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LA RELIQUIA

Il collare di San Vicinio, segno della luce che vince le tenebre

A Sarsina, nel Cesenate, ogni 28 agosto si celebra il santo vescovo a cui il demonio stesso ammise di dover cedere. Ai pellegrini viene imposto il collare che il santo usava fare penitenza in segno di devozione e liberazione. Tradizione, storia e leggende legate al culto di san Vicinio, nel corso dei secoli, testimoniano che il maligno non prevarrà.

Ecclesia 27_08_2022
collare san vicinio

Storie, leggende e fede: tutto in un solo nome: Vicinio; e tutto in un solo luogo: Sarsina, piccolo comune dell’Emilia Romagna, posto sull’appennino tosco-romagnolo. Di leggende, sulla figura del santo, ce ne sono tante, anzi tantissime. Fra queste, la più famosa racconta la storia di un indemoniato che, trascinato in vari santuari nel tentativo di liberarlo dai lacci del demonio, riuscirà a sconfiggere il maligno grazie a un’indicazione – avuta nei pressi della tomba del martire Donato – data dallo stesso demonio: “A nessuno dei martiri o dei confessori della fede mi sento obbligato a cedere, se non a San Vicinio, vescovo di Sarsina, che anche da vivo si oppose sempre a me e ai miei soci”. L’uomo, allora, fu condotto alla tomba del santo vescovo e finalmente venne liberato.

San Vicinio e Sarsina, un connubio che si perpetua nei secoli; fin da quando ne è stato il primo vescovo, carica che il santo ha ricoperto fino al giorno della sua morte, il 28 agosto del 330, dies natalis (cioè la sua nascita al cielo) che diverrà sua memoria liturgica. Le ricerche storiche si fermano ad un manoscritto anonimo del XII secolo, conservato alla biblioteca Gambalunghiana di Rimini, denominato Lectionarium. Da questo testo ci è pervenuta la notizia che Vicinio era originario della Liguria e che – fra il III e il IV secolo – arrivò nella città romagnola. In merito all’elezione a vescovo della città di Sarsina, un altro racconto avvolge questa figura di un'aura di santità del tutto particolare: fu il Signore stesso a chiamarlo alla guida della diocesi. Mentre il clero e il popolo erano riuniti per l’elezione del nuovo vescovo, sul monte dove Vicinio pregava apparve un’infula vescovile (uno dei due larghi nastri che pendono dal retro della mitria) sorretta da angeli.  Era il sicuro segno che Vicinio doveva essere eletto vescovo di Sarsina: il clero e il popolo, infatti, dopo essere andati sul luogo, lo acclamarono de facto  episcopo della diocesi.

San Vicinio e il collare, altro connubio che richiama ancora oggi migliaia di fedeli, ogni 28 agosto. Ma qual è la storia del famoso collare? Bisogna iniziare col precisare che, in realtà, il collare è una catena composta da due braccia di ferro unite fra loro da un duplice snodo; all’estremità di queste, ci sono due anelli combacianti. La sua fabbricazione è sicuramente anteriore all’VIII secolo d.C: questo è il parere degli studi condotti sul materiale e sulla sua lavorazione.

Il collare era usato dal santo per fare penitenza – così vuole la tradizione. Durante la preghiera, Vicinio la metteva al collo appendendovi una grossa pietra; considerato e venerato come reliquia del santo, viene usato attualmente per la preghiera di liberazione e di benedizione degli infermi o per la preghiera di esorcismo. Normalmente è offerto alla venerazione dei pellegrini apponendolo per qualche istante al loro collo accompagnando il gesto con un’invocazione al santo: un’immensa fiumana di fedeli, uomini e donne, ma anche bambini, si forma davanti all’altare della cattedrale di Sarsina, luogo dove sono custodite il corpo e le reliquie del santo, per poter partecipare a questo rito la cui origine si perde nel tempo.

E anche sul collare si tramandano innumerevoli storie. Si racconta di un mendicante che, attribuendo alla catena di San Vicinio un valore economico, pensò di rubarla per poi venderla; arrivò al vicino fiume Savio e tentando di allontanarsi il più possibile, in realtà passò la notte a correre a vuoto per poi ritrovarsi al mattino seguente nello stesso punto dove era partito. L’uomo fu così colto dal rimorso; gettò la catena nel fiume dove sarà ritrovata tre giorni dopo, galleggiante vicino alla riva. Ma ce ne sono tante altre; sono storie che raccontano la potenza di San Vicinio nella lotta contro il maligno, contro la falsità, strumento millenario del demonio. E proprio riguardo la falsità, la maldicenza, vi è un episodio che vede protagonista un sacerdote della diocesi di Sarsina, tale don Pertaro che ingiustamente accusato da maldicenze dei suoi nemici, venne imprigionato e legato con la stessa catena di San Vicinio. Sentendosi  soffocare ed impedito in ogni movimento, chiese allora di poter pregare sulla tomba del santo. Dopo venti giorni di prigionia, fu condotto alla tomba; qui sostò in preghiera, ma quando lo sollevarono per trascinarlo di nuovo in prigione, la catena si slegò e cadde a terra. Il Signore, per l’intercessione di San Vicinio, aveva ristabilito la verità: il sacerdote Pertaro doveva essere libero. E così fu.

Si potrebbe scrivere un libro di aneddoti, di storie e di persone che hanno dato testimonianza del grande potere di intercessione di San Vicinio, un santo che, anche in vita, venne più volte invocato  da coloro che portavano infermità nel corpo e nello spirito. In tanti, infatti, ricorrevano a lui quando si manifestavano malanni del corpo, ma soprattutto quando si manifestavano problemi spirituali. Ancora oggi è così, a distanza di secoli, per poter far trionfare, sempre, il bene sul male; l’amore sull’odio; la verità sulla menzogna, il Signore della Luce sulle tenebre oscure perché – lo sappiamo bene – «non prevalebunt