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NUOVO RAPPORTO

I “paletti” per l’eutanasia? Bugia per l’autodistruzione

Un’indagine del National Council on Disability dimostra che la morte di Stato non introduce la libertà di scelta ma spinge i malati a uccidersi, facendoli sentire un peso e non offrendo loro opzioni di vita. È una contagiosa mentalità mortifera (con cui fa i conti anche l’Italia), figlia di un razionalismo materialista che non riconosce l’infinito e disprezza il limite.

Vita e bioetica 21_10_2019

Mentre il Parlamento italiano si prepara a legiferare secondo quanto deciso dalla Consulta, ossia che il suicidio assistito deve essere legale in certi casi, come la sofferenza fisica o psicologica intollerabile, il National Council on Disability (un’agenzia federale che fornisce consulenza al presidente e al Congresso americani) ha pubblicato un rapporto che dimostra come la morte di Stato non introduca una libertà di scelta ma invece spinga i malati ad uccidersi, precisando che i paletti legislativi non servono ad arginare la deriva.

Nel rapporto dell’Ncd, che ha esaminato gli Stati americani in cui l’eutanasia è legale, è emerso che spesso le assicurazioni sanitarie hanno negato ai pazienti trattamenti medici costosi e di supporto alla vita, offrendosi invece di sovvenzionare farmaci letali, portandoli così alla scelta disperata di decidere per il suicidio. Inoltre, per rientrare nelle casistiche previste dalla legge si sono verificati episodi di diagnosi errate di malattia terminale. E, sebbene la paura e la depressione siano spesso alla base delle richieste di suicidio assistito, le valutazioni psicologiche avviate prima che i medici decidessero per il suicidio assistito sono state estremamente rare.

La cultura eutanasica, continua l’Ncd, che si diffonde con l’omicidio/suicidio legale, affiancata a difficoltà finanziarie ed emotive, rende poco libera la scelta del paziente. Il contagio suicida negli Stati esaminati è stato dimostrato anche da molti studi. Dunque, si legge, «se il suicidio assistito è legale, si perderanno vite a causa degli errori, degli abusi, della mancanza di informazioni o della mancanza di opzioni migliori». Ma, soprattutto, «nessun limite legale presente o proposto potrà cambiare questa realtà». Inoltre in Oregon, dove la pratica è legge da 20 anni e dove l’elenco delle condizioni ammissibili al suicidio assistito si è ampliato nel tempo, partendo dal fine vita si è passati ad ammettere la “dolce morte” anche in casi di disabilità che, se adeguatamente trattati, non provocano la morte, tra cui l’artrite, il diabete o l’insufficienza renale.

Perciò, sottolinea il rapporto, non è un caso se molte organizzazioni nazionali per i diritti della disabilità si oppongono alla legalizzazione del suicidio assistito. Come ha fatto notare Joseph Masdeu, medico del Methodist Neurological Institute di Houston, rimproverando l’American Academy of Neurology per aver ritirato lo scorso anno la sua opposizione al suicidio assistito e all’eutanasia, i dati dell’Oregon mostrano che nel 2018 poco più della metà delle persone che hanno cercato di procurarsi la morte aveva dichiarato di temere di sentirsi un peso per la famiglia, gli amici e gli operatori sanitari. Spesso la disabilità è cognitiva: infatti, anche nei Paesi Bassi, i casi di medici che hanno accelerato la morte sulla base di disturbi mentali o di demenza sono aumentati di oltre otto volte dal 2010 al 2016. Questo spiegherebbe il fenomeno denunciato anche  da Lydia Dugdale, medico presso la Columbia University, che ha incontrato diversi malati arrivati a sentirsi in colpa nei confronti delle famiglie se non optavano per il suicidio.

Ma che l’ideologia della morte sia contagiosa lo dice persino la vicenda di Marco e Carlo Gentili, fratelli di 30 e 35 anni, affetti fin da piccoli da una rara forma di Sla. Entrambi hanno scelto, nel caso di collasso dei polmoni, di non essere sottoposti a tracheostomia, il che non ha nulla a che vedere con il suicidio assistito. Quello che colpisce di questa vicenda, infatti, non è tanto la decisione, dettata dalla paura e pertanto messa per iscritto ancor prima che il fatto si verifichi, ma le parole della madre che pure non vorrebbe mai, da parte sua, che i due fratelli chiedessero la morte. La donna aveva ammesso, parlando a La Repubblica, che «il mio cuore si ribella» all’idea dell’eutanasia e che «cercherei di trattenerli». Ma, poi riferendosi alla morte di Dj Fabo, aveva aggiunto che la madre aveva avuto il «grande coraggio di accompagnare il suo ragazzo a Zurigo a morire» e che ci voleva una legge sull’eutanasia perché «non hanno potuto scegliere nulla i miei ragazzi, almeno in questo devono essere liberi».

Il che fa ben comprendere quanto la mentalità porti una madre, che accudisce i figli da quando sono piccoli e che lo farebbe fino alla fine, ad andare contro ciò che lei stessa percepisce come un bene: la vita dei suoi figli. Una mentalità che non tollera limiti a qualsiasi decisione qualcuno voglia prendere, che la si ritenga giusta o sbagliata.

È come se l’uomo moderno, sprofondato com’è nel razionalismo materialista che gli impedisce di riconoscere l’infinito nel finito, non riuscisse a giocare la propria esigenza di totalità dentro la finitezza della vita, ridotta a quello che si vede e si tocca. Per questo la legge naturale ovvero quella di un Dio che ha la pretesa di incidere nell’esistenza umana creando l’essere e la realtà con degli argini, diventa il supremo nemico dell’uomo di oggi, l’ostacolo alla sua brama di totalità. Questo per dire che, se non si è educati a cercare un senso, un mistero, un destino buono che si fa spazio dentro la finitezza dell’esistenza, la realtà diventa un luogo da cui fuggire e da cui difendersi (in questo caso con un testamento biologico o con una legge omicida).

Ma rifiutando il limite e utilizzando la propria capacità di scelta per cercare di eliminarlo, l’uomo arriva ad autodistruggersi. Ad eliminare anche se stesso. Pertanto, quando quest’ultimo atteggiamento viene eretto a principio di giustizia tramite la legge statale (che non riconosce i vincoli di quella naturale per cui nessuno può generare né quindi arrestare una vita) si avvia una diseducazione del popolo tale per cui si assisterà a un’autodistruzione di massa. Fisica e non.