Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
ALLUVIONI

Italia sott'acqua tra teorie pseudo-scientifiche e complottismi

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Come ormai d'abitudine, anche per l'alluvione in Emilia-Romagna trionfano i commenti sui cambiamenti climatici provocati dall'uomo e, dall'altra parte, teorie complottiste. Sono due facce della stessa medaglia, la "fuga dalla realtà", che impedisce di affrontare seriamente i veri problemi.

Editoriali 24_05_2023
Forlì dopo l'alluvione

Ormai non c’è evento naturale disastroso che non scateni ipotesi surreali da una parte o teorie preconfezionate dall’altra che pretendono di spiegare tutto. Sono due facce della stessa medaglia che si chiama “fuga dalla realtà”. E può apparire paradossale che questo avvenga in un’epoca dominata dal culto della Scienza. In realtà è proprio la scienza elevata a religione (e sfruttata dalla politica) che è causa prima di questo rifiuto della realtà, e per sua natura genera una reazione altrettanto irrazionale.

Ultimo esempio è l’alluvione in Emilia Romagna. La risposta ufficiale - e scontata - è: colpa dei cambiamenti climatici causati dall’uomo, e ovviamente con un intensificarsi degli eventi estremi; ormai è un ritornello con cui si pensa di poter spiegare tutto. Eppure ci troviamo davanti a fenomeni per nulla nuovi o eccezionali: frane e alluvioni sono una costante storica in Italia e basta consultare il sito dell’Istituto di Ricerca per la protezione idrogeologica (Irpi) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) per rendersene conto: addirittura tra il 1915 e il 2014 in Italia ci sono stati 1319 eventi di frana e 972 inondazioni con un bilancio totale di 7.500 morti e 4.600 feriti circa, con picchi che si sono registrati tra il 1950 e il 1955 e a cavallo del 1965 (clicca qui). E se dalle conseguenze ci spostiamo al fenomeno delle piogge violente, che causano frane e alluvioni, troviamo che in cento anni non ci sono stati trend significativi per l’Italia, vale a dire che non si registra nessuna variazione di rilievo. In particolare ci si riferisce al gruppo di ricerca dell’Università di Torino che nel 2019 ha pubblicato un lavoro sistematico di analisi sull’intensità pluviometrica in Italia, riferendosi a oltre 5mila stazioni per il periodo 1915-2015: il risultato è che l’86-91% delle stazioni non ha trend, il 4-7% ha trend significativo crescente e il 5-7% ha trend significativo decrescente.

Non solo, le piogge che hanno provocato l’alluvione in Emilia-Romagna non sono state neanche particolarmente eccezionali. È piovuto molto, certo, ma senza particolari picchi di intensità: il massimo che si è registrato è di 11mm all’ora quando l’anno scorso nelle Marche si è arrivati a 100mm in un’ora. E anche la pioggia complessiva, pur molto abbondante, non è certamente da record: 230-240 mm caduti in 3 giorni all’inizio di maggio in Romagna, sono la metà di quanto caduto nelle Marche l’anno scorso in un solo giorno, per non parlare di altre alluvioni famose, come quella di Genova del 1970 quando in sole 24 ore si registrarono dai 308 ai 948mm di pioggia (a seconda delle zone).

Ma se la narrazione dei cambiamenti climatici contraddice la realtà, le varie teorie cospirazioniste che spuntano come funghi in queste occasioni, sono l’altra faccia della medaglia. Ancora una volta è spuntato un aereo, il cui moto circolare continuo sulle zone romagnole colpite dall’alluvione in coincidenza delle piogge ha fatto gridare alla cospirazione. E a poco è valso dimostrare che si trattava dell’aereo che faceva da ponte per le trasmissioni delle immagini del Giro d’Italia. Soprattutto sui social la teoria dell’alluvione provocata dalle scie chimiche o dalla tecnica dell’inseminazione delle nubi continua ad andare per la maggiore. Peraltro l’inseminazione delle nubi è una vecchia tecnica sperimentata decenni fa ma che in Italia non viene più praticata per mancanza di risultati apprezzabili. E oltretutto lo scopo era quello non di provocare piogge abbondanti, ma di diluire la pioggia in modo da evitare piogge torrenziali e grandine, che danneggiano l’agricoltura.

Altra teoria cospirazionista di successo è il sabotaggio delle dighe, ovvero la volontà di non meglio precisati protagonisti di provocare l’alluvione per altrettanto non meglio precisati motivi. Sotto accusa in particolare è la diga di Ridracoli, che oltretutto ha un sistema di scarico naturale, progettata proprio per tracimare tranquillamente una volta che ha raggiunto il livello massimo. In realtà il problema è che dopo la prima ondata di piogge dell’1-3 maggio la diga si è riempita ed era ancora piena quando è arrivata la seconda ondata di piogge il 16 e 17 maggio (vedi tabella a fianco): in questo modo la piena è passata come se la diga non ci fosse, non ha trovato alcun freno. Casomai dunque, si potrebbe discutere sul perché non è stato ordinato un abbassamento delle acque della diga in previsione di altre pesanti piogge. Così come si dovrebbe riflettere sul fatto che in Italia dal 2000 non si costruiscono più dighe malgrado ce ne fossero progettate ben 500: l’ideologia ambientalista e la burocrazia non lo permettono.

Il problema dunque non sono fantomatiche cospirazioni né i normali cambiamenti climatici che con le attività umane hanno ben poco a che fare. La realtà è che, pur considerando che eventi meteo estremi sono ricorrenti in Italia così come è un dato di fatto la vulnerabilità del nostro territorio, non si fa nulla per ridurre al minimo i rischi e le conseguenze di questi eventi. Abbiamo parlato delle dighe, ma si deve parlare anche della mancanza di casse di espansione per i fiumi; della mancata pulizia dei letti dei torrenti; del restringimento forzato degli alvei dei torrenti che diventa certezza di esondazioni in caso di piena; dello smantellamento del servizio idrografico nazionale nel 1998 per creare autorità regionali che sono andate in ordine sparso; del cambiamento della destinazione dei terreni in montagna, dove negli ultimi decenni i boschi hanno preso il posto dei terreni agricoli e degli allevamenti. Proprio quest’ultimo aspetto è importante perché significa cambiamenti sia nella frequenza delle precipitazioni sia nella cura del territorio, fattori che sono stati trascurati dalle amministrazioni regionali.

Insomma, responsabilità da attribuire e politiche da cambiare ce ne sono: ideologie folli, teorie pseudo-scientifiche e complottismi vari non fanno altro che coprire le vere responsabilità e impedire di affrontare e risolvere i problemi reali.