I titoli del Papa, il grande equivoco sul primato di Pietro
La reintroduzione per il papa del titolo "Patriarca d'Occidente" nell'Annuario Pontificio, unita al declassamento già consumato del titolo "Vicario di Cristo" appare come una mossa per compiacere gli ortodossi; ma si tratta di un errore storico e teologico.
Lo scorso 9 aprile è stato pubblicato l'Annuario Pontificio 2024; tra i titoli attribuiti al papa si è subito notato il reinserimento di “Patriarca d'Occidente”, che era stato tolto da Benedetto XVI. Come valutare questa decisione? Si tratta di bazzecole o la posta in gioco è più importante?
Riavvolgiamo il nastro e torniamo al 1° marzo 2006. Luigi Accattoli rendeva noto sul Corriere della Sera, in anteprima, che il titolo di “Patriarca d'Occidente” non sarebbe più comparso nella lista dei titoli attribuiti al papa sull'Annuario Pontificio. Così, nella pagina dedicata, si poteva trovare la seguente dicitura:
VICARIO DI GESÙ CRISTO
SUCCESSORE DEL PRINCIPE DEGLI APOSTOLI
SOMMO PONTEFICE DELLA CHIESA UNIVERSALE
PRIMATE D’ITALIA
ARCIVESCOVO METROPOLITA DELLA PROVINCIA ROMANA
SOVRANO DELLA CITTÀ DEL VATICANO
SERVO DEI SERVI DI DIO
La dicitura era seguita dal nome proprio del papa – in questo caso, Joseph Ratzinger –, dalla biografia ecclesiastica essenziale, dal giorno dell'elezione e da quello di inizio solenne del pontificato. L'ordine dei titoli attribuiti al pontefice non è casuale. Il primo, in grande e staccato dagli altri, costituisce il papa nella sua essenza: in quanto successore dell'Apostolo Pietro sulla Cattedra di Roma, il papa è perciostesso Vicario di Gesù Cristo, come esplicitamente riconosciuto da Lumen Gentium 18, 22, nonché dalla Nota esplicativa previa, 3.
Nemmeno una settimana dopo, il 6 marzo, Hilarion Alfeyev, rappresentante di spicco della Chiesa ortodossa russa, all'epoca vescovo di Vienna e d'Austria, in un'intervista rilasciata a Vittoria Prisciandaro per il mensile Jesus (aprile 2006), criticava pesantemente la scelta di papa Benedetto, ritenendola espressione della volontà di affermare ulteriormente la sua pretesa giurisdizione universale, dal momento che permanevano gli altri titoli irricevibili per gli ortodossi.
Il 22 marzo, il Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani spiegava con un comunicato la storia del titolo di Patriarca d'Occidente e lo riteneva un titolo ormai obsoleto e senza alcuna rilevanza ecclesiale. L'8 giugno, un Comunicato del Patriarcato Ecumenico rispondeva ribadendo che quel titolo era l'unico «accettato dalla coscienza ortodossa», mentre quello di Vicario di Cristo e di Sommo pontefice della Chiesa universale «provocano serie difficoltà per gli ortodossi, dal momento che sono percepiti come implicanti una giurisdizione universale del vescovo di Roma sulla Chiesa intera, cosa che gli ortodossi non hanno mai accettato».
Teniamo presenti queste reazioni e procediamo. Nell'Annuario Pontificio del 2020, regnante papa Francesco, si è registrata un'importante variazione grafica. Nella pagina dove era riportato il solo nome del papa, il nome di Francesco risultava ora accompagnato, nella riga sottostante, dal titolo di Vescovo di Roma. Nella pagina successiva, invece, si aveva la consueta breve biografia, seguita però dagli altri titoli, introdotti dalla scritta “Titoli storici”. In pratica, il titolo di Vicario di Cristo veniva relegato a fondo pagina, come titolo storico.
Il cardinale Gerhard Müller reagì su Die Tagespost, definendo l'operazione una «barbarie teologica», mentre il Direttore della Sala Stampa vaticana correva ai ripari, spiegando che «la definizione di “storico” in relazione ai titoli attribuiti al papa in una delle pagine a lui dedicate nell’Annuario Pontificio del 2020 mi sembra indicare il legame con la storia del papato». Mi sembra...
L'ultima novità, come accennato, si è verificata nell'Annuario di quest'anno: tra i “titoli storici”, subito dopo quello di Sommo Pontefice della Chiesa universale è ricomparso anche il titolo di Patriarca d'Occidente. Nessuna spiegazione né dalla Sala Stampa, né dal Pontificio Consiglio competente. In compenso, l'analista del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, Nikos Tzoitis, interveniva su Fides a commentare il ritorno di quel titolo: «La scelta di Papa Francesco di ripristinare il titolo di Patriarca d’Occidente può essere collegata alla sua insistenza sulla importanza della sinodalità, e alla sollecitudine ecumenica che spinge a guardare sempre ai primi secoli del cristianesimo, quando tra le Chiese non c’erano lacerazioni di carattere dogmatico». Il primo millennio, secondo Tzoitis, era il millennio della “Pentarchia”, quando alle cinque sedi patriarcali – Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme –, «veniva riconosciuta anche dai poteri imperiali una responsabilità condivisa in ordine all'ortodossia della fede ed al governo della Chiesa universale».
