco sulle religioni resta

04_02_2020 Stefano Fontana

A un anno dalla firma della Dichiarazione di Abu Dhabi restano i due equivoci di fondo: la volontà di Dio del pluralismo religioso e la collaborazione tra le religioni per la pace. Ma il punto è proprio questo: dalla visione che le religioni hanno del volto di Dio derivano poi le altre visioni sulla persona, la famiglia, la donna, la legge, la libertà. E la pace. 

KAZAKISTAN

Congresso dei leader religiosi mondiali, un progetto ateo

13_09_2022 Stefano Fontana

Non può non suscitare domande e perplessità la partecipazione del Papa in persona al Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali, che si svolge a partire da oggi in Kazakistan. Il pretesto è lavorare per la pace nel mondo, ma in questo modo la Chiesa partecipa alla nuova morale civile sincretista, che necessariamente mette tra parentesi la verità o non verità delle religioni.