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RADICALIZZAZIONE

Il caso Allison, il fenomeno del borghese jihadista

Allison Fluke-Ekren, arrestata dall'Fbi, era comandante di un battaglione dell'Isis. Prima di iniziare la sua carriera di terrorista, era insegnante delle superiori in Kansas, appassionata di Medio Oriente. La radicalizzazione non è sempre frutto di emarginazione, ma un processo ideologico che coinvolge "tranquilli" borghesi e brave insegnanti.

Esteri 03_02_2022
Bandiera ed equipaggiamenti dei jihadisti dell'Isis

L'FBI ha arrestato una donna americana arruolatasi nelle file dello Stato Islamico in Siria e diventata comandante di battaglione addestrando donne e bambini all'uso di fucili d'assalto e cinture suicide in nome di Allah. È Allison Fluke-Ekren, che si introduce clandestinamente in Siria nel 2012 dalla Libia perché vuole condurre un “jihad violento”. La terrorista ora è dietro le sbarre in attesa di processo, ma la sua storia inizia molti anni fa. 

Tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila, Allison è un'insegnante in un liceo del Kansas. La descrivono come una donna colta, sempre gentile, la faccia pulita. Era “brava in tutto”, dice il suo vecchio insegnate di scienze, il professor Larry L. Miller. L’uomo che la aiuterà a trovare un posto di insegnante qualche anno più avanti. Si chiama ancora Allison Brooks e quando salirà in cattedra indossa già il velo. Poi cambia nome e nel 2004, raggiunge una certa notorietà locale quando la sua passione per l’homeschooling la porta ad essere intervistata più volte. L’educazione pubblica, dirà, è scadente sui valori. I suoi figli hanno bisogno di essere indottrinati all’arabo e alla cultura islamica per essere formati a dovere. Cosa che non nasconde sui social, come neanche la sua passione per il Medio Oriente. E nel 2008 inizia la sua spola tra Usa ed Egitto. Posta foto accanto alle Piramidi, come una turista qualsiasi. Ma non lo è. Da tempo Allison cova in seno il culto del dovere collettivo, il jihad, e il sogno della casa della sottomissione a Dio, il dar-al-islam - il territorio globale in cui si rispetta la shari’a. Non come gli Stati Uniti, che già odia, insieme a tutto l’Occidente. 

Il trasferimento in Egitto rappresenta un passo per unirsi alla carovana Nel 2010 è già una terrorista, arriva in Libia ed entra in Ansar al Sharia, gruppo terroristico legato ad Al Qaeda. Ma quando la dirigenza del gruppo assume una linea un po’ più moderata, Allison capisce che non è quello che Allah vuole da lei e cerca altri fronti dove possa praticare realmente la lotta armata. Così il salto di qualità in Siria con l'ingresso nello Stato Islamico. Qui Allison dà un senso alla pulsione islamica di morte che ha fatto sua. Sposa dapprima un cecchino e insieme porteranno in dote all’Isis 15mila dollari per comprare armi. Secondo gli investigatori lo aveva conosciuto negli Usa e, con molta probabilità, era cittadino statunitense. L’uomo assume la guida di unità di tiratori scelti, mentre lei è impegnata in prima persona in altre attività militari. Per la coppia è una vita fatta di battaglie sul campo. Non c’è tregua, i militanti sono all’offensiva, tutti devono contribuire al sogno, a qualsiasi costo.

Allison si sposa di nuovo — questa volta con un mujahed del Bangladesh esperto di droni: entrambi i mariti diventano martiri del jihad. Ma la vedova nera convola a nuove nozze, questa volta con un comandante dello Stato Islamico a Raqqa. Riprende a insegnare: adesso addestra i bambini, figli suoi e dei jihadisti, a usare armi e bombe a mano, a combattere in nome di Allah e Maometto suo profeta.

