Il fideismo ambientalista confutato da un protestante
Il teologo Calvin Beisner spiega come la visione biblica dell'uomo trova d'accordo protestanti e cattolici che rifiutano il divorzio fede e ragione, dimostrando che l'empirismo e i dati scientifici combaciano con l'ipotesi di un Dio creatore che ha sottomesso la natura all'uomo.
Riportiamo di seguito la versione integrale dell'intervista rilasciata da Calvin Beisner a Raffaella Frullone, pubblicata in versione ridotta sul Timone del dicembre 2014 con il titolo: "Ambientalismo perversione del cristianesimo".
Cosa comporta nell'approccio all'ambiente il concetto biblico dell'uomo creato
a immagine e somiglianza di Dio?
Gli uomini sono, a differenza di qualunque altro essere vivente, creati a immagine di Dio, lo dice la Genesi al versetto 1,26-27: «Poi Dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza, ed abbia dominio sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sul bestiame e su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra…». Ma cos'è l’immagine di Dio? Niente in quel versetto lo esplicita. La Genesi però ci suggerisce con forza che la creatività e la legge sono parti essenziali dell’immagine di Dio, dal momento che mostrano come l’azione di Dio sia soprattutto creatività, e quello che Dio, facendo il primo uomo e la prima donna, dice loro è di riprodursi (creatività) e di sottomettere e dominare (legge) la terra. Quindi possiamo sintetizzare che l’immagine di Dio è ragione e esercizio delle capacità morali nel dominare il mondo in modo produttivo.
Esiste una differenza nell'approccio al problema tra il cristianesimo e le altre grandi religioni?
Sì, certamente. Molti dei più influenti ambientalisti abbracciano o il secolarismo, negando l’esistenza di Dio, o una visione del mondo ispirata a qualche forma di paganesimo orientale, che sia panteista (Dio è l’universo), panenteista (Dio sta all’universo come l’anima sta al corpo) o animista (gli oggetti materiali sono abitati da spiriti). Sia il secolarismo che il paganesimo orientale hanno un approccio che nega la distinzione tra il Dio creatore e l’universo creato, un errore che, spiega l’apostolo Paolo in Romani 1, 18-31, porta all’irrazionalità e all’immoralità; ovvero negando il Creatore, a immagine del quale siamo fatti, corrompiamo i due elementi principali di quell’immagine dentro di noi: ragione e capacità morale. Questo alla lunga porta a inquinare la nostra relazione con il resto della creazione minando la santità della vita umana e la relazione fra i sessi (due, non molti) progettata da Dio, nonché il disegno di Dio sulla sessualità (intesa come comunione tra un uomo e una donna dentro il matrimonio che duri per tutta la vita, aperto alla procreazione) e la missione che Dio ha dato all’umanità (popolare e dominare la terra).
Uno dei padri della visione ecologista, almeno dell'idea che le risorse del pianeta sono limitate e quindi l'uomo è una minaccia per un ecosistema chiuso, è stato Thomas Malthus, che era un pastore anglicano...
Essere un pastore anglicano non equivale necessariamente a possedere la conoscenza necessaria per sviluppare una precisa teoria della crescita della popolazione e della sua relazione con il consumo di risorse o l’inquinamento ambientale. Chiaramente Malthus si sbagliava, come la storia dell’economia e della demografia ha dimostrato. Per esempio, il prezzo a lungo termine delle risorse estrattive – minerali, vegetali e animali – tende a scendere, mentre il prezzo a lungo termine del lavoro umano tende a crescere. I prezzi che calano indicano una maggiore disponibilità, i prezzi che salgono una diminuzione di essa. Il trend dei prezzi a lungo termine ci dice che le risorse estrattive sono meno scarse ora che ai tempi di Malthus. Questo perché gli essere umani non sono in prima istanza consumatori, ma produttori. E nelle società con condizioni economiche equilibrate (proprietà privata, libero commercio e limitato intervento del governo) essi producono molto di più di quanto consumano, lasciando le nuove generazioni in una situazione migliore delle precedenti.
Lei ha scritto che la teoria del riscaldamento globale è anti cristiana, in che senso?
