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DANTEDì

I papi contemporanei, il catechismo e la Divina Commedia

Se è vero che la Chiesa ha da sempre riconosciuto un valore altissimo al contenuto dottrinale della Commedia, dal Novecento in avanti le posizioni dei papi nei confronti del poema sono state esplicitate in modo particolarmente lusinghiero e favorevole.

Cultura 25_03_2022

Molti santi sono stati scrittori, hanno magari lasciato testimonianza della propria vita o delle esperienze mistiche o hanno addirittura composto poesie. San Francesco d’Assisi è considerato l’iniziatore della letteratura italiana. Sant’Agostino ha lasciato testi importantissimi per la storia della Chiesa, della filosofia e della letteratura. San Giovanni della Croce, il patrono dei poeti e degli scrittori, e santa Teresa d’Avila hanno dedicato a Gesù bellissime poesie d’amore.

Nessuno ha mai pensato di aprire il processo di canonizzazione per Dante, il maggior poeta dell’aldilà, che senz’altro ha destato le coscienze di molti e ha accompagnato tanti altri lungo il cammino della purificazione e della santificazione. Malgrado compaiano nell’Inferno dantesco numerosi papi, cardinali, vescovi, la Commedia non è mai stata posta all’Indice, al contrario è stata considerata un vero e proprio catechismo.

Se è vero che la Chiesa ha da sempre riconosciuto un valore altissimo al contenuto dottrinale della Commedia, dal Novecento in avanti le posizioni dei papi nei confronti del poema sono state esplicitate in modo particolarmente lusinghiero e favorevole.

In una lettera datata 28 ottobre 1914 Papa Benedetto XV scrisse che Dante «con versi né prima né dopo uguagliati, espose le più alte verità di fede» e «che non avvenne mai che si discostasse dalle verità della dottrina cristiana».

In occasione del sesto centenario della morte, in data 30 aprile 1921, lo stesso Papa dedicò la lettera enciclica In praeclara summorum a Dante, riconosciuto come poeta ancora contemporaneo, seppur distante nel tempo, valida guida per l’uomo odierno:
Egli, quantunque separato da noi da un intervallo di secoli, conserva ancora la freschezza di un poeta dell’età nostra; e certamente è assai più moderno di certi vati recenti, esumatori di quell’antichità che fu spazzata via da Cristo, trionfante sulla Croce.

È l’unico caso nella storia di un’enciclica dedicata ad uno scrittore. Il papa esalta l’Alighieri:
Nella illustre schiera dei grandi personaggi, che con la loro fama e la loro gloria hanno onorato il cattolicesimo in tanti settori ma specialmente nelle lettere e nelle belle arti, lasciando immortali frutti del loro ingegno e rendendosi altamente benemeriti della civiltà e della Chiesa, occupa un posto assolutamente particolare Dante Alighieri.

Il papa riconosce sia l’intima unione tra Dante e la Cattedra di Pietro sia
 come le lodi tributate a così eccelso nome ridondino necessariamente in non piccola parte ad onore della fede cattolica.

Il vasto ingegno di Dante ha tratto ispirazione dalla «fede divina», dalle «verità rivelate da Dio» e dagli «splendori dell’arte».

La Commedia ha un alto e riconosciuto valore pastorale, dal momento che molti lettori, catturati dalla bellezza dei versi e delle storie, sono stati poi attratti alla verità della fede cattolica e si sono convertiti.

Dante è, poi, riconosciuto come «il cantore […] più eloquente del pensiero cristiano». Di qui l’esortazione finale di Papa Benedetto XV:
Quanto più vi dedicherete a lui con amore, tanto più la luce della verità illuminerà le vostre anime e più saldamente resterete fedeli e devoti alla santa fede.

