Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
ACCORDO DI SAMOA

Il vero neocolonialismo europeo è quello ideologico

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Aiuti allo sviluppo, ma solo in cambio dell'introduzione dell'agenda gender e dell'aborto nelle legislazioni nazionali. Sono questi i termini, ricattatori, che l'Ue pone ai Paesi africani e caraibici.
- C'è un'Africa che vuole essere risarcita, di Anna Bono

Esteri 28_11_2023
Acp-Ue

Il 15 novembre scorso, il nuovo Accordo di associazione tra i l’Unione Europea e i paesi africani e caraibici (Acp) è  stato firmato nel corso di una cerimonia ad Apia (Isole Samoa).  L'Ue e i suoi Stati membri hanno firmato il 15 novembre scorso un nuovo accordo di partenariato, firmato nel corso di una cerimonia ad Apia (Isole Samoa), con i membri degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (Oacps) che fungerà da quadro giuridico generale per le loro relazioni nei prossimi vent'anni. Questo accordo succederà all'Accordo di Cotonou e sarà conosciuto come "Accordo di Samoa".

L'accordo prevede una collaborazione che includa aree di intervento, finanziamento e promozione quali lo sviluppo e la crescita sostenibile, i diritti umani, la pace e la sicurezza. Questa intesa segue quelle precedenti che, da quello di Lomè del 1975, seguito da quello di Cotonou del 2000 avevano visto sviluppare un graduale e nuovo sistema commerciale basato sul principio di reciprocità al fine di sradicare la povertà e di contribuire alla graduale integrazione dei Paesi Acp nell'economia mondiale. Il cosiddetto Accordo di Samoa, che articola le relazioni economiche e commerciali dell'Ue con 79 Paesi (47 in Africa, 16 nei Caraibi e 15 nel Pacifico, più la Repubblica delle Maldive), prevede sei aree prioritarie per affrontare le sfide globali (democrazia, uguaglianza di genere e diritti umani, crescita economica e sviluppo sostenibile, cambiamento climatico, sviluppo umano e sociale, pace e sicurezza, migrazione e mobilità).

L’accordo comprende anche una intesa generale, che si applica a tutte le parti, alla quale si aggiungono tre protocolli regionali per l'Africa, i Caraibi e il Pacifico, incentrati sulle esigenze specifiche di ciascuna regione. I 27 Stati membri dell'Ue e i 79 Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico rappresentano insieme circa 2 miliardi di persone e più della metà dei seggi delle Nazioni Unite. L'applicazione provvisoria dell'Accordo inizierà il 1° gennaio 2024, esso entrerà in vigore dopo l'approvazione del Parlamento europeo e la ratifica delle parti, ossia di tutti gli Stati membri dell'Ue e di almeno due terzi dei 79 paesi membri dell'Oacps. Il Consiglio europeo l’ha approvato lo scorso 21 novembre e, nelle note stampa che hanno comunicato la decisione, i rappresentanti europei hanno evidenziato il nostro impegno a collaborare con i partner dell'America Latina e dei Caraibi per l'attuazione, in particolare, dell'Agenda 2030 e dei suoi Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg), che includono diritti riproduttivi e Lgbti, nonché per la riforma della governance globale, compresa l'architettura finanziaria internazionale, al fine di renderla più inclusiva ed efficace.

Tuttavia, non è per nulla oro quello che luccica. Il 15 novembre è stato infatti un giorno infausto per l'Africa, per l'intera regione dei Caraibi e del Pacifico e anche per chi crede in quell’Europa promossa dai suoi padri fondatori. Negli ultimi mesi sono state convocate diverse riunioni tra l'Ue e i parlamentari dei Paesi Acp per convincerne i leader della bontà dell’accordo, incontri anche tra rappresentanti dei governi africani e caraibici ed istituzioni europee, dal 28 novembre 2022 al 19 e 28 giugno 2023, per indurli a firmare un testo che includesse i diritti all’aborto e i privilegi Lgbti. Sinora i parlamentari e i leader dei paesi africani e caraibici si sono in gran parte opposti con forza alla ratifica di un testo che promuova la non discriminazione e, sotto le mentite spoglie della uguaglianza di genere e dei diritti riproduttivi e alla salute, i diritti Lgbti e all’aborto libero, come diversi paesi candidamente hanno affermato.

L’Europa, i governi degli Stati che la compongono e la stessa Commissione, in nome di quali mandati popolari e di quale consenso vogliono imporre un tale neocolonialismo ai paesi africani e caraibici? L’accordo è stato formulato in modo che, una volta ratificato ed entrato in vigore, sostituisca automaticamente le rispettive leggi nazionali e imponga i diritti riproduttivi (aborto), di non discriminazione e di uguaglianza di genere (Lgbti) come diritti esigibili e da far rispettare dalle leggi in tutti i paesi. Duole ammettere che, anche in questo caso, l’Europa segua pedissequamente gli Usa di Biden, nel tentativo di colonizzazione afro-caraibica. La Nigeria, il paese più popoloso e certamente quello economicamente più significativo tra i potenziali partner, non era presente alla firma dell’intesa e, al momento, non ha alcuna intenzione di firmarla. La Nigeria verrà presto seguita formalmente dal Kenya del Presidente cattolico William Ruto che ha già respinto i ricatti di Von der Leyen e Biden  che chiedevano di non approvare la nuova legge sulla protezione della famiglia naturale, negando privilegi Lgbti. Della opposizione dell’Uganda ai ricatti occidentali su aborto e privilegi LGBTI abbiamo ampiamente descritto il coraggio.

I paesi caraibici si stanno ribellando anch’essi a questo ricatto: soldi per aiuti, ma solo se si accetta l'agenda gender. L’Arcivescovo cattolico Jason Gordon di Trinidad si è scagliato in questi giorni contro l’intesa, chiedendo ai governi e popoli della regione  di opporvisi. Le sue parole hanno provocato una deflagrazione: i governi di Trinidad, Giamaica, Antigua, St. Lucia, St. Kitts, Bahamas, Grenada e Dominica hanno sospeso ogni discussione e ipotesi di ratifica. Philippa Davies della Jamaica Coalition for a Healthy Society (Jchs), che con diverse altre Ong giamaicane pro-vita e pro-famiglia stanno organizzando proteste, dopo i chiarimenti ambigui ottenuti sull'interpretazione della terminologia usata nel nuovo Accordo di Samoa, ha dichiarato a La Bussola la sua forte preoccupazione. Preoccupazione manifestata anche dal presidente delle famiglie cattoliche europee (Fafce), l’italiano Vincenzo Bassi che ha dichiarato non solo il prosieguo dell’impegno «accanto ad organizzazioni amiche nei Carabi ed in Africa», ma anche il disappunto per i tentativi europei di colonizzazione ideologica.