La concezione del mondo dualistica della Bibbia (ci sono due fondamentali tipi di realtà: l’infinito, eterno, immutabile e spirituale Creatore e la finita, temporale, mutevole creazione, materiale e spirituale) ci dice che il mondo è il prodotto di un progetto onnisciente, di una creazione onnipotente e di un sostegno fedele da parte del Creatore, dal quale segue, per esempio, che non è probabile che proporzionalmente una piccola perturbazione del sistema naturale possa avere conseguenze catastrofiche - un risultato discordante con l’intelligenza del Creatore, con il suo potere e con la fedeltà del Signore. Questa prospettiva è coerente con l’osservazione empirica nelle diverse scienze fisiche e biologiche, per cui questi sistemi naturali sono dominati da meccanismi di feedback negativi piuttosto che positivi, ossia meccanismi che rispondono riducendo piuttosto che amplificando l’impatto di nuovi stimoli ad essi imposti. Ma entrambe le forme di monismo (tutta la realtà è riducibile ad un solo principio - senza distinzione fra Creatore e creatura; uno spiritualismo secolarizzato e non biblico di tipo panteista, paneneteista o animista) non offrono alcuna ragione per pensare al mondo come disegnato, creato e sostenuto, ma piuttosto lo vedono come il risultato nel tempo di un caso cieco e quindi come fragile e suscettibile di conseguenze catastrofiche dovute a cause di entità proporzionalmente minuscole. Questa visione del mondo conduce alla prospettiva, contraria all’osservazione empirica, che il sistema naturale sia caratterizzato ugualmente da feedback positivi e negativi e perciò che possa essere guidato, attraverso un nuovo stimolo, verso un feedback positivo ripetuto che incrementi anziché ridurre l’impatto di nuovi stimoli, portando a conseguenze catastrofiche. Un’applicazione delle differenti conseguenze logiche di queste due visioni (il dualismo biblico e il monismo) si trova nel dibattito sul riscaldamento globale antropogenico.
Di che dibattito si tratta precisamente?
Della credenza per cui le emissioni umane di anidride carbonica potrebbero portare a pericoli catastrofici che dipende dalla credenza per cui il sistema climatico sarebbe caratterizzato più dai feedback positivi che da quelli negativi. Mentre la credenza per cui le emissioni umane di anidride carbonica sono meno preoccupanti e prive di conseguenze catastrofiche dipende dalla credenza per cui il sistema climatico è caratterizzato più da feedback negativi che da quelli positivi. I modelli dei computer basati sulla paura di un dannoso, forse catastrofico, surriscaldamento sono tutti creati a partire dall’assunto per cui i feedback positivi superano quelli negativi, amplificando, per esempio, il surriscaldamento iniziale di circa 1-1,2 gradi che deriverebbe da una concentrazione media di anidride carbonica atmosferica raddoppiata a circa 2-4,5 gradi, pretendendo che i feedback moltiplichino l’iniziale surriscaldamento in un margine che va dal 167 al 450 per cento. Il fallimento dei modelli dei computer nel rappresentare l’osservazione delle temperature del mondo reale (oltre il 95 per cento di questi amplificano enormemente il surriscaldamento avvenuto dal 1980 ad oggi) rende estremamente improbabile che il loro assunto riguardo ai feedback sia corretto. Di conseguenza, molti scienziati del clima stanno riportando la “sensibilità climatica” ( il totale di surriscaldamento provocato dal raddoppiamento di anidride carbonica dopo aver tenuto conto di tutti i feedback) da 2-4,4 gradi, che è l’intervallo stimato dal Panel intergovernativo sul cambiamento climatico sin dal 1988 (anche se il Panel ha cambiato il dato minore a 1,5 grandi nella prima modifica del suo rapporto), ad un intervallo di temperatura più basso. La mia conclusione, dopo aver letto i vari studi in merito, è che l’intervallo probabilmente va da 0,5 ad 1 grado e che quindi non sia pericoloso. Ma ignoriamo anche per un momento i dettagli sulla “sensibilità climatica”: una “sensibilità climatica” minore è più coerente sia alla visione del mondo biblica sia alla ricerca empirica e scientifica del sistema fisico e biologico del mondo rispetto ad una “sensibilità climatica” maggiore. Ciò da solo non prova la “sensibilità climatica” minore, ma è un dato dell’evidenza che dovrebbe essere preso in considerazione.
Il cristianesimo ha lasciato dietro di sé nella storia una scia di bellezza, pensiamo alle arti figurative e alla musica. È stato così anche nella cura e nella bellezza del paesaggio? Ci sono degli esempi particolarmente significativi che le vengono in mente?
