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ONOMASTICA GENDER

Jennifer Lopez, Elon Musk e quei figli de-generi

La cantante Jennifer Lopez duetta con la figlia chiamandola "loro"; il figlio del papà della Tesla Elon Musk cambia nome, cognome e sesso e disconosce la sua figliolanza col miliardario. Pandemia della follia onomastica, dalla guerra tra sessi siamo finiti alla guerra tra “generi”.

Editoriali 24_06_2022

Pandemia della follia onomastica e guerra tra sessi e “generi”. L’Ansa ci informa che “Jennifer Lopez ha presentato la figlia 14enne Emme sul palco prima di un'esibizione insieme a Los Angeles usando il pronome neutro inglese they ('loro')”. Questo perché la ragazzina si percepisce non binaria. Non c’entrano nulla i treni e gli scambi (se non quelli linguistici), bensì Emme non si sente né carne né pesce, né maschio né femmina. Sospesa nel limbo sessuale, con le quattro frecce accese aspettando di decidere ciò che in realtà già madre natura o papà Dio avevano già deciso per lei. Fino a ieri gli adolescenti ribelli non volevano più studiare, oggi non vogliono più essere maschi o femmine.

Così la Lopez ha presentato la figlia sul palco: "Chiedo sempre a 'loro' di cantare con me ma non lo fanno mai quindi questa è un'occasione molto speciale, perché sono molto, molto impegnati e costosi". Una volta i figli davano del “voi” ai genitori. Ora questi potrebbero, a loro modo, ricambiare la cortesia. Dal plurale maiestatis al plurale paupertatis, e in questo caso la povertà prima di essere linguistica è di pensiero.

Gli esperti dell’idioma che non viene né da Marte né da Venere ci spiegano che per coloro che odiano sia l’azzurro che il rosa sono pronti non pronomi, ma ipernomi onomatopeici come "xe/xem" o "ze/zim" o "sie/hir". Tanto eufonici quanto tragici. Il futurista Vittorini al confronto passa per essere un borghesuccio.

Altro erede problematico. Xavier Musk è figlio del famoso Elon. Dato che la vita a molti zeri lo faceva sentire uno zero, ecco che ha deciso di cambiare nome, perché ha scelto di “diventare” donna, e pure cognome, prendendo quello della madre. A 18 anni si chiamerà Vivian Jenna Wilson. I soldi non daranno la felicità, ma possono dare alla testa. Nei documenti ufficiali depositati presso un tribunale di Los Angeles si possono leggere i desiderata del figlio: "Non desidero essere imparentato con il mio padre biologico in alcun modo o forma". Tradotto: tu padre mi ha fatto maschio e mi hai dato questo nome ed io rifiuto te e tutto ciò che mi hai fatto. Che non si dica mai che Edipo è passato di moda e che non c’entra nulla con la teoria del gender.

Xavier avrebbe forse avuto ragione a voler cambiar nome (ma non sesso) se gli fosse capitato in sorte di chiamarsi come il fratellastro X AE A-XI, che non è l’ultimo modello di Tesla, né la sigla di un codice fiscale. La madre su Twitter ha avuto la bontà di cuore di illuminarci sul fatto che la "X" rappresenta la "variabile incognita", che "Æ" invece è la pronuncia elfica della parola AI, Artificial Intelligence, mentre A-12 è il precursore di SR-17, il velivolo preferito della coppia. Era meglio chiamarsi come un modello della Tesla. Tale padre (e madre) tale figlio ed ecco quindi alienarsi dal padre a tal punto da alienarsi e basta, scegliendo nome e genere come si volesse uscir di casa e andare a vivere da soli.

La storia di questi due figli de-generi – l’aggettivo è privo di sentimenti censori, ma rimanda solo all’immaginario linguistico color arcobaleno – ci insegna che dentro il vocabolario LGBT ci sono parole che esprimono interi mondi, come quello in cui era finito Alice dove se un Bian Coniglio può parlare allora un uomo può essere donna e un’adolescente può neutralizzarsi sessualmente e naturalizzarsi non binaria. È il neutro bianco, che contiene tutto lo spettro dei colori, e non l’arcobaleno il vero colore LGBT+ (che non significa che La Gente Beve Tutto e di più, bensì Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali et alii).

È ormai da anni che qui si gioca a dadi con gli asterischi e le sindache, convinti che o Dio ha sbagliato nel farci come siamo oppure Dio ha fatto bene, ma noi possiamo fare meglio. E così le vocali maschili e femminili possono essere tacciate di supremazia sessista, la ruspa per lui e la Barbie per lei sono giocattoli tanto pericolosi che sarebbe preferibile farli giocare con le bombe a mano, “signore” e “signora” da titoli sono scolorati in epiteti, le toilettes divise per sesso sono luoghi tossici anche qualora fossero pulitissime.

Datemi una parola e solleverò il mondo. O forse lo sprofonderò.

 

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