Che questa chiave di lettura possa interpretare correttamente la scelta di Francesco – e di chi evidentemente l'ha consigliato – appare probabile dalla ricostruzione che abbiamo fatto in questo articolo: il papa ha reintrodotto il titolo amato dagli ortodossi, così come un (apparente) esercizio sinodale del primato, mentre ha declassato quelli indigesti.
C'è però un equivoco. Quando storicamente al papa veniva attribuito il titolo di Patriarca d'Occidente, esso non era compreso nel modo in cui lo considerano gli ortodossi, ossia come un patriarcato “fratello” degli altri quattro, con un mero primato d'onore. Gli ortodossi proiettano su questo titolo la loro visione ecclesiologica, che esplicitamente esclude il primato del successore dell'Apostolo Pietro, inteso come giurisdizione diretta e universale su tutta la Chiesa. In realtà, anche nel “mitico” primo millennio (che in verità conobbe una quantità industriale di scismi e divisioni), il papa non agiva come Patriarca d'Occidente, ma come Pastore universale, intervenendo direttamente non solo nei territori d'Occidente, ma, quando necessario, anche in quelli orientali. In sostanza, la Chiesa cattolica ha sempre compreso quel titolo storico all'interno della dottrina del primato, mentre invece gli Ortodossi la valutano secondo l'impianto della propria ecclesiologia eucaristica e del principio collegiale, di cui la Pentarchia è espressione.
È proprio per questa ragione che Benedetto XVI aveva ritenuto l'attributo ormai obsoleto e senza alcun significato, perché quella che per comodità chiamiamo Chiesa latina, non è, come i patriarcati orientali, una Chiesa sui iuris che richiede quindi un patriarca (che sarebbe il papa), un esarca o un metropolita; essa conosce invece un'organizzazione territoriale differente, che è quella delle (recenti) conferenze episcopali.
Alla luce di queste considerazioni, il minimo che si possa dire è che il papa ha fatto esattamente il contrario di quello che la logica vorrebbe: ha infatti declassato il titolo di Vicario di Cristo, che esprime l'essenza del papato nella visione cattolica, mentre ha reintrodotto un titolo storico obsoleto. Così facendo ha ulteriormente marcato la rottura con il proprio immediato predecessore, cercando, nel contempo, di ricucire lo strappo con quella Chiesa ortodossa, soprattutto russa, che aveva appena contrariato con la pubblicazione di Fiducia supplicans (tra l'altro, fu proprio lo stesso Afeyev a lamentarsi della Dichiarazione e dichiarare finito il dialogo con la Chiesa cattolica).
Un vero ecumenismo deve invece incentrarsi sul fatto che il primato, correttamente e pienamente inteso, è l'elemento costitutivo e irrinunciabile della comunione. Questo pontificato appare dunque segnato da un duplice fraintendimento del primato: da un lato, tanto grande da essere considerato come assoluto, quasi che il papa possa pasticciare a piacimento con la Rivelazione divina; dall'altro tanto piccolo da poter esser sacrificato sul tavolo del dialogo ecumenico con gli ortodossi, che hanno chiesto la decapitazione del Vicario di Cristo e il ritorno del patriarca d'Occidente. E sono stati accontentati.
La consegna delle chiavi, Gesù sancisce il primato di Pietro
Il tema della traditio clavium è ricorrente nella storia dell’arte. Lo raffigurò, tra gli altri, il Perugino, con uno splendido affresco nella Cappella Sistina. Gesù, in primo piano, porge le chiavi del Regno a Pietro. Che, umilmente, Gli s’inginocchia davanti. La postura del vicario di Cristo e la mano sul petto esprimono l’accettazione dell’arduo compito che gli viene affidato. Nasce, infatti, la Chiesa.
Collegialità, ma il primato di Pietro non si tocca
Nella solennità dei Santi Pietro e Paolo, Papa Francesco ha indicato le linee che intende seguire nella riforma della Chiesa. Citando la Lumen gentium ha affermato che il collegio dei vescovi esprime la varietà del Popolo di Dio, che deve essere ricondotta al vescovo di Roma.
Il primato di Pietro, compito che viene da Gesù
Il Signore affida a Pietro il compito per i fratelli attraverso la promessa della sua preghiera. L'incarico di Pietro è ancorato alla preghiera di Gesù. È questo che gli dà la sicurezza del suo perseverare attraverso tutte le miserie umane.