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COMUNISMO LATINO

Il Venezuela verso il voto. Maduro può ancora perdere

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Il prossimo 28 luglio, in Venezuela si voterà per il rinnovo del presidente. Maduro si candida per un terzo mandato in quel che ormai è un regime comunista. Ma un oppositore, Edmundo Gonzalez Urrutia, potrebbe addirittura batterlo.

Esteri 17_07_2024
Edmundo Gonzalez Urrutia (La Presse)

Il prossimo 28 luglio, in Venezuela si voterà per il rinnovo del presidente. Il paese è ormai a tutti gli effetti un regime comunista. Nicolas Maduro si candida per un terzo mandato. Il successore di Chavez ha sotto controllo: processo elettorale, media, forze militari e paramilitari, magistratura. Parrebbe, più che un voto, una pura formalità: invece queste elezioni potrebbero anche concludersi con la fine del suo potere. Edmundo Gonzalez Urrutia potrebbe addirittura batterlo.

I risultati dei sondaggi sono eclatanti: i due terzi dei venezuelani esprimono l’intenzione di votare, un record di affluenza. E secondo un sondaggio condotto da Clear Path Strategy e Consultores 21, Gonzalez supera Maduro 56% a 35%.

Gonzalez era ambasciatore, ora in pensione, in Algeria e Argentina. Ha lasciato il governo di Chavez nel 2002, da allora ha lavorato in think tank di politica estera. Per dieci anni è stato referente internazionale per l’opposizione. Ora è il candidato unico di Piattaforma Unitaria Democratica. Ma ci è arrivato, letteralmente per esclusione.

La candidata scelta dalle primarie era infatti María Corina Machado. Il 22 marzo, la Machado ha annunciato il suo ritiro e ha nominato, al suo posto, una professoressa universitaria poco conosciuta, l’ottantenne Corina Yoris. Era stata costretta a gettare la spugna perché il regime di Maduro, attraverso la magistratura, l’ha giudicata incandidabile. Poco dopo la stessa sorte è toccata a Corina Yoris. E così è subentrato Edmundo Gonzalez Urrutia. Finché il governo lo lascerà libero di condurre la sua campagna elettorale.

Soprattutto la Machado sta continuando a far campagna, anche nel nome e per conto di Gonzalez. Viaggia ovunque nel paese, anche nei villaggi più remoti, ma dappertutto viene seguita dai servizi segreti di Maduro. Le auto della sua campagna vengono fermate ai controlli, chi vende gadget o rifocilla i membri della sua campagna viene multato e gli arresti sono sempre più numerosi, man mano che ci si avvicina alla data fatidica del voto. Finora, almeno 50 attivisti sono stati arrestati, la maggior parte dei quali sono membri di Vente Venezuela, il partito della Machado. Oltre agli arresti, si moltiplicano anche le violenze politiche. La Fondazione Pares, vicina all’opposizione, calcola almeno due vittime al giorno. E nessuna di queste è del Psuv, il Partito socialista unitario di Maduro.

Se anche le elezioni non dovessero andare come previsto, nonostante il grado di intimidazione di regime, l’apparato di Maduro potrebbe truccare i risultati. Il più grande gruppo di osservatori stranieri avrebbe dovuto essere quello dell’Unione Europea. Ma non potrà accedere al Venezuela, a meno che l’Ue non rimuova tutte le sanzioni finora imposte al regime di Caracas. Restano pochi altri osservatori: il Carter Center (la fondazione dell’ex presidente che sdoganò i regimi comunisti) e un team delle Nazioni Unite. Maduro, comunque, controlla l’organo di controllo dei voti, il Consiglio Nazionale Elettorale, oltre che la magistratura.

E proprio l’ex presidente di questo organismo, Pedro Calzadilla, è l’autore della prefazione della biografia/agiografia ufficiale del presidente, Nicolas Maduro, presente e futuro. Dal libro è stata tratta una mini-serie televisiva che verrà trasmessa dalla televisione di Stato negli ultimi giorni prima delle elezioni.

Oltre alla coltura di questo vero e proprio culto della personalità, Maduro cerca di conservare i consensi del paese presentandosi come leader cristiano carismatico, come Chavez prima di lui. In aprile, ha invitato un predicatore evangelico del Kenya a tenere delle funzioni con presunte guarigioni miracolose, che sono state trasmesse dalla televisione nazionale. «Come presidente della Repubblica, consegno volontariamente questa nazione a Cristo», ha detto Maduro dal palazzo presidenziale con un gruppo di pastori cristiani.

Ma al di fuori di questo misticismo di regime, i vescovi cattolici del Venezuela hanno tutt’altro atteggiamento. Invitano la popolazione a recarsi alle urne e a votare con responsabilità. «La partecipazione libera, consapevole e responsabile a queste elezioni è di grande importanza per progettare un futuro di speranza e costruire un Paese di progresso, pace, giustizia e libertà», recita il documento della Conferenza Episcopale del Venezuela. In cui i vescovi esprimono anche giudizi allarmati sulla situazione nel Paese. «Negli ultimi anni – scrivono i vescovi, il Venezuela - ha registrato un costante deterioramento dei sistemi di istruzione, alimentazione, sanità, servizi pubblici, partecipazione dei cittadini, giustizia e delle libertà sancite dalla Costituzione nazionale». Una situazione aggravata dal fatto «che molte istituzioni sono diventate autoreferenziali, al servizio di un solo partito politico». Riconoscono anche che le elezioni sono «un processo elettorale atipico, in cui non ci sono pari opportunità per tutti. Per la pace del popolo è necessario che cessino le persecuzioni e le vessazioni nei confronti di coloro che forniscono gli strumenti necessari per i comizi e la libertà di movimento dei candidati con opzioni diverse da quella governativa».