Il Giubileo del 1625 in un’Europa insanguinata dalle guerre
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Un conflitto sanguinoso che favorì la circolazione della peste bubbonica, immortalata due secoli dopo dal Manzoni: in questo drammatico contesto si svolse un Anno Santo segnato anche da una fioritura artistica per volontà di un papa mecenate, Urbano VIII.
Il 25 marzo 1625 papa Urbano VIII esortava alla pace, invitando i cattolici a pregare uniti con quell’obiettivo. L’Europa era dilaniata da un conflitto sanguinoso iniziato nel 1618 e che sarebbe proseguito fino al 1648 che venne ricordato come Guerra dei Trent’anni. Sono passati quattrocento anni: il mondo non è cambiato; allora, come oggi, il Giubileo si rivelava una grande occasione per la preghiera e per la conversione del cuore.
La Guerra dei Trent’anni favorì la circolazione della peste in Europa, a più riprese. A Roma nel 1625 si temeva la diffusione della pandemia. Si sarebbe diffusa poco più tardi, tra il 1629 e il 1630. Di tipo bubbonico, provocava evidenti tumescenze ed era letale al cinquanta per cento dei casi, a differenza di quella polmonare, chiamata peste nera, mortale al novantanove per cento dei casi. Sono gli anni in cui Manzoni ambienta i Promessi sposi (1628-1630).
Papa Urbano VIII aveva indetto il tredicesimo Giubileo il 29 aprile 1624 con la bolla Omnes gentes plaudite manibus. Il papa era mecenate e protettore di letterati e artisti, uno dei promotori delle grandi opere che abbellirono Roma nei primi decenni del Seicento, tra cui Palazzo Barberini e molte fontane che diedero un nuovo abito alle piazze barocche con i loro giochi d’acqua. Fu lui a far prelevare dal Pantheon il bronzo delle travi per produrre i cannoni che fossero a protezione di Castel Sant’Angelo.
Papa Urbano VIII voleva far di Bernini un nuovo Michelangelo. Così l’artista, che aveva realizzato per il cardinale Scipione Borghese già quattro gruppi scultorei (Enea e Anchise, il Ratto di Proserpina, il David e Apollo e Dafne), iniziò una collaborazione con il protettore che durò decenni. Durante il Giubileo stava realizzando il Baldacchino della Basilica di San Pietro, terminato nel 1633. La sua collaborazione col papa sarebbe proseguita con la Fontana del Tritone, quella delle Api e la stessa tomba di Urbano VIII.
A Roma si trovava nell’anno del Giubileo un altro gigante dell’arte barocca: Francesco Borromini. Fu lui a disegnare la croce che doveva essere sigillo alla Porta Santa alla chiusura del Giubileo, realizzata in micromosaico da Giovan Battista Calandra.
Il maggior poeta del Barocco italiano, Giambattista Marino, desiderava recarsi a Roma, ma la malattia glielo impedì. Morì a Napoli durante la settimana santa dell’anno giubilare. La sua vita sbandata, caratterizzata da frodi, atteggiamenti all’eccesso e finanche un omicidio, si concluse con i sacramenti: l’estrema unzione e la confessione.
Durante il Giubileo del 1625 il papa concesse l’indulgenza non solo ai pellegrini che avessero raggiunto Roma, ma anche a monache, carcerati, infermi che fossero stati impossibilitati a recarsi in pellegrinaggio e avessero ottemperato a tutte le indicazioni per il perdono. Il papa stesso manifestò grande devozione salendo in ginocchio la Scala Santa, lavando i piedi ai pellegrini. Per rendere il clima più consono all’anno giubilare vietò le feste di Carnevale e il porto delle armi. Venne organizzata l’ospitalità dei pellegrini che trovarono a Roma i migliori predicatori. La Basilica di Santa Maria in Trastevere sostituì quella di San Paolo fuori le Mura per evitare il rischio del contagio.
Dalle testimonianze su quell’anno fu un Giubileo caratterizzato da processioni molto sfarzose e teatrali organizzate dalle confraternite, secondo la moda baroccheggiante del tempo. L’affluenza fu notevole, se si presta fede ai dati sull’accoglienza offerti dalle stesse confraternite.
Negli anni che seguirono il Giubileo ordinario del 1625 fino alla morte avvenuta nel 1644 papa Urbano VIII ne indisse altri otto, di tipo straordinario, perché si invocasse da Dio l’aiuto alla Chiesa, all’Italia, a Roma. Nel 1648 si concluse la Guerra dei Trent’anni che aveva lacerato l’Europa.
Grandi esempi di santità al Giubileo del 1600
Il 31 dicembre 1599 papa Clemente VIII aprì la Porta Santa per il 12° Giubileo ordinario della storia cristiana e lui stesso fu un mirabile esempio per tutti. Per quell’Anno Santo brillò particolarmente la carità di san Camillo de Lellis e dei suoi Ministri degli Infermi.
Tasso e Borromeo al primo Giubileo dopo il Concilio di Trento
L'autore della Gerusalemme liberata era tra i pellegrini dell'Anno Santo 1575, che vide il santo arcivescovo di Milano incarnare in prima persona il cammino di rinnovamento e di purificazione intrapreso nella Chiesa post-tridentina.
1550, un Giubileo alla presenza di grandi santi e artisti
Paolo III, il Papa che indisse il Concilio di Trento, organizzò con ogni cura anche il Giubileo del 1550, a cui pure non poté partecipare perché nel frattempo deceduto. Presenti invece grandi artisti, in primis Michelangelo, e santi, come Filippo Neri e Ignazio di Loyola.