Il Canada, simbolo dell’eutanasia (in tutti i sensi) dell’Occidente
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Sotto la guida di Trudeau, il “liberale” Canada sta divenendo sempre più anti-vita e totalitario. Vedi la progressiva estensione dell’eutanasia, con un’impronta marcatamente eugenetica. E la rieducazione che si vuole imporre a Jordan Peterson, per le sue idee.
Il Canada, sotto il regime di liberalismo insaziabile imposto dal primo ministro Justin Trudeau, in carica dal 2015, sta ora mostrando al mondo intero la terribile eutanasia della democrazia liberale d’Occidente, una volta osteggiate e vilipese le radici e chiese cristiane. Il liberalismo è rotto e la prova evidente è nel susseguirsi di decisioni sempre più totalitarie che il Canada intraprende, con eutanasia eugenetica illimitata e rieducazione per chiunque non si omologhi al potere culturale, politico e incivile moderno.
Che cos’è il “liberalismo”? Certo, ce ne sono molte sfaccettature ma possiamo dirci d’accordo con David Brooks, editorialista del New York Times, che sull’Atlantic ne ha individuato l’idea centrale nell'autonomia, ovvero: «Lo Stato non ha il diritto di interferire con la libertà di scelta individuale di un cittadino, a condizione che non stia danneggiando nessun altro».
In questo senso, le credenziali liberali del Canada sono impeccabili: la sua Carta dei diritti e delle libertà del 1982 è un modello per altri Paesi, ma come mai allora così tante persone muoiono per eutanasia? L’eutanasia o, come viene chiamata in Canada, la “Medical Assistance in Dying” (MAiD), è passata da zero nel 2016 a più di 10.000 morti nel 2021 e 13.500 nel 2022, con una crescita nazionale del 34% nell’ultimo anno. Si tratta di 1/30 del totale dei decessi canadesi. Non sono solo i malati terminali afflitti da gravi sofferenze ad essere spinti nelle braccia della cosiddetta “dolce morte”, sempre inaccettabile: ormai tra i fruitori dell’eutanasia in Canada si contano persone con perdita dell’udito, solitudine, un disagio psicologico, semplici carcerati e poveri, ma anche donatori di organi.
La MAiD si è normalizzata come opzione medica. L’inarrestabile macchina canadese dell’eutanasia è divenuta un incubo e la si vuole promuovere anche per persone anoressiche e bambini non necessariamente malati terminali. Ma è anche la logica conseguenza di un liberalismo insaziabile che, convinti gli uomini di essere proprietari di sé stessi, li sprona a disporre del proprio corpo come meglio credono. Solo lo Stato radicalmente liberale, paradossalmente in questo scenario, si arroga il diritto di spronare alla morte per eutanasia eugenetica come la miglior prova d’essere buoni cittadini, il miglior modo di far risparmiare soldi alla sanità e il più grande gesto di carità per i posteri, la famiglia, la comunità e la società intera. Lo Stato che spinge alla morte i cittadini deboli si rende protagonista della dissoluzione permanente delle relazioni e del tessuto familiare, civile e sociale della nazione e, di conseguenza, incrementa il proprio potere assolutista e illiberale.
Altro esempio drammatico del fallimento della democrazia e dello Stato il-liberale in Canada, è la fatwa di Stato che ha colpito lo psicologo ed ex professore dell’Università di Toronto, Jordan Peterson, condannato dall’Ontario College of Psychologists e dalla Corte dell’Ontario a sottoporsi a un programma di formazione rieducativa.
La ragione della condanna? I suoi post sui social media e i video di conferenze e programmi - in cui egli sostiene la necessità dei valori giudaico-cristiani, la libertà di parola, combatte la falsa e intollerante ideologia gender, l’allarmismo climatico e gli abusi medici sui minori in favore della menzogna sul cambio di sesso - molesterebbero clienti e colleghi psicologi. Peterson, uno dei pensatori più ascoltati tra i conservatori, per evitare il ritiro della licenza professionale di psicologo dovrebbe sottoporsi a un generico corso di rieducazione in stile comunista sovietico-cinese. A gennaio 2023 il Collegio dell’Ordine aveva imposto a Peterson di «lavorare con la dottoressa Erika Abner o con il dott. Gail Siskind per rivedere, riflettere e migliorare la sua professionalità nelle dichiarazioni pubbliche e completare il programma di coaching entro sei mesi dal ricevimento della decisione» dell’autorità in materia.
Il programma rieducativo che Peterson dovrebbe pagarsi, anche per l’uso del linguaggio e sui social media, si potrebbe protrarre a discrezione dei consulenti. Nei mesi scorsi Peterson aveva chiesto un riesame giudiziario, perché i suoi commenti online sono tutti saldamente protetti dal diritto di libertà di espressione e ancorati al buonsenso e al realismo. Tuttavia, il 23 agosto la Corte Divisionale dell'Ontario ha respinto la richiesta di Peterson e stabilito con sentenza che «la decisione del Collegio rientra nel suo mandato di regolare la professione nell’interesse pubblico e non pregiudica la sua libertà di espressione», come riferisce la rete CBC. Peterson lo scorso gennaio aveva svelato che i denuncianti nei suoi confronti sono «circa una dozzina di persone da tutto il mondo» che «hanno presentato reclami» sulle sue dichiarazioni pubbliche, comprese quelle fatte sui social media e durante le apparizioni in podcast come The Joe Rogan Experience.
Nella risposta alla sentenza della Corte Divisionale dell'Ontario, annunciata in un video su Twitter il 24 agosto e pubblicata ieri, Peterson dice di non voler accettare la decisione, né smentisce i suoi discorsi fondati sul buonsenso; piuttosto si dice a malincuore pronto a perdere la licenza professionale e infine denuncia con forza la trasformazione dello Stato liberal-democratico canadese in un regime totalitario, intollerante e repressivo. In Canada, come nel resto dell’Occidente, abolito Dio e il cristianesimo, la tirannia della libertà assoluta si trasforma in eutanasia della stessa libertà.
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