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LA VISITA DI MIKATI

Il premier libanese in Italia, ritratto di una leadership fallita

Najib Mikati, premier libanese, era in visita a Roma questo fine settimana. Ha incontrato il Papa, la Meloni e il presidente palestinese Abu Mazen. Dopo aver trattato il problema dei rifugiati siriani (che devono tornare a casa), chiede soldi per la ricostruzione. Lui personalmente è miliardario.

Politica 17_12_2024
Giorgia Meloni e Najib Mikati (La Presse)

Il Primo Ministro libanese uscente, il sunnita Najib Mikati, è stato in visita ufficiale a Roma per perorare la causa del suo Paese. Mikati non è nuovo a tour del  genere nei Paesi europei, che in questi ultimi anni di grave crisi per il Libano ha percorso instancabilmente, spesso accompagnato dalla moglie May. In questa ultima occasione Mikati è stato ricevuto da Papa Francesco, altra sua vecchia conoscenza, ed ha incontrato il Primo Ministro Meloni ed il Presidente dell'Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas, noto anche come Abu Mazen. Infine, Mikati ha assicurato l'endorsement del Libano alla Premier dal palco di Atreju.

Come si apprende da una nota della Sala Stampa Vaticana, venerdì mattina Najib Mikati è stato ricevuto in udienza privata dal Papa nella biblioteca del Palazzo Apostolico. Dopo venti minuti di colloquio ed il tradizionale scambio di doni a favore di telecamera, il Premier libanese ha incontrato il Segretario di Stato Vaticano Cardinal Pietro Parolin, che ha sottolineato come la Santa Sede segua il Libano "con un'attenzione particolare”, soprattutto nei riguardi della grave crisi socioeconomica del Paese. Dopo aver auspicato che «la coesistenza pacifica delle diverse religioni continui a caratterizzare l’identità del Libano e sia di aiuto e sostegno alla pace nel Medio Oriente», Parolin ha espresso il desiderio che l'elezione del Presidente della Repubblica «si tenga nella data fissata e che il Presidente eletto sia capace di riunire i libanesi sotto l'egida della costituzione».

Per comprendere l'auspicio del Cardinale occorre sapere che dalla scadenza del mandato di Michel Aoun del 31 ottobre 2022 i membri del Parlamento libanese non sono riusciti ad eleggere un nuovo Presidente. Del resto il governo attuale, Mikati in testa, avrebbe dovuto restare in carica solo fino alle elezioni generali del maggio 2022; i 128 membri del Parlamento eletti in quella tornata, però, non sono riusciti a  designare un nuovo Primo Ministro, né a  comporre un nuovo governo in accordo con il Presidente della Repubblica. In questo caso, dunque, la sottolineatura del Segretario di Stato Vaticano risulta particolarmente appropriata.

Proseguendo nel suo tour, sabato mattina Mikati è stato ricevuto da Meloni a palazzo Chigi, dove dopo il rituale picchetto d'onore la Premier ha confermato all'ospite l'impegno del Governo italiano per sostenere la tenuta della tregua del 27 novembre scorso tra Israele e Hezbollah. Meloni ha inoltre ricordato «il fondamentale ruolo svolto dal contingente italiano presso la missione Unifil nel sud del Libano» che la stessa Premier ha visitato due volte nel corso di quest'anno. Il discorso si è poi soffermato sulle ultime vicende siriane.  «Dopo la trasformazione politica in Siria la cosa migliore per i siriani è tornare a casa» ha affermato Mikati, invitando la comunità internazionale e in particolar modo l'Europa a facilitare il ritorno dei profughi siriani, assicurando la piena collaborazione del Libano con i Paesi Europei «per prevenire la migrazione illegale». Anche in questo caso, occorre fare un passo indietro per capire di cosa parlano i due Premier. Il piccolo Libano, oppresso da circa un milione e mezzo (o due milioni, a seconda delle fonti) di siriani fuggiti nel Paese dall'inizio del conflitto in Siria e assistiti sul campo da Unhcr, l'agenzia Onu per i rifugiati, ha da sempre cercato il modo di sbarazzarsene. Memori delle pesanti ingerenze nella politica libanese di Assad padre, che non ha mai nascosto il suo appetito nei confronti del Libano, governo e popolazione del Paese dei cedri non hanno mai tollerato la presenza dei siriani sul loro territorio, trattandoli come paria, opponendo divieti ad ogni forma di integrazione ed accusando l'agenzia Onu di mantenerli a spese loro. L'invito di Mikati ai Paesi Europei a favorire il rientro dei siriani in patria non è certamente nuovo e contiene una sottile per quanto vaga minaccia: o ci aiutate a rimandarli indietro oppure ve li ritroverete in casa voi. Nel suo discorso, la Premier italiana ha seguito a ruota il ragionamento di Mikati, concordando con lui sull'urgenza «di creare le condizioni per un ritorno dei rifugiati che sia volontario, sicuro, dignitoso e sostenibile». Motivo, vedi sopra.

