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demografia

Il Paese invecchia male, in pensione più tardi e più poveri

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La vita si allunga e le culle si svuotano: una sproporzione che incide sul Pil e anche sull'aumento dell'età pensionabile. Si lavorerà sempre di più in un'Italia con pochi figli e ancor meno sviluppo.

Attualità 03_06_2025
Alessandro Paris - imagoeconomica

Lavorare tutti, molto di più e sempre più poveri. Questo il combinato disposto, più che prevedibile da oltre 40 anni e per contrastare il quale ben poco o nulla si è fatto. Risultato, come confermato dallo studio dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) dei giorni scorsi, dai dati Istat e dalla relazione del Governatore della Banca di Italia, Panetta, i nostri nipoti e figli dovranno lavorare molto di più in un Paese con sempre meno figli, più povertà ed ancor meno sviluppo economico.

L'aspettativa di vita e gli anni trascorsi in pensione sono in aumento in tutta Europa e molti Paesi stanno aumentando di conseguenza l'età pensionabile o saranno costretti a farlo nel prossimo futuro. La Danimarca, ad esempio, ha già deciso di portare l'età pensionabile a 70 anni entro il 2040. Il recente rapporto Pensions at a Glance dell'Ocse, mostra come nel 2022 l'età pensionabile legale per gli uomini nell'Ue variava da 62 a 67 anni, mentre per le donne da 60 a 67 anni, nel 2024 l'età media pensionabile nell'Ue è di 64,7 anni per gli uomini e di 63,8 anni per le donne. Tre Paesi nordici (Danimarca, Norvegia e Islanda) hanno l'età pensionabile più alta, 67 anni, sia per gli uomini che per le donne. 

L'età pensionabile è superiore ai 65 anni anche in diversi altri Paesi, tra cui i Paesi Bassi (66,6), Regno Unito e Irlanda (entrambi 66), Germania (65,8) e Portogallo (65,6), mentre si attestano su un'età pensionabile di 65 anni  Austria, Polonia, Romania, Ungheria, Croazia, Svizzera, Belgio, Italia, Spagna e Cipro. In tutti gli altri l’età pensionabile è inferiore ai 65 anni. Secondo l'Ocse, «sulla base dei legami consolidati tra età pensionabile e aspettativa di vita», si prevede che l'età pensionabile aumenterà in 20 Paesi per gli uomini e in 24 per le donne sui 32 analizzati in Europa. In particolare, l'età pensionabile normale per coloro che si affacceranno nel mercato del lavoro nel 2022 oscillerà tra i 62 e i 74 anni per gli uomini e tra i 60 e i 74 anni per le donne entro il 2060, con una media europea di 66,7 per gli uomini e i 66,4 per le donne. Per Estonia, Slovacchia, Italia, Svezia e Cipro l'età pensionabile crescerà di 5 anni o più entro il 2060. 

Con questi dati bisogna analizzare anche ciò che, in estrema sintesi, emerge dall’ultimo Rapporto Istat pubblicato la scorsa settimana, e cioè che il Paese Italia è sempre più in difficoltà: crescita economica sotto l’1%, perdita di potere d’acquisto di stipendi e salari, aumento della povertà assoluta, perdurare di grandi divari tra nord e sud e tra aree metropolitane e aree interne. Con l’aggravamento della decrescita demografica e della condizione degli anziani, nel 2024 abbiamo toccato il minimo assoluto di 1,18 nuovi nati per donna: insieme a quello spagnolo è il valore più basso nell’Unione Europea e tra i più bassi nel mondo. Inoltre dal 2019 al 2024 a fronte di un'inflazione del 21,6% i salari sono cresciuti solo del 10,1%. La differenza in negativo è dell’11,4%. Ciò determina una perdita del potere di acquisto dei salari in Italia del 4,4 %, mentre gli altri Stati Europei hanno tenuto e in Spagna c’è stato un aumento del 3,9 %.

Non possiamo che considerare come la riduzione drammatica del rapporto tra chi lavora e chi ha smesso di lavorare fa inevitabilmente crollare il Pil e la sostenibilità dei sistemi pensionistici e, allo stesso tempo, sbilancia il rapporto tra le generazioni che è il meccanismo principale di supporto e cura alla fragilità nella parte finale della vita. Lo stesso Governatore della Banca d'Italia, Fabio Panetta, nei giorni scorsi ha ricordato come lo scenario della ripresa italiana sia «fragile», a causa non solo delle incertezze globali ma, anche delle prospettive di una “bomba” demografica incombente: con una popolazione italiana sempre più vecchia e ridotta numericamente (meno 5 milioni circa di persone in età lavorativa entro il 2040). 

Difficile  garantire benessere senza interventi strutturali in questo campo che, senza misure condivise e significative, porta con sé il rischio di «una contrazione del prodotto lordo pari all’11%», ovvero l’8% pro capite in 15 anni. L’invecchiamento della «popolazione e la bassa natalità sono destinati a incidere profondamente sul potenziale di crescita dell'economia italiana», è necessario ampliare la forza lavoro con l’aiuto dell’immigrazione qualificata e creando «opportunità di occupazione attrattive per i numerosi italiani che lasciano il Paese alla ricerca di migliori prospettive». A fronte di tale stringente e grave realtà che riguarda il futuro di tutti noi e dei nostri figli e nipoti, purtroppo fatta presente all’opinione pubblica solo sporadicamente e sempre in accese polemiche politiche, sarebbe il caso di promuovere pubblicamente un nuovo “patto per l’Italia” bipartisan tra governo, forze politiche che lo compongono, le parti imprenditoriali, le rappresentanze dei lavoratori e le opposizioni. 

Il nostro Paese ha urgente bisogno di abbandonare il clima di scontro polemico e violento degli ultimi anni, deve con urgenza rimboccarsi le maniche, stabilendo un percorso condiviso e stabile su due, tre, quattro misure pluriennali che diano certezze a famiglie, imprese,  lavoratori e non siano suscettibili a ripicche, vendette e rivoluzioni ad ogni cambio di maggioranza. Senza una tale e seria assunzione di responsabilità politica, la decadenza futura e inesorabile tracciata da Ocse, Istat e Banca d'Italia sommergerà ogni leadership e l’ambizione di ciascuno.  

 



IL FENOMENO

L'invecchiamento globale, cioè: bye bye pensioni

28_01_2023 Luca Volontè

Un rapporto dell’Onu sottolinea che la diminuzione della natalità, unita alla maggiore durata della vita, sta accrescendo la percentuale di anziani. Tra le politiche suggerite, l’estensione della vita lavorativa e l’innalzamento dell’età pensionabile. Ma in Occidente sempre più Paesi pensano di "risparmiare" con la cultura della morte, promuovendo l’eutanasia.