Lo Stato Islamico affida all’ex insegnante la leadership del battaglione Khatiba Nusaybah, composto esclusivamente da donne e minori. Allison aveva sperato di creare un gruppo di kamikaze in grado di infiltrarsi nelle posizioni dei nemici, ma lo sforzo non si è mai concretizzato. Nel 2014, presenta al Califfo in persona, all’epoca Abu Bakr al Baghdadi, un piano di infiltrazione negli Usa per un’azione kamikaze in un college. Le viene approvato con nota di merito. Ma l’attentato viene annullato, seppur temporaneamente. Il piano è curato nei minimi particolari, ma Allison inizia ad avere problemi un po’ troppo ingombranti con la famiglia negli Usa. E, mentre continua a partorire nuove reclute per la Guerra Santa, si preoccupa di disseminare false notizie in patria sulla sua morte per depistare l’intelligence. Tentativo fallimentare considerando che alla  fine la terrorista è stata trovata. Le circostanze in cui è stata catturata non sono ancora chiarite e le autorità federali statunitensi l’hanno subito presa in consegna per poi trasferirla in Virginia, dove ora l’attende un processo.

Aspirazioni da militante, madre e combattente, vedova nera, responsabile di un’unità femminile dello Stato Islamico, ideatrice di un attentato di cui vuole essere protagonista nel suo stesso Paese: il percorso di guerra di Allison Fluke-Ekren, ex insegnante americana, pochi giorni fa arrestata e riportata negli Usa, mette i brividi. Ma non è un caso isolato. 

L'anno scorso, Mohammed Khalifa, un canadese, la cui famiglia era originaria dell’Arabia Saudita, è stato arrestato e portato negli Usa con l’accusa di terrorismo: è l’autore del video della decapitazione del giornalista americano James Foley. Ed era diventato noto, fin dal 2013, come l’uomo dell’Isis che traduceva i video macabri mandati su Internet per dimostrare all’Occidente di cosa è capace l’islam. Senza problemi si è dichiarato colpevole alla corte federale. Anche i due inglesi, El Shafee Elsheikh e Alexanda Kotey, che facevano parte di una cellula Isis, nel 2020 sono stati portati negli Usa con l’accusa di terrorismo: hanno rapito e maltrattato dozzine di ostaggi americani. Kotey si è dichiarato colpevole di omicidio di quattro americani in Siria con un certo orgoglio. 

Sono solo i più recenti casi. Eppure come è possibile che una donna americana progetti un attentato negli Usa e la cosa non faccia notizia? Per un decennio e più, quando si era costretti a parlare di terrorismo islamico il tic delle élite e delle leadership mondiali dell’Occidente è stato sempre tendere a minimizzare. Attraverso l’analisi sociologica, la componente dell’islamismo per i jihadisti del Vecchio Continente, come quelli delle ultime decapitazioni - vedi Parigi - o quelli cresciuti nelle varie Molenbeek d’Europa, è stata derubricata a marginale. Figure isolate, eccezioni, alle quali è stato dedicato il riflesso condizionato che consiste nell’auto colpevolizzazione: cosa abbiamo dovuto fare per meritarci una simile reazione? L’emarginazione, il contesto sociale degradato di appartenenza, l’ignoranza, rispondevano, e rispondono, gli analisti.

In realtà, Allison e i suoi fratelli sopracitati, sono la prova che la maggior parte di quei terroristi sono figli della piccola borghesia, benestanti, hanno studiato. I quartieri in cui sono cresciuti non sono ghetti, e non sono figli di stati falliti, come si è cercato di accreditare in un’ottica “giustificazionista”. E non sono nemmeno immigrati di seconda generazione. E, allora, stridendo con la narrazione diffusa, una vicenda come quella di Allison non può essere raccontata. Infatti è sparita in fretta dalla stampa statunitense, e in Italia non è nemmeno arrivata. L’ex vice consigliere per la Sicurezza americana, Juan Zarate, diceva, “l’ideologia dell’avversario, che è in una delle più grandi religioni mondiali, si collega con una narrazione vittimista e piena di recriminazioni anti-occidentali diffuse in tutto il mondo islamico, ma anche nel nostro: la sfida si fa sempre più difficile”.