Il Burkina Faso cerca la normalità con l’ennesimo golpe
Ibrahim Traoré è il nuovo capo di Stato del Burkina Faso, dopo le speranze deluse con il presidente Kabore e poi con la giunta militare insediatasi a gennaio. Dal 2015 l'elevato allarme terrorismo colloca il Paese nel cosiddetto “triangolo del jihad”, insieme a Niger e Mali.
Sta tornando la normalità in Burkina Faso, il Paese dell’Africa occidentale in cui il 30 settembre con un colpo di Stato i militari hanno destituito la giunta, anch’essa militare, che lo scorso gennaio aveva a sua volta deposto con un golpe il presidente Roch Marc Christian Kabore. Il nuovo leader, che prende il posto del colonnello Paul-Henri Damiba, è il capitano Ibrahim Traoré. Ha 34 anni, ed è quindi il più giovane capo di Stato africano, ha iniziato la carriera militare nel 2009, ha combattuto contro i jihadisti in patria e in Mali dove ha fatto parte della Minusma, una missione di peacekeeping delle Nazioni Unite. Viene descritto come persona determinata e schiva, vicina ai suoi soldati. Nel suo primo discorso in Parlamento, dove si è presentato in divisa militare, ha detto che occorre abbandonare ogni inutile lungaggine burocratica perché tutti i settori del Paese sono in crisi e c’è bisogno di soluzioni rapide, di interventi urgenti soprattutto nei settori della difesa e della sicurezza, dell’azione sociale, della sanità e delle infrastrutture.
La gente aveva festeggiato il golpe di gennaio. Migliaia di persone si erano riversate nelle vie della capitale Ouagadougou per manifestare sostegno ai militari. Per ore nella centrale Piazza della Nazione avevano suonato e ballato, accompagnate dai clacson delle macchine. La speranza era che un governo militare riuscisse a combattere i gruppi jihadisti che infestano le regioni settentrionali confinanti con il Mali e il Niger meglio di quanto non avesse fatto il governo civile. Il presidente Kabore aveva promesso di lottare contro il terrorismo, ma, durante il suo mandato (iniziato nel 2015) la situazione era invece peggiorata: stato di emergenza in 14 province su 45, migliaia di vittime civili, 1,5 milioni di sfollati, oltre 3mila scuole, ossia il 13%, chiuse perché distrutte o situate in zone troppo pericolose.
Ma anche il regime militare di Damiba ha deluso. Negli otto mesi trascorsi dal golpe i gruppi armati affiliati ad al Qaeda e all’Isis hanno esteso e intensificato le loro azioni. Ormai il governo controlla soltanto il 60% del territorio nazionale. La giunta militare inoltre non ha provato anche solo a immaginare interventi per ridurre la disoccupazione – quattro persone su dieci sono sotto la soglia di povertà, il prodotto interno lordo pro capite è di 857 dollari all’anno – e piani di sviluppo del sistema scolastico e di quello sanitario. Così il 1° ottobre i burkinabé sono tornati per strada, sventolando bandiere e scandendo slogan per festeggiare il nuovo colpo di stato. Alcuni manifestanti hanno cercato di attaccare sedi delle rappresentanze francesi quando si è sparsa la voce peraltro non confermata che Damiba si era rifugiato in una base militare francese della capitale. Si sono anche visti dei manifestanti che portavano bandiere russe e intonavano slogan pro-Russia. e il capo dei mercenari russi del gruppo Wagner, Yevgeny Prigozhin, ha accolto con favore il golpe.
«So che la Francia non può interferire direttamente nei nostri affari», ha dichiarato Traoré secondo cui in effetti Parigi stava dalla parte del colonnello Damiba. «Il nostro partner è l’America, ma possiamo anche avere la Russia come partner», ha inoltre detto riferendosi alla necessità di disporre di aiuti esterni per combattere i gruppi jihadisti. Le sue parole sono state interpretate nel senso che la nuova giunta militare potrebbe forse seguire l’esempio del vicino Mali che, dopo la decisione della Francia e dell’Unione Europea di ritirare dal paese le truppe che per dieci anni avevano affiancato quelle maliane nella lotta al terrorismo islamico, è ricorso ai mercenari del gruppo Wagner. Poche ore dopo che il presidente Damiba aveva accettato di cedere il potere e lasciare il paese alla volta del Togo, il capo dei mercenari russi del gruppo Wagner, Yevgeny Prigozhin, ha dato il benvenuto ai golpisti.
Anche in Mali i militari sono al potere e ci sono stati due colpi di Stato in meno di un anno: nell’agosto del 2020 e nel maggio del 2021. Il governo maliano aveva accusato la Francia e gli altri paesi europei di non essere stati capaci di sconfiggere il jihad. Non ci stanno riuscendo però nemmeno i mercenari russi e, anzi, anche in Mali la situazione si è ulteriormente aggravata dopo la partenza dei soldati europei. Tuttavia il Burkina Faso resta il Paese del cosiddetto “triangolo del jihad” (Burkina Faso, Niger, Mali) ormai più esposto alla violenza jihadista, a causa principalmente della debole risposta dell’esercito governativo, diviso in fazioni antagoniste e privato del reparto di elite, presidenziale, formato da militari ben addestrati, equipaggiati e rimunerati, che è stato smantellato nel 2015, anno del colpo di Stato che ha deposto il presidente Blaise Compaoré mettendo fine a un regime durato 27 anni, autoritario e corrotto, ma senz’altro più capace di controllo del territorio nazionale. È da allora che i gruppi armati jihadisti hanno incominciato a operare con crescente violenza nel Paese.
Quello del 30 settembre è il nono colpo di Stato, più uno fallito, da quando il Paese è diventato indipendente dalla Francia nel 1960. Sono tanti, ma altri stati ne hanno subiti ancora di più. In Sudan ce ne sono stati ben 17, in Burundi 11, in Sierra Leone e Ghana 10, nelle Isole Comore e in Guinea Bissau nove. In Africa sono stati fatti più colpi di stato che in qualsiasi altro continente. Tra quelli di successo e quelli falliti, se ne contano più di 200 dagli anni 50 del secolo scorso a oggi.