Come conciliare il valore educativo dell’opera con le denunce e i toni invettivi con cui Dante spesso si scaglia contri rappresentanti della chiesa cattolica? Risponde con prontezza alla domanda papa Benedetto XV:
Per quanto si scagliasse nelle sue invettive veementi, a ragione o a torto, contro persone ecclesiastiche, però non venne mai meno in lui il rispetto dovuto alla Chiesa e la riverenza alle Somme Chiavi.

Papa Benedetto XV deplora l’uso contemporaneo di educare la gioventù «come se Dio non esistesse» e «senza la minima allusione al soprannaturale». Colpiscono queste parole scritte oramai un secolo or sono, in un contesto oggi dominato completamente da una dimensione  mondana e materiale. 

Papa Paolo VI fa pubblicare la Lettera Apostolica Altissimi cantus, datata 7 dicembre 1965, in occasione della ricorrenza del VII Centenario della nascita di Dante sottolineando il vivo interesse della Chiesa per la figura di Dante e istituendo una Cattedra di Studi Danteschi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il papa definisce Dante come «l’astro più fulgido» della nostra letteratura e «padre della lingua italiana». Compito della Chiesa è riscoprire gli «inestimabili tesori del pensiero e del sentimento cristiano». Infine, il papa esorta tutti noi ad onorare «l’altissimo poeta»:
Tutti l’onorino, poiché egli tutti riguarda: onore del nome di cattolico, cantore ecumenico ed educatore del genere umano: e con maggior diligenza e più fermo impegno l’onorino coloro che più gli sono vicini per religione, carità di patria, vicissitudini, affinità di studi.

Invita, poi, «quelli che sono più dotati» ad avere «in mano giorno e notte una copia della Divina Commedia», approfondendo quanto rimane ancora «d’inesplorato e d’oscuro», leggendola integralmente «con mente penetrante e attenta riflessione».

Infine, esorta gli uomini contemporanei, in un momento di crisi culturale come quella in cui vivono, ad illuminare la propria cultura «incontrandosi con un così alto spirito». Dobbiamo volgere lo sguardo a Dante, perché, «ostacolati da una selva oscura», possiamo orientarci verso «il dilettoso monte/ ch’è principio e cagion di tutta gioia».

Anche gli ultimi tre papi hanno mostrato vivo interesse per la Commedia.

San Giovanni Paolo II scrive che lo sforzo di Dante fu orientato a
 fare in modo che il peso dell’umano non distruggesse il divino che è in noi, né la grandezza del divino annullasse il valore dell’umano.

Papa Benedetto XVI si richiama spesso alla Commedia per presentare figure di santi e la Madonna.

In occasione del settimo centenario della morte Papa Francesco ha dedicato la lettera apostolica Candor lucis aeternae al Sommo poeta:
Il Verbo di Dio prese carne dalla Vergine Maria quando Ella rispose “eccomi” all’annuncio dell’Angelo (cfr Lc 1,38). Il giorno in cui la Liturgia celebra questo ineffabile Mistero è anche particolarmente significativo per la vicenda storica e letteraria del sommo poeta Dante Alighieri, profeta di speranza e testimone della sete di infinito insita nel cuore dell’uomo. In questa ricorrenza, pertanto, desidero unirmi anch’io al numeroso coro di quanti vogliono onorare la sua memoria nel VII Centenario della morte. Il 25 marzo, infatti, a Firenze iniziava l’anno secondo il computo ab Incarnatione. Tale data, vicina all’equinozio di primavera e nella prospettiva pasquale, era associata sia alla creazione del mondo sia alla redenzione operata da Cristo sulla croce, inizio della nuova creazione.

L’incarnazione, celebrata il 25 marzo, rappresenta
il cuore stesso e la fonte ispiratrice della […] Divina Commedia, nella cui ultima cantica l’evento dell’Incarnazione viene ricordato da San Bernardo con questi celebri versi: «Nel ventre tuo si raccese l’amore, / per lo cui caldo ne l’etterna pace / così è germinato questo fiore» (Par. XXXIII, 7-9).