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SUD AMERICA

Brasile, Lula vuole arrestare l'ex presidente Bolsonaro

Prove di autoritarismo di estrema sinistra, in Brasile. Il presidente Lula ha dichiarato apertamente che il suo predecessore, il conservatore Bolsonaro, dovrebbe essere arrestato. Intanto si intensifica lo scontro con Trump, proprio per questo motivo.

Esteri 29_07_2025
Lula (La Presse)

Nel pieno dello scontro con l'amministrazione Trump sui dazi al 50% per i beni importati dal Brasile, causata dall’uso politico della magistratura contro il leader dell’opposizione Bolsonaro, l’attuale presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva ha auspicato nei giorni scorsi la galera per il leader dell’opposizione ed i suoi familiari e sostenitori politici e così «pagare per le cose brutte che ha fatto», evocando il processo in corso per il tentato «golpe» dell’8 gennaio 2023 e nel quale siamo ancora alle testimonianze.

È la prima volta che l’attuale presidente del Brasile tradisce il nervosismo suo e dell’intera coalizione verso Jair Bolsonaro e i conservatori, sempre più in vantaggio nei sondaggi per le prossime elezioni, entrando direttamente a ‘gamba tesa’ nel pieno della polemica giudiziaria e del processo ordito dal suo braccio destro Alexandre de Moraes, il popolarissimo giudice della Corte Suprema brasiliana, grande torquemada di chiunque non sia al fianco di Lula e dei socialisti brasiliani. Addirittura il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha intensificato la sua escalation verbale contro il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, affermando apertamente che se l’inquilino della Casa Bianca vivesse in Brasile,  «e avesse fatto qui quello che ha fatto nel Campidoglio degli Stati Uniti, sarebbe anche lui sotto processo». 

Lula ha pronunciato il suo sfogo durante un evento organizzato dall’esecutivo federale nello stato sudorientale del Minas Gerais, dicendo che «a differenza del nostro avversario [Bolsonaro], quello che ha cercato di imbrogliarmi per impedirmi di entrare in carica, non ha avuto il coraggio di aspettarmi [compiere un pacifico passaggio di poteri]… dimostrando una mancanza di carattere e coraggio. Ha fatto quello che ha fatto, quindi dovrebbe pagare per questo e rispettare il popolo brasiliano. Qui c'è giustizia».

Negli stessi giorni in cui Lula indirizzava il giudizio del Tribunale Supremo contro il suo avversario politico, il giudice Alexandre de Moraes, membro del Supremo Tribunale Federale del Brasile, aveva ammonito l'ex presidente Jair Bolsonaro per la violazione delle misure cautelari emesse dai tribunali, tra cui il divieto di uso dei social media, partecipazione alle manifestazioni politiche, contatti con stampa e diplomatici stranieri, dopo la partecipazione di Bolsonaro a un evento politico di lunedì 21 luglio, in cui aveva criticato la Corte Suprema. La Corte sta indagando contro Bolsonaro e molti suoi ex ministri, politici, imprenditori e parlamentari conservatori e uomini dell'esercito da diversi mesi per presunto colpo di Stato e ha aperto recentemente un nuovo caso relativo agli sforzi che, presumibilmente insieme al figlio Eduardo Bolsonaro (deputato federale che ha deciso di prendere un congedo dal suo mandato parlamentare lo scorso febbraio e di rimanere negli Stati Uniti), starebbe facendo per indurre gli Stati Uniti a sanzionare sia i giudici che il Paese. 

Tuttavia già il 18 luglio, Jair Bolsonaro aveva rilasciato in esclusiva un'intervista alla Reuters in cui aveva detto, dopo le critiche rivolte all’uso politico della giustizia fatto da Alexandre de Moraes,  di aver parlato più volte con il figlio autoesiliatosi negli Usa, non per complottare contro il Brasile ma nell'auspicio di poter rinegoziare i dazi statunitensi, frenare l'influenza cinese e respingere la sinistra in Brasile. Nonostante i continui tentativi, Luiz Inácio Lula da Silva ha dichiarato giovedì 24 luglio che il suo governo non era riuscito a negoziare i dazi del 50% sulle importazioni brasiliane che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha minacciato di imporre dal 1° agosto. 

Il ministro degli Esteri brasiliano Mauro Vieira si trova a New York per una conferenza delle Nazioni Unite incentrata sul conflitto tra Israele e Hamas. Ancora ieri, 28 luglio, nonostante la disponibilità a discutere delle tariffe che verranno imposte dagli Stati Uniti, il Ministro degli esteri del Brasile Mauro Vieira, che si trova a New York, non aveva ricevuto alcuna risposta positiva da Washington. La posizione incoerente e provocatoria del Brasile ha alienato i negoziatori statunitensi, che hanno affermato che il Brasile non ha mostrato una reale volontà di impegnarsi commercialmente o politicamente.

Lo scontro sull’uso politico della magistratura contro l’opposizione e nei confronti dell’ex Presidente Bolsonaro, i suoi famigliari e sostenitori della coalizione dei conservatori, non è per nulla sopito. Trump non scherza e gli esportatori brasiliani, in particolare quelli dell'industria chimica, hanno già subito cancellazioni di ordini e si prevedono perdite più ampie nei settori della pasta di legno, del succo d'arancia e dei fertilizzanti. Gli stessi ministri ed esperti economici del governo Lula riconoscono che le tariffe rappresentano un serio rischio per l'economia brasiliana. Ciononostante, proprio il Presidente Lula continua nel suo scontro con la Casa Bianca  accusando Trump di credere alla caccia alla streghe per aver «inviato una lettera chiedendo di smettere di perseguitare Bolsonaro. Un affronto irrispettoso al Brasile e al sistema giudiziario brasiliano» che gli Stati Uniti perderanno.

Ad oggi tuttavia ogni previsione dimostra il contrario: il Brasile perderà sul piano economico ingenti entrate per i prodotti agricoli, con il real brasiliano che ha subito un calo significativo del suo valore rispetto al dollaro statunitense, raggiungendo un minimo storico alla fine del 2024, in una fase economica non brillante che potrebbe peggiorare enormemente nel prossimo semestre, a causa anche delle tariffe USA. Inoltre, altrettanto grave per chiunque, Donald Trump incluso, il presidente in carica Lula da Silva ed il suo entourage socialista, preferiscono affossare l’intero paese pur di consentire elezioni democratiche, la rielezione di Jair Bolsonaro e la vittoria della sua coalizione conservatrice del prossimo anno. Siamo al colpo di Stato preventivo, ovvero al ritorno ad un sistema di centralismo democratico comunista dove l’opposizione legittima è solo quella sempre perdente, prescelta solo da chi detiene il potere.