A latere dell'incontro con Meloni, Mikati si è intrattenuto brevemente con Abu Mazen, auspicando assieme all'anziano Presidente dell'Autorità nazionale palestinese un prossimo cessate il fuoco a Gaza,  l'arrivo di aiuti umanitari e il «ritiro completo di Israele» dalla striscia e dai territori palestinesi, nonché dal sud del Libano.

Infine, Mikati ha dato una grande prova di endorsement al nostro Premier dal palco di Atreju, dove è stato accolto da ospite con tutti gli onori. Dopo aver ringraziato la padrona di casa che, parole sue, «sta facendo un gran lavoro» Mikati ha dichiarato che la responsabilità di fare osservare la tregua ad Hezbollah e soprattutto ad Israele «ricade direttamente su chi l'ha patrocinata: Stati Uniti e Francia», chiedendo a tutta la comunità internazionale di fare la sua parte in questo senso. Ha inoltre sottolineato che le perdite subite dal Libano a causa del conflitto tra Israele ed Hezbollah sono ingenti, e che secondo le stime della Banca Mondiale «occorrono almeno cinque miliardi di dollari  per la ricostruzione». Cifre da capogiro, ma Mikati non esita ad affermare che è la comunità internazionale a doversene fare carico.

Del resto, da navigato uomo d'affari il Premier libanese di cifre se ne intende. Interessanti informazioni in tal senso si apprendono dalla celebre rivista americana Forbes che ne traccia una biografia. Originario di Tripoli, 69 anni, sposato con tre figli,  Mikati ricoprì la sua prima carica istituzionale di rilievo dal 1998 al 2004, come ministro dei trasporti e dei lavori pubblici nei governi Al Huss e Hariri. Nel 2005 fu eletto per la prima volta Primo Ministro ed ha ricoperto la stessa carica dal 2011 al 2014, ed infine dal settembre 2021 fino ad oggi. Soprattutto, però, assieme al fratello Taha Mikati è l'uomo più ricco del Libano, posizionato al numero 1187 al mondo del ranking 2024 della rivista. La sua fortuna trae origine dalle telecomunicazioni: nel 1982, all'apice della guerra civile libanese, i fratelli Mikati fondarono Investcom, che trattava cellulari e altri devices elettronici ed ebbe enorme successo.

Quello del Premier sunnita è solo un esempio, beninteso clamoroso, di una classe politica ricchissima ed altamente corrotta, sempre pronta a chiedere alla comunità internazionale aiuti che, una volta ottenuti, non è capace di gestire senza grassazioni e ruberie. È significativo che oltre ai Mikati la lista 2024 di Forbes annoveri per il Libano altri quattro miliardari, tre dei quali sono figli dell'ex Primo Ministro Rafik Hariri. Il Libano, Stato fallito dal 2020, è un Paese piccolo (la sua superficie è grossomodo equivalente a quella dell'Abruzzo) ed il suo debito pubblico è irrisorio a confronto con quello di un Paese occidentale medio.

Al di là dei discorsi di circostanza, per rendersi credibile a livello internazionale la classe politica libanese dovrebbe invertire la rotta, mostrando agli agognati investitori di volere essa stessa il bene del suo popolo, l'ottanta per cento del quale vive sotto la soglia di povertà. Nulla cambierà nel Paese finché gli aiuti attesi dall'esterno resteranno l'unica risorsa possibile. Per inciso, Tripoli è tuttora la città più povera del Libano.