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La solennità

Il mistero dell’Annunciazione, nelle parole del Montfort

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Nel Trattato della vera devozione alla Santa Vergine, san Luigi Maria Grignion di Montfort spiega che i veri devoti della Madonna hanno «una singolare devozione per il grande mistero dell’Incarnazione del Verbo, il 25 marzo». Questo per due ordini fondamentali di motivi.

Ecclesia 25_03_2023
Annunciazione_Beato Angelico

I veri devoti della Santa Vergine hanno «una singolare devozione per il grande mistero dell’Incarnazione del Verbo, il 25 marzo, che è il mistero proprio di questa devozione, perché questa devozione è stata ispirata dallo Spirito Santo: 1) per onorare e imitare la dipendenza ineffabile che Dio Figlio ha voluto avere da Maria, per la gloria di Dio Padre e per la nostra salvezza, dipendenza che appare particolarmente in questo mistero in cui Gesù Cristo è prigioniero e schiavo nel seno della divina Maria e in cui dipende da lei in tutte le cose; 2) per ringraziare Dio delle grazie incomparabili che ha fatto a Maria e particolarmente di averla scelta come sua degnissima Madre, scelta che è stata fatta in questo mistero».

Parole contenute nel prezioso Trattato della vera devozione alla Santa Vergine di san Luigi Maria Grignion di Montfort, poeta, teologo e cantore della sublime bellezza di Maria Santissima. Poche righe che riescono a condensare diversi e ampi temi teologici. Quella alla solennità dell’Annunciazione è una devozione che «è stata ispirata dallo Spirito Santo»: questo, il primo tema affrontato dal santo francese. Ci troviamo di fronte, dunque, a due dei misteri più affascinanti insegnati dalla Chiesa: lo Spirito Santo e l’Incarnazione. È interessante vedere come per il Montfort il popolo di Dio sia legato, in questa solennità, al soffio dello Spirito, e come contemplando e avendo devozione per questo mistero dell’unione tra la Vergine Maria e il suo Sposo si possa ritrovare un altro mistero: quello della voce di Dio che parla al Suo popolo. Un’altra unione è così celebrata.

Il testo, successivamente, “entra nel vivo” dell’Annunciazione: ci troviamo di fronte a un annuncio - l’Annuncio per eccellenza - che cambierà le sorti della storia. Dio si fa uomo e decide di vivere nel santo grembo verginale di Maria: il testo fa riferimento a una vera e propria «dipendenza» del Dio-Figlio nei confronti della Vergine, definendo Gesù Cristo addirittura «prigioniero e schiavo». Vengono in mente le parole di san Paolo della Lettera ai Galati: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da Donna, nato sotto la Legge, per riscattare coloro che erano sotto la Legge, perché noi ricevessimo l’adozione a figli». Questa scelta particolare di crescere all’interno del grembo-tempio della Vergine, di formarsi in nove mesi (così come avviene per tutti i bambini), per il Montfort riesce a creare tra Gesù e Maria un legame ancor più particolare di quello già esistente. Bisogna ammettere che la parola «schiavo» - espressione, tra l’altro, più volte utilizzata in tutta la teologia mariana monfortana - è un termine forte che lo stesso santo spiega così in un passaggio del Trattato: «Ti prego di notare bene una cosa. Io dico abitualmente: schiavo di Gesù in Maria; schiavitù di Gesù in Maria. Come parecchi altri han fatto sin qui, si può dire benissimo: schiavo di Maria, schiavitù della santa Vergine. Penso però sia meglio dire: schiavo di Gesù in Maria» (n. 244).

In quel «in» vi è un mondo. E per comprenderlo bene è necessario fare riferimento a queste altre righe del Montfort: «Il mondo - dice sant’Agostino - era indegno di ricevere il Figlio di Dio direttamente dalle mani del Padre. Questi l’ha dato a Maria perché il mondo lo ricevesse per mezzo di lei. Il Figlio di Dio si è fatto uomo per la nostra salvezza, ma in Maria e per mezzo di Maria. Dio Spirito Santo ha formato Gesù Cristo in Maria, ma dopo averle chiesto il consenso per mezzo di uno dei primi ministri della sua corte» (n. 16). Ecco il mistero dell’Annunciazione, in cui troviamo la Vergine «già piena di grazia quando fu salutata dall’arcangelo Gabriele». Una grazia di cui Maria «fu ricolma con sovrabbondanza quando lo Spirito Santo stese su di lei la sua ombra ineffabile. Poi crebbe talmente di giorno in giorno e di momento in momento in quella duplice pienezza, che raggiunse un grado di grazia immenso e inconcepibile» (n. 44).

La Vergine Maria, al momento dell’Annunciazione, era dunque già «piena di grazia» essendo stata pensata-scelta da Dio per compiere il progetto di salvezza per gli uomini: Lei è la nuova Eva che con l’accettazione completa della volontà di Dio, con il suo fiat - frutto di immensa umiltà - obbedisce al Signore, salvando l’umanità: «Ciò che Eva ha dannato e perduto con la disobbedienza, Maria l’ha salvato con l’obbedienza. Eva, obbedendo al serpente, ha rovinato con sé tutti i suoi figli, che abbandonò in potere del demonio. Maria, rimanendo perfettamente fedele a Dio, ha salvato con sé tutti i suoi figli e servi, che consacrò alla sua Maestà» (n. 53).

Nell’Annunciazione si manifesta bene ciò che Montfort definisce, in un certo modo, la «necessità», da parte di Dio, di avere come strumento la Vergine Maria: «Per il fatto che la santissima Vergine - leggiamo nel Trattato - è necessaria a Dio, di una necessità detta ipotetica, e cioè derivante dalla sua volontà, bisogna dire che ella è ancor più necessaria agli uomini» (n. 39). Il più delle volte questo momento così importante per la storia della salvezza viene visto lontano da noi: forse, le forme e i colori quasi sempre ieratici delle grandi opere pittoriche - basterebbe pensare al Beato Angelico, al Perugino o a Lorenzo Lotto, solo per citarne alcuni - hanno in una certa misura contribuito a questa percezione. Il Montfort, invece, ha l’immenso merito di aver riportato il tutto nel cuore della vita quotidiana di ogni uomo, facendo vedere l’Annunciazione nel suo aspetto più autentico: «Colui che È volle venire in mezzo a ciò che non è, perché ciò che non è diventi Dio o Colui che È. Questo Egli ha fatto in modo perfetto dandosi e sottomettendosi interamente alla giovane Vergine Maria, senza cessare di essere nel tempo Colui che È da tutta l’eternità. Così, pur essendo un nulla, noi possiamo divenire simili a Dio con la grazia e la gloria, per mezzo di Maria, offrendoci a lei in modo così perfetto e totale da non essere più niente in noi stessi, ma tutto in lei, senza timore di ingannarci» (n. 157).