I profughi dal Mali in Burkina Faso, dalla padella alla brace
Speravano di salvarsi dai jihadisti, ma nei campi del Burkina Faso sono attaccati sia dai terroristi che dai militari burkinabé. Migliaia decidono di tornare in Mali. Il COVID-19 ne ha bloccati 4.000
L’ultimo rapporto dell’Unhcr porta a 45,7 milioni gli sfollati e a 20,4 milioni i rifugiati nel mondo al 31 dicembre 2019. Quelle dei profughi però sono cifre che andrebbero aggiornate costantemente. Non passa giorno infatti senza che delle persone siano costrette a lasciare casa per mettersi al sicuro, entro i confini nazionali o superandoli e chiedendo asilo. Altre, finita la crisi che le ha messe in fuga, fanno ritorno: 5,3 milioni di sfollati e 317.200 rifugiati nel 2019, per un totale di poco più di 5,6 milioni. Anche durante l’emergenza COVID-19 sono stati registrati tanti nuovi profughi. Nonostante gli appelli al cessate il fuoco lanciati da autorità civili, come il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, e religiose, come papa Francesco, in molte parti del pianeta si è continuato a combattere. In Africa nessuno ha deposto le armi e, anzi, i jihadisti hanno intensificato attacchi e attentati. “Siamo ancora in balia di sporadici attacchi terroristici di Boko Haram, in particolare nel nord” lamenta monsignor Ignatius Ayu Kaigama, arcivescovo di Abuja, capitale della Nigeria, un paese dove inoltre si sono moltiplicati gli scontri armati tra comunità tribali. Gli fanno eco altri vescovi, preoccupati per il futuro delle loro comunità. Una delle situazioni più drammatiche è senza dubbio quella dei circa 25.000 rifugiati provenienti da zone del Mali infestate da jihadisti, ospiti di alcuni campi allestiti in Burkina Faso. Negli ultimi mesi alcuni campi hanno subito ripetuti attacchi da parte di jihadisti legati ad al Qaeda e all’Isis. Uno dei campi, Mentao, è stato attaccato sia da jihadisti che da militari convinti che dei rifugiati siano complici dei jihadisti. A maggio proprio i militari hanno ferito 32 rifugiati, alcuni seriamente. L’insicurezza ha indotto le agenzie umanitarie a sospendere le attività e poi a trasferire altrove i loro assistiti. Nei mesi scorsi migliaia di maliani, però, ritenendo che la situazione in Burkina Faso sia ormai ancora peggiore di quella dalla quale erano fuggiti, hanno deciso di rientrare in patria e hanno approfittato di un programma di rimpatrio volontario organizzato dall’Unhcr. Per loro disgrazia, 4.000 rifugiati in procinto di tornare in Mali non sono riusciti a partire, bloccati dalle restrizioni adottate a causa della pandemia. L’Unhcr li ha provvisoriamente sistemati a Dhibo, una città del nord dove gli attacchi jihadisti sono frequenti e inoltre la possibilità di rifornirli di cibo e altri generi di prima necessità è limitata.