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Il visconte dimezzato: l'occasione di scoprirsi incompleti

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Il celebre romanzo del 1952 narra le vicende di Medardo di Terralba che, colpito da una palla di cannone, si ritrova diviso in due: una parte buona e una cattiva. Questa condizione lo conduce a una visione diversa della vita, fraternizzando «con tutte le mutilazioni e le mancanze del mondo».

Cultura 22_05_2023

Nel 1952 viene pubblicato Il visconte dimezzato. Per una volta partiamo dalla fine, come in quei film in cui vedi introdotta la scena finale e poi il narratore torna indietro per spiegarci quanto accaduto. Racconta il narratore:

Così mio zio Medardo ritornò uomo intero, né cattivo né buono, un miscuglio di cattiveria e di bontà, cioè apparentemente non dissimile da quello che era prima di essere dimezzato. Ma aveva l’esperienza dell’una e l’altra metà rifuse insieme, perciò doveva essere ben saggio. Ebbe vita felice, molti figli e un giusto governo.

Chi scrive è un ragazzo alle soglie dell’adolescenza che narra le vicende dello zio, il visconte Medardo di Terralba. La storia è ambientata nel Settecento. Colpito da una palla di cannone, nella battaglia contro i Turchi di Boemia, il visconte si ritrova diviso in due, con una metà del corpo. Il nipote annota:

Gli mancava un braccio e una gamba, non solo, ma tutto quel che c’era di torace e d’addome tra quel braccio e quella gamba era stato portato via, polverizzato da quella cannonata presa in pieno. Del capo restavano un occhio, un orecchio […]. A farla breve, se n’era salvato solo metà, la parte destra, che peraltro era perfettamente conservata, senza neanche una scalfittura.

I medici provano a salvarlo («cucirono, applicarono, impastarono: chi lo sa cosa fecero»). Finalmente, il giorno dopo, il visconte apre l’unico occhio e riprende a respirare. Ora, è vivo e dimezzato.

Ritornato al paese natio, inizia a manifestare atteggiamenti crudeli tanto da uccidere l’averla che il padre ha addestrato e che gli ha inviato. Quest’atto di crudeltà provocherà poco più tardi la morte del padre Aiolfo.

Questo Medardo cattivo s’innamora di una contadina di nome Pamela, che non contraccambia il suo amore, sprezzando gli atti spregevoli di lui, anche se i genitori sarebbero ben contenti se lei convolasse a nozze con quel nobile ricco che potrebbe risollevare loro dalla povertà.

Un giorno torna in patria anche l’altra parte del visconte, che inizia a comportarsi con grande bontà. Racconta il nipote:

Da più parti cominciavano a giungere notizie d’una doppia natura di Medardo. Bambini smarriti nel bosco venivano con gran loro paura raggiunti dal mezz’uomo con la gruccia che li riportava per mano a casa e regalava loro fichifiori e frittelle; povere vedove venivano da lui aiutate a trasportar fascine; cani morsi dalla vipera venivano aiutati.

Nessuno sembra avvedersi che a compiere queste azioni non è il Medardo cattivo, ma quello buono (la parte sinistra del corpo). Non finiscono le crudeltà compiute dal visconte e tutti sono sorpresi dalla stranezza del comportamento ambivalente.

Un bel giorno, Pamela sorpresa da un temporale, viene invitata dalla parte buona del visconte a ripararsi in una grotta. Osservandolo con attenzione, Pamela comprende il mistero degli atteggiamenti alterni del visconte. Costui che compie atti buoni è, in realtà, l’altra metà. Nel dialogo con il Medardo buono Pamela apprende la storia del visconte. La palla di cannone non ha sbriciolato il suo corpo, ma l’ha diviso in due: una parte era stata ritrovata da chi raccoglie i feriti in battaglia, l’altra sepolta sotto i cadaveri era stata poi portata in una spelonca da due eremiti, medicata e salvata. La parte buona, congedatasi dai due salvatori, aveva attraversato per anni le nazioni cristiane, «arrancando con la sua stampella» e sorprendendo tutti per la sua bontà fino ad arrivare al suo castello.

Ascoltata la storia del Medardo buono, Pamela racconta a sua volta la sua storia: insidiata dalla parte cattiva, la ragazza è fuggita e vive nei boschi per sfuggire alle sue insidie. Medardo prova compassione per la triste condizione di Pamela, per il Medardo cattivo e anche per i genitori della giovane. Pamela non appare contenta di vedere questa pietà: lei augura il peggio ai suoi che la vorrebbero sposata ad un uomo così crudele e ad un tempo disprezza quell’uomo cattivo; lei con comprende come si possa provare pietà per quell’essere.

Da dove provengono la simpatia e la compassione del visconte buono? Il buon Medardo allora le spiega che la sua condizione di «essere dimezzato» è un bene, perché lo ha portato ad una coscienza diversa della vita, della realtà, della condizione umana. Lui, infatti, capisce «d’ogni persona e cosa al mondo la pena che ognuno e ognuna ha per la propria incompletezza». Quando era intero, Medardo non capiva, si muoveva sordo «tra i dolori e le ferite seminati ovunque».

Il Medardo buono comprende che lui non è il solo ad essere «spaccato e divelto». Tutti lo sono. Questa coscienza lo porta a sperimentare una fraternità con tutti, «quella con tutte le mutilazioni e le mancanze del mondo». La compassione e la simpatia per l’altro uomo derivano quindi dal riconoscimento che siamo tutti accomunati da un desiderio di amore, di felicità e di compimento. Quando riconosciamo in chi incontriamo questo desiderio, sorge in noi immediatamente una simpatia per lui.

È quanto scopre Leopardi nello Zibaldone quando scrive che solo chi desidera la felicità per sé può ancora desiderare che l’altro sia felice, ovvero solo chi continua a guardare il proprio animo come aspirazione ad una felicità totale vede in chi incontra questa stessa brama di compimento e inizia a provare per lui una sorta di simpatia.

È quanto prova Ungaretti in guerra che in mezzo al dolore e alla sofferenza sperimenta una fraternità con l’altro essere umano, anche se appartenente all’esercito avversario,  perché anche lui, fragile come una foglia, è accomunato dallo stesso desiderio di felicità, di vita e di amore.

Il Medardo buono vuole condividere questa coscienza con Pamela. Per questo la invita a seguirlo cosicché possa anche lei «imparare a soffrire dei mali di ciascuno» e a curare i suoi mali «curando i loro». Pamela deve però sfuggire dal Medardo cattivo che si è innamorato di lei. Il buono le confessa che anche lui la ama. Pamela esulta:

Che gioia! C’è l’arcobaleno in cielo e ho trovato un nuovo innamorato. Dimezzato anche questo, però d’animo buono.

Il Medardo buono propone a Pamela di andare insieme dai genitori di lei, perché «fare insieme buone azioni è l’unico modo» per amarsi. La giovane si rifiuta di seguirlo. Sperava, infatti, che ci fossero altri modi per amarsi.

Quale sarà il destino del Medardo buono e di quello cattivo? Che cosa ha voluto comunicare Calvino sotto questa storia fiabesca? Lo vedremo nella prossima puntata.