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INTERVISTA A SANGUINETI

«Il Ddl Zan minaccia la libertà di persone, famiglie e Chiesa»

Il disegno di legge sulla cosiddetta omotransfobia «rischia di creare veri e propri reati d’opinione». Si fonda su un’ideologia che nega «il principio di realtà», a partire dall’identità sessuale, e risponde a logiche da «sottile totalitarismo» alimentato dal «potere culturale-massmediatico». «Oggi è in atto uno scontro tra due visioni opposte della vita e dell’uomo», dove la cultura dominante rigetta il «mistero della Creazione», portando a una «disarticolazione dell’umano». Intervista al vescovo di Pavia, Corrado Sanguineti.

Attualità 27_07_2020

Man mano che prosegue l’iter del Ddl Zan sulla cosiddetta omotransfobia, ci sono pastori che vanno prendendo posizione. Ancora pochi vescovi, per la verità, ma gli interventi di chi ha parlato fin qui denotano una certa consapevolezza delle gravi minacce alla libertà poste da quel disegno di legge. Dopo il messaggio del vescovo di Ventimiglia-Sanremo, Antonio Suetta, si sono susseguite la nota della presidenza della Cei, le parole del cardinale Camillo Ruini e dei vescovi Giampaolo Crepaldi (Trieste) e Andrea Bruno Mazzocato (Udine).

Il 17 luglio è stata quindi la volta del vescovo di Pavia, Corrado Sanguineti, che è intervenuto con un editoriale sul settimanale diocesano il Ticino, con un titolo significativo: «Restiamo liberi! Una legge ambigua e pericolosa». Titolo che richiama la manifestazione - appunto, Restiamo liberi - che ha avuto il suo momento culmine l’11 luglio e nata da una mobilitazione dei laici. La Nuova Bussola ha intervistato monsignor Sanguineti.

Monsignor Sanguineti, in un suo editoriale lei ha sottolineato l’assurdità della fretta di approvare il Ddl Zan, perché?
L’Italia sta vivendo una crisi economica e sociale, legata alla pandemia, da cui stiamo faticosamente cercando di uscire. Mi pare che le urgenze degli italiani siano altre. Desta qualche sospetto questa fretta, incluso il tentativo di approvare la legge in piena estate. Abbiamo il recente esempio della legge sulle unioni omosessuali, che ci era stata presentata come urgente: eppure, da quando è entrata in vigore, le coppie che hanno chiesto il riconoscimento legale sono numericamente molto contenute. L’impressione è che si sia trattato più di una bandiera politico-culturale, piantata da lobby che agiscono in Italia e in tutto l’Occidente.

Lei ha definito il Ddl Zan ambiguo e pericoloso. Può spiegarci?
È ambiguo e pericoloso perché dichiara di voler sanzionare forme odiose di discriminazione, ma allo stesso tempo rischia di creare veri e propri reati d’opinione. Abbiamo già degli esempi chiari nei Paesi che hanno normative simili, dove in nome della difesa dei “diritti Lgbt” si conculcano altri diritti, come la libertà di espressione. Un conto è manifestare un pensiero offensivo, un altro è manifestare un pensiero che esprima una diversità di opinione e una diversa valutazione morale. Il Ddl è ambiguo perché nel dire di voler proteggere determinate persone dalla discriminazione tende poi a privilegiare una visione della sessualità che considera come un fatto assolutamente normale la separazione tra l’elemento del sesso e il genere percepito, saltando il principio di realtà.

Malgrado il pensiero dominante voglia far credere il contrario, l’omosessualità è una condizione superabile, non innata. In che modo la Chiesa può aiutare queste persone, in particolare coloro che vivono con disagio la loro attrazione?
La Chiesa ha un duplice messaggio: uno, la persona è sempre più grande della propria tendenza. A me, ad esempio, non piace parlare di “comunità Lgbt” perché è come se riducessimo la persona a una tendenza più o meno forte. Non a caso, in un documento del 1986 la Congregazione per la Dottrina della Fede parlava della dignità delle persone omosessuali come di una dignità integrale che va oltre l’attrazione provata. La Chiesa dice che la persona omosessuale va rispettata e non può essere destinataria di un’ingiusta discriminazione. Sempre alla luce della Parola di Dio, c’è un secondo messaggio. La persona omosessuale è chiamata a fare un percorso. La Chiesa indica qual è la strada, che sta nell’arrivare a vivere forme di amicizia disinteressata, nella castità, in uno spazio di misericordia. Ci può essere la fatica, la caduta, la debolezza, ma non per questo la Chiesa abbassa il livello di quel che sei chiamato a vivere: “accompagnare” significa indicare una strada e sostenere, con la preghiera, la forza dei Sacramenti. Significa proporre l’esempio dei Santi, nei quali la verità annunciata si manifesta come una bellezza vissuta.

