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SUICIDIO ENERGETICO

Il nostro gas in “regalo” a Slovenia e Croazia

Il governo Renzi aveva imposto il divieto di trivellare l’Adriatico e ne paghiamo le conseguenze, anche in termini di risarcimenti multimilionari a una compagnia petrolifera britannica. Intanto i vicini di mare estraggono il gas naturale a cui noi abbiamo rinunciato.

Attualità 26_08_2022
triv

Crisi energetica, piani di emergenza, prezzi che crescono, speculatori sempre più avidi e l’Italia paga le follie che, dal governo Renzi in poi, dove c’era anche il ministro Calenda, vietano di trivellare a 12 miglia marine (22,224 km) dalle coste italiane i giacimenti di idrocarburi e gas nel Mar Adriatico. Male, molto male. Lo scorso 25 luglio era stato il London Economic ad anticipare il possibile pericolo di multa per il nostro paese.

L'Italia, si scriveva «potrebbe essere costretta a pagare un risarcimento multimilionario a una compagnia petrolifera britannica dopo aver vietato le trivellazioni vicino alle sue coste. Nel 2014 la Rockhopper Exploration, con sede nel Wiltshire in UK, aveva acquistato una licenza di trivellazione per la costa adriatica italiana, ma si è trovata di fronte a migliaia di persone che si opponevano al progetto e il governo e il parlamento italiano, con la coda tra le gambe, avevano deciso nel 2015 la cosa più elettoralmente conveniente e suicida per i posteri: vietare progetti di estrazione di petrolio e gas entro 12 miglia nautiche dalla costa. La Rockhopper, dunque aveva avviato la battaglia a colpi di carta bollata contro l’Italia per aver bloccato “il progetto nel 2016 che prevedeva la costruzione di sei pozzi e una nave galleggiante per la trasformazione del greggio” e chiedeva un arbitrato per  un risarcimento di 275 milioni di dollari, di cui solo 29 spesi, il resto sarebbero stati i mancati guadagni».

La vicenda sembrava conclusa nel 2016 quando, dopo anni di proteste dei movimenti No triv e con un referendum da votare, il governo Renzi aveva fermato il progetto della compagnia petrolifera, per paura del referendum della primavera poi fallito. Lo spartiacque era la legge di Stabilità entrata in vigore il 1° gennaio 2016 che reintroduceva il divieto di esercitare attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi nelle zone di mare poste entro 12 miglia dalle linee di costa. Il percorso legale che si è dovuto seguire per dirimere la vicenda, noto come ISDS, è stato creato ed è usato per proteggere i beni delle compagnie di combustibili fossili dalle leggi ambientali, dagli anni ‘50 in poi è stato inserito in migliaia di trattati e le aziende produttrici di combustibili fossili lo utilizzano per proteggere i loro beni, di fronte all'imminente ondata di leggi sul clima.

L'ISDS fa parte del Trattato sulla Carta dell'Energia (TCE), il che significa che le aziende energetiche possono fare causa a uno qualsiasi dei 53 Paesi firmatari, se questi adottano misure che potrebbero intaccare i loro guadagni futuri, come ad esempio vietare lo sfruttamento delle riserve di carbone, petrolio e gas. Meccanismo procedurale che consente a un investitore di un Paese di avviare un procedimento arbitrale direttamente contro il Paese in cui ha investito, cioè l'investitore può citare in giudizio lo Stato ospitante in un arbitrato neutrale piuttosto che nei tribunali nazionali dello Stato ospitante. La Francia e la Spagna vogliono entrambe ritirarsi dal trattato, ma questo non le proteggerebbe da richieste di risarcimento relative a investimenti passati.

L'Italia ha lasciato il TCE nel 2016, ma è stata citata in giudizio in base a una "clausola di caducità" che prevede che gli ex membri siano soggetti al trattato per 20 anni dopo la loro uscita. Martedi 24, dunque, la decisione del Tribunale italiano che ha ordinato al governo italiano di pagare più di 210 milioni di sterline alla compagnia petrolifera britannica Rockhopper come risarcimento per il divieto di trivellazione offshore. Avete letto bene, affrontiamo le crisi energetico ambientali esattamente come quella demografica: facendoci del male. Infatti, come abbiamo descritto su La Bussola, oltre a pagare multe all’Europa perché non mettiamo in ordine la nostra rete idrica, che fa acqua da tutte le parti, oltre a “bloccare” la costruzione di desalinizzatori, ora ci troviamo in piena crisi energetica (il piano di emergenza verrà presentato dall’ottimo ministro Roberto Cingolani nei prossimi giorni), prezzi del gas alle stelle (ieri sera 321,4 euro al megawattora) per colpa dei “signori del profitto energetico”, speculatori sciacalli ed avidi che si muovono contro il Paese, ridicoli richiami di “sospensione” di una campagna elettorale sempre più cafona ed un multa stratosferica da pagare per la pavidità dei molti governi dell’ultimo decennio. Non solo, all’ignavia di non voler affrontare seriamente e scientificamente la questione ambientale, ormai divenuta una vera e propria religione pagana, stiamo anche lasciando alla Croazia tutti i 40 miliardi di metri cubi a disposizione nell’Adriatico.

Un regalo senza senso che abbiamo impacchettato per i nostri vicini di mare. Infatti, mentre l'Italia (e in questo caso l'estremo Nordest del Paese) si è di fatto incatenata da sola imponendosi il divieto di trivellare il fondale dell'Alto Adriatico, ora Slovenia e Croazia vanno a caccia di risorse energetiche proprio in quello spicchio di mare. In particolare, la compagna petrolifera e del gas Ina (ragione sociale in Croazia), infatti, all'inizio di giugno ha annunciato un investimento di circa 270 milioni di euro destinato unicamente alle trivellazioni nell'Alto Adriatico e all'installazione di piattaforme per l'estrazione di risorse energetiche e migliorare la sicurezza energetica del Paese (l’Agenzia croata per gli idrocarburi (AZU) dichiara che nel 2021 i giacimenti croati hanno prodotto 0,78 miliardi di metri cubi di gas).

Noi? Tra il decreto Bollette di febbraio scorso e il decreto Energia di giugno abbiamo rinunciato al “nostro gas naturale”. Esattamente come nel 2019 il Governo Conte II, sostenuto dal centrosinistra, aveva fermato ogni sfruttamento dei giacimenti (Fortuna Prospect) scoperti tra Italia e Grecia, lasciando tutto a quest’ultima. Lo dico sommessamente, chiunque abbia contribuito con le sue scelte a questo scempio, di cui tutti paghiamo le conseguenze, lasci definitivamente dalla politica, essendosi opposto al “bene comune”, taccia per sempre.