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CHIESA

Il Sinodo è finito, inizia il Nuovo Ordine sinodale

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Un documento interlocutorio, adottato dal Papa, conclude i lavori del Sinodo sulla sinodalità. Ma quello che da alcuni è considerato un passo indietro rispetto alle aperture progressiste attese, è in realtà il segnale che quel che si vuole è il processo sinodale che, senza fretta, crei una nuova Chiesa.
- Documento finale tra disinteresse e donne diacono, di Nico Spuntoni

Ecclesia 28_10_2024 English Español
Il Papa alla messa finale del Sinodo

Anche questo Sinodo è finito. Si è conclusa ieri 27 ottobre la seconda sessione del Sinodo sulla sinodalità iniziato il 2 dello stesso mese. La prima sessione aveva occupato lo stesso mese dell’anno scorso. I sinodali hanno approvato un Documento finale. Tutti gli articoli hanno ricevuto più dei due terzi dei voti, anche se in qualche caso i pareri negativi sono stati maggiori che in altri. Molti avevano pensato che la nuova sinodalità trovasse in questo sinodo un suo momento topico ed epico, che in questo evento essa si manifestasse e fossero rivelate le sue ricadute nella vita della Chiesa.

Per questo motivo i progressisti si aspettavano decisioni fortemente innovative, mentre i conservatori auspicavano una significativa frenata che riportasse la nuova sinodalità nell’alveo della sinodalità tradizionale. Molti hanno osservato che in fondo i lavori del sinodo sono stati ridimensionati. Francesco ha tolto dalla discussione sinodale i principali temi caldi affidandoli a dei Gruppi di studio blindati, poi ha dichiarato che per le donne-diacono i tempi non sono ancora maturi e ha quindi stoppato ogni decisione su questo tema. Il cardinale Fernandéz ha dovuto scusarsi per una sua assenza ad una importante discussione sul diaconato femminile.

La “novità” della liturgia penitenziale in cui si chiese perdono dei peccati contro un nuovo decalogo si era tenuta prima dell’inizio del sinodo e quindi fuori delle sue procedure. Tutto questo ha fatto sì che molti ritenessero che le attese sul Sinodo fossero state volutamente raffreddate e silenziato il suo “coraggio profetico”.

Queste interpretazioni non ci trovano però d'accordo; non lo siamo neanche con quella che vede il Sinodo come momento forte e centrale della sinodalità in virtù delle sue decisioni di rottura, né con quella secondo cui i lavori sinodali sono stati raffreddati con rallentamenti e danni per la nuova sinodalità. Ambedue le tesi non vedono che il Sinodo è da considerarsi, in fondo, solo come un momento della nuova sinodalità, un semplice passaggio per niente decisivo né risolutivo.

Da qui il carattere “interlocutorio” del suo Documento finale, il quale non fa chiare scelte di rottura e nello stesso tempo tiene aperte tutte le porte per il futuro, nella consapevolezza che si chiude il Sinodo ma non si chiude la sinodalità. Proprio questo hanno fatto capire, per esempio, suor Jeannine Gramick e padre James Martin nei loro interventi a Sinodo concluso. Una dichiarazione di New Ways Ministry, l’associazione pro LGBT della Gramick, ha mostrato sì un doveroso disappunto perché il Documento non ha fatto scelte decisive in questo campo, ma poi ha riconosciuto che il processo sinodale «ha preparato un terreno fertile per il cambiamento». Padre Martin, che pure si era mostrato indispettito, poi ha cambiato idea, sostenendo che aver tolto i temi scottanti dal Sinodo è stato utile perché ha permesso un dialogo maggiore sulla natura stessa della sinodalità anziché perdersi nei particolari.

Ciò che interessa ai fautori del nuovo non è tanto un Sinodo, che inizia e finisce subito, ma il processo della sinodalità che continua ben oltre questi appuntamenti. Il carattere “interlocutorio” del Documento finale non è un male ma un bene per chi fa da regia al processo sinodale. Coloro che si interessano molto dei documenti, compreso quest’ultimo, sono fuori fuoco. La sinodalità vuole una nuova Chiesa. Non può però dirne i caratteri troppo in fretta, prima che, come ha detto Francesco per le donne-diacono, i tempi siano maturi.

Il processo sinodale procederà non tramite documenti sinodali ma tramite atti concreti. Padre Martin stesso ne elenca qualcuno: sinodo annuale nelle diocesi, nuovi ministeri nelle parrocchie, esperienze di “conversazione nello Spirito” tra famiglie o gruppi. La nostra impressione è che l’abbassamento di toni del Sinodo avvantaggi la nuova sinodalità e non il contrario.

Il Documento finale non dice di sì alle donne diacono, ma tiene aperto il tema delle donne nella Chiesa (nn. 60); non indica nello specifico nuovi ministeri, ma mantiene questa possibilità indicando a titolo di esempio la possibilità di un ministero “dell’ascolto e dell’accompagnamento” (n. 78); non nega la competenza decisionale dei vescovi o del Papa (n. 92) ma aggiunge che «un orientamento che emerga nel processo consultivo come esito di un corretto discernimento, soprattutto se compiuto dagli organismi di partecipazione, non può essere ignorato» ed auspica una revisione del diritto canonico a questo proposito; non riconosce esplicitamente alle Conferenze episcopali una competenza dottrinale (nn. 120-129) ma dice che «occorrerà chiarirne meglio lo statuto teologico e canonico, così come quello dei raggruppamenti continentali di Conferenze Episcopali, per poterne mettere a frutto le potenzialità per l’ulteriore sviluppo di una Chiesa sinodale»; e propone di approfondire teologicamente e canonicamente la “decentralizzazione” distinguendo le questioni riservate al Papa da quelle che potrebbero essere concesse alle Conferenze episcopali.  

Una notizia post-sinodale non può essere trascurata: Francesco ha dichiarato che questa volta non scriverà nessuna Esortazione apostolica postsinodale. In un mio libro di qualche anno fa sul Sinodo 2014/2015 sulla famiglia avevo previsto che Amoris laetitia sarebbe stata l’ultima Esortazione apostolica postsinodale. Questa previsione – dopo le parentesi delle esortazioni conseguenti al Sinodo sui giovani e a quello sull'Amazzonia – viene ora confermata da Francesco. Comunicando questa decisione, egli ha anche detto che il documento finale del Sinodo ha valore “magisteriale”, anche se in senso non normativo.

Questa decisione, come del resto il nuovo decalogo della Liturgia penitenziale dell'1 ottobre scorso [vedi qui], fa fare alla nuova sinodalità un passo da gigante. Lasciamo chiacchierare i sinodali in modo da assimilare il nuovo apparato concettuale e linguistico, facciamo che producano documenti finali interlocutori che non intralcino il lungo percorso… ciò che conta è la nuova Chiesa della nuova sinodalità che procede per atti come questi.



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