Il buen vivir targato Soros è un assalto all'America Latina
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Venuto meno l'appoggio della Casa Bianca, la Open Society guarda alle elezioni latinoamericane con un programma anti-vita dietro la maschera del "ben vivere". Ma Trump non resterà a guardare.

La nuova offensiva di George Soros in America Latina, a partire dall’anno elettorale più intenso e decisivo per il continente, finanzierà «progetti su gender, razza e ambiente» nei Paesi della regione per i prossimi otto anni, col nobile fine di promuovere il «ben vivere», fatto di transgenderismo, aborto, neo-paganesimo e ideologia green e nuove forme di centralismo democratico di stampo sovietico.
Tra il 2025 e il 2027 l'America Latina vive un triennio elettorale che potrebbe ridisegnare il suo panorama politico. Per non perdere il potere acquisito, grazie alla compiacenza strategica di Joe Biden e di USAid e l’influenza sulle scelte di vari governi delle varie ONG omicide, la Open Society Foundations (OSF), ha annunciato mercoledì 20 agosto un'iniziativa che, nei prossimi otto anni, sosterrà programmi di inclusione per «popolazioni emarginate» in America Latina. Il piano d’azione, chiamato Buen Vivir, sosterrà le organizzazioni della società civile e manterrà i partenariati con i governi per collaborare allo sviluppo di politiche pubbliche che rispondano alle esigenze delle popolazioni indigene, delle comunità afro-discendenti, delle persone LGBTI e delle donne, secondo quanto annunciato da OSF.
Sono diversi i Paesi al voto per le elezioni presidenziali che, insieme a quelle del 2024 (El Salvador, Paraguay, Panama, Repubblica Dominicana, Messico, Venezuela e Uruguay), ridefiniranno la regione. Quest'anno si tengono cinque elezioni presidenziali, più le elezioni legislative in Argentina e Venezuela, le elezioni locali in Uruguay e Venezuela e le elezioni giudiziarie in Messico. I risultati emersi nel 2023 e nel 2024 ci permettono di abbandonare l'idea di svolta marcatamente segnata solo dalle ideologie politiche: la popolazione vota soprattutto per ragioni legate alla perdita del potere d'acquisto, alla mancanza di sicurezza, alle scarse prospettive di miglioramento sociale, al malfunzionamento dello Stato, alla corruzione dei partiti e all’incapacità della classe politica. Così è stato anche nelle recenti elezioni in Bolivia, di cui abbiamo parlato, in Ecuador e lo sarà anche in Honduras e Cile, a fronte di aspettative frustrate dell’enfant prodige della sinistra marxista e globalista Gabriel Boric.
Quest'anno è anche l'occasione per valutare le tendenze politico-elettorali nel 2023-2024: l'ascesa di candidati anti-casta (Javier Milei e Nayib Bukele) e il consolidamento di nuove dittature, come in Nicaragua e Venezuela, dove le elezioni, quando si celebrano, sono utilizzate per mascherare la deriva autoritaria. Quest’inverno si terranno le elezioni presidenziali e parlamentari in Honduras (al voto il 30 novembre) e in Cile (al voto il 16 novembre), nel 2026 sarà la volta di quelle in Brasile, Perú, Colombia, Costa Rica e Nicaragua e nell’anno successivo in Guatemala ed Argentina.
È in questo contesto che il programma di Open Society Foundations appare per quello che è: una iniziativa interessata di condizionamento ed interferenza elettorale vera e propria a favore di quei partiti e governi social-populisti che, anche grazie al sostegno ricevuto da Biden negli scorsi anni, hanno favorito lobby e programmi rivoluzionari contro l’identità cristiana dei popoli (culti indigeni e ateistmo pratico), contro la dignità umana (aborto ed eutanasia) e contro la stabilità e coesione sociali (ideologia gender e matrimoni gay). Con un piano di investimenti della durata di otto anni, si legge nel comunicato dei giorni scorsi della Open Society Foundations, si sosterranno «le organizzazioni della società civile e le partnership con i governi per co-creare politiche pubbliche», in particolare in Brasile, Colombia e Messico, senza dimenticare il Cile e il Guatemala.
La sfida «è dimostrare che la democrazia può essere più di un semplice sistema politico», ha affermato nella conferenza stampa di presentazione del programma Pedro Abramovay, vicepresidente dei programmi di Open Society che ha proseguito spiegando le nobili intenzioni della organizzazione: «Ispirati dall'idea del buen vivir, vogliamo ripristinare la capacità della democrazia di offrire sia un significato che un futuro condiviso». I finanziamenti daranno priorità a iniziative che promuovono la giustizia razziale e di genere, programmi economici inclusivi e green, il rafforzamento delle capacità statali e le espressioni culturali che promuovono i valori della democrazia e della comunità. Altre aree chiave di intervento includono l'emancipazione delle donne leader nere, indigene e LGBTQI+, nonché la promozione del loro benessere sociale ed economico attraverso politiche inclusive, sistemi di assistenza rafforzati e riforme del lavoro "green".
Le risorse per questo piano ammontano a diverse centinaia di milioni, sebbene l'OSF abbia evitato di fornire cifre specifiche. Basti pensare che nel 2023 la fondazione ha stanziato oltre 104 milioni di dollari per l'America Latina e i Caraibi, pari al 6% del suo bilancio globale. Con uffici a Rio de Janeiro, Bogotà e Città del Messico, Soros finanzia da decenni movimenti progressisti, partiti di sinistra, campagne di lobbying governative ed ONG favorevoli ad aborto, ideologia del gender, la disgregazione familiare e la cultura anticristiana.
Una cosa è certa, Donald Trump non rimarrà a guardare, né sosterrà tali consolidamenti di potere illiberali e socialisti in America Latina. A Washington l’inquilino della Casa Bianca è cambiato, i finanziamenti a fondo perso di USAid ai programmi delle ONG socialiste ed inumane di Soros non sono più tollerati, l’esemplare scontro con il Brasile è un chiaro monito a chiunque voglia ridurre la democrazia ad una nuova alleanza tra il centralismo democratico sovietico ed illiberali interessi di potere.
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