Molti passaggi della Bibbia – penso specialmente ai Salmi 19 e 104, ma anche a Giobbe 38-41 o e altri – parlano della bellezza della creazione di Dio e del fatto che gli uomini non sono chiamati ad accrescere solo la sua fecondità ma anche la sua bellezza. E come la visione cristiana ha contribuito dal Medioevo alla crescita e allo sviluppo delle scienze in un’attività continua e programmata e, tra il XIV e il XV secolo, al mercato economico e allo sviluppo produttivo e tecnologico, così ha anche contribuito in maniea sostanziale alla nascita dei movimenti di cura e conservazione della natura. Non è un caso la parte del mondo più influenzata dal cristianesimo è stata le prima a sviluppare il progresso scientifico, tecnologico e poi ambientale.
Possiamo considerare i movimenti ambientalisti come una nuova religione? Quale è la via migliore per offrire un’alternativa?
In un certo senso sì. Per molti aspetti possiamo considerare il movimento ambientalista come una nuova religione. Noi definiamo la religione come il problema essenziale (seguendo il teologo Paul Tillich), come un senso del sacro (Mircea Eliade), come un sistema gerarchico di valori (G.F.Hgel) o come una visione comprensiva della vita. L’entimologia della parola environment, è una parola francese che significa "circostante" che è, in ultima analisi, il tutto. Il che comporta che l'“ambientalismo” sia in realtà un “tuttisimo”, che non a caso tende ad impattare e controllare ogni aspetto della vita. Così l’ambientalismo tende a diventare religioso. Anche confrontandolo con il cristianesimo o il giudismo, che credono nel Paradiso orginale, nella perdita di questo a causa del peccato originale, quindi al giudizio imminente a causa di questo peccato con la possibilità di espiare attraverso il pentimento, l’ambientalismo è molto religioso. Ci portta indietro ad un’età dorata paradisiaca prima dell’umanità peccatrice che ha rinunciato al “contratto animale” (Desmond Morris) nella transizione da cacciatori ad agricoltori. Secondo questa visione l’intensità del nostro peccato è cresciuta quando abbiamo cambiato il sistema economico nel commercio e poi l’industria e questi “peccati” porteranno ad una catastrofe irreparabile. Di qui la chiamata ambientalista ad abbandonare definitivamente l’industria per tornare in armonia con la natura, tornando all’agricoltura, o anche alla caccia – in tutte queste cose l’ambientalismo somiglia molto ad una forma di cristianesimo perversa, qualcosa di cui Robert Nelson ha parlato nel suo libro La nuova guerra santa: la religione economica contro la religione ambientale nell’America contemporanea. Certamente l'“armonia con la natura”, così come intesa dagli ambientalisti, è uno stile di vita che è più uno stile di morte, con un’aspettativa media di vita di 27/28 anni, ed un tasso di mortalità infantile del 50 per cento. Esiste però un altro senso con cui alcuni chiamano l’ambientalismo religioso ma io non lo farò. Alcuni critici dell’ambientalismo lo denigrando chiamandolo religioso, intendendo così che si tratta di qualcosa di irrazionale, mistico, una caratteristica che loro attribuiscono a tutte le religioni. Nello specifico mettono in contrapposizione la fede o il credo con la ragione. Ma mentre alcune religioni possono essere irrazionali (l’induismo monista, per esempio), la fede biblica (ebraica e cristiana) non è certamente irrazionale e vedere la fede (o credo) e la ragione come contrapposte significa equivocare totalmente quello che la Bibbia - la sorgente del credo ebraico e cristiano - intende per fede. Nella Bibbia, la fede non è un salto irrazionale nel buio (come lo definisce Kierkegaard) ma l’assenso a comprendere le asserzioni, come il filosofo cristiano Gordon H Clark ha argomentato in modo esteso nel suo libro Faith and Saving Faith. Credere che 2+2 = 4 e credere che Gesù Cristo sia risorto dalla morte sono entrambi atti dello stesso tipo, nel senso di assentire a determinate asserzioni. E’ vero, molti ambientalisti, ecologisti convinti e altri mistici dell’ecologia- hanno abbracciato l’irrazionalità, ma la cristianità e il giudaismo biblici non sono irrazionali.