Oggi si dice spesso che non bisogna discriminare ma c’è anche un significato positivo del termine, come distinguere tra persona e atto.
Certo, discriminare in senso negativo non va bene, ma distinguere sì. Non posso dire che sono la stessa cosa una coppia uomo-donna aperta alla vita e una coppia omosessuale che non ha né l’aspetto della differenza sessuale né, quindi, dell’apertura alla vita. Dire che queste sono due realtà diverse non è un’offesa, è semplicemente la verità. Anche l’espressione “matrimonio omosessuale” è un assurdo come concetto, perché “matrimonio” viene da matris e munus, è il compito della madre legato alla generazione della vita.

Si rischia di non poter più insegnare concetti così?
In una società come la nostra, che si dice pluralista, sarebbe paradossale se una persona, una famiglia o una comunità religiosa non potessero esprimere la propria visione antropologica. Due genitori trasmettono ai loro figli anche un certo sguardo sulla realtà e perciò anche una valutazione morale degli atti. Noi non possiamo giudicare le persone, nel senso che la coscienza e il cuore li giudica solo Dio, ma gli atti li possiamo giudicare. Un genitore che non giudicasse gli atti di suo figlio non lo aiuterebbe a riconoscere nessun significato o verità. Così facendo, lascerebbe il figlio in balìa della mentalità dominante, del potere che - con i tanti mezzi che ha - di fatto giudica eccome, ti comunica la sua visione.

Questo Ddl, insieme al vulnus per la libertà di educazione, pone anche un problema di libertà religiosa: lei ha fatto notare che perfino il rispetto del Concordato sarebbe a rischio.
Sì, l’art. 2 del Concordato riconosce «ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Per questo Ddl si stanno discutendo emendamenti per salvaguardare la libertà di pensiero, ma non mi convincono, anche perché sembra che lo Stato debba “concedere” la libertà di opinione: in realtà lo Stato non deve “concedere”, bensì “riconosce” un diritto fondamentale, il che è ben diverso. Altrimenti si finisce nella logica di uno Stato totalitario che “concede” i diritti.

Che differenza c’è tra la libertà che viene invocata dal mondo e la libertà che invece è annunciata dalla Chiesa?
La libertà invocata dal mondo viene pensata come un disporre di sé in maniera assoluta, senza nessun riferimento, come se io fossi il creatore di me stesso. La Chiesa insegna invece che la libertà non può essere vissuta senza la verità. La mia diocesi, Pavia, ha il dono di custodire i resti di sant’Agostino. Agostino parlava della libertas maior e della libertas minor. La libertas minor è il mero libero arbitrio, la scelta; la libertas maior è invece la capacità d’adesione al bene e al vero, che rende autenticamente compiuto e libero l’uomo. È la libertà che vive Dio e di cui ci rende partecipi. Una libertà pensata senza nessun riferimento alla verità può diventare distruttiva e autodistruttiva, può dare adito a una forma di sottile totalitarismo, alimentata da chi di fatto tiene in mano le redini del vivere sociale, cioè il potere culturale-massmediatico, che è il grande potere dei nostri tempi.

Nei giorni scorsi si è creato un caso mediatico su don Calogero D’Ugo, che nel parlare del Ddl Zan ha ricordato tra l’altro che c’è una battaglia tra Dio e Satana. Prima ancora, anche monsignor Suetta aveva spiegato che la ragione più profonda del Ddl, oltre la superficie, risiede nell’attacco diabolico alla famiglia. Che ne pensa?
Al di là della consapevolezza di coloro che difendono questa legge, è evidente che oggi è in atto uno scontro tra due visioni opposte della vita e dell’uomo. San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e lo stesso Francesco sono intervenuti più volte su questi temi dicendo che qui si attenta al mistero della Creazione, che viene rigettato da molti. Noi siamo a un bivio, perché ci troviamo di fronte a un’ideologia che porta a una disarticolazione dell’umano. Oggi non è in gioco solo l’omosessualità, ma che cos’è l’uomo, la donna, cos’è il legame, la famiglia, cos’è il generare, avere un figlio. Ci sono delle evidenze che vengono oscurate, con il rischio di creare grande dolore.

A cosa si riferisce?
Penso innanzitutto ai piccoli, ai bambini che crescono in questo clima ideologico. C’è il rischio che venga alterata la struttura naturale in cui nasciamo e cresciamo. Perciò penso che oggi ci sia in gioco una lotta che non è semplicemente una lotta Chiesa-mondo, ma tra una visione libertaria in cui l’uomo vuole sottilmente ricrearsi da sé, farsi Dio, e una visione che accetta la Parola di Dio, dunque l’ordine del Creato. È strano, come ha notato spesso Benedetto XVI, che in questo tempo - in cui c’è un culto che quasi divinizza la natura - l’unico ambito in cui la natura viene negata o considerata superabile è quello dell’uomo e della donna, l’ambito umano.