Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
I venerdì della Bussola

I martiri, testimoni della regalità di Cristo

Fin dagli inizi del cristianesimo i martiri hanno testimoniato la regalità di Cristo, resistendo a un potere totalitario in vista del Regno eterno. Il rapporto della fede con il mondo e la polemica Schmitt-Peterson. L’opposto dei martiri: l’Anticristo. Dal videoincontro di ieri con Luisella Scrosati.

Ecclesia 22_06_2024

Il martirio come dimensione costitutiva della nostra fede, ossia come testimonianza suprema della regalità di Cristo e dono per partecipare alla Sua gloria. Ma senza fare confusione con quelle che sono distorsioni del vero martirio, dall’antica eresia dei montanisti ai kamikaze dei giorni nostri.

Questo il filo conduttore della diretta – ricca di spunti per l’attualità della Chiesa e del mondo – dei Venerdì della Bussola di ieri, dal titolo “Il martirio necessario”, che ha visto Luisella Scrosati rispondere alle domande di Stefano Chiappalone.

Che il martirio accompagni necessariamente la missione della Chiesa è evidente in tutto il Nuovo Testamento, a partire dai Vangeli, dove Gesù avverte che essere Suoi discepoli significa sì avere in cambio il centuplo e quindi la vita eterna, ma passando attraverso insulti e persecuzioni in terra. Sono perciò del tutto fuori luogo quelle interpretazioni “liquide” del cristianesimo, oggi molto comuni, secondo cui Gesù sarebbe venuto ad annunciare «una pace universale, a prezzo della verità». Al contrario, come ricorda la Scrosati, «la comparsa del Figlio di Dio nel mondo fa esplodere le forze del male», che reagiscono alla presenza del Signore e devono uscire allo scoperto. Ne sono prova, tra l’altro, gli esorcismi descritti dagli evangelisti. Allo stesso tempo il mondo, come lo chiama la Scrittura, oppone una certa resistenza al messaggio cristiano.

E a proposito della fede nel suo rapporto con il mondo, la diretta è stata l’occasione per richiamare la polemica tra il politologo Carl Schmitt (1888-1985) ed Erik Peterson (1890-1960), teologo molto apprezzato da Benedetto XVI. Una polemica fondata sul concetto di teologia politica elaborato da Schmitt in un’opera intitolata proprio Teologia politica (1922), dove sostiene l’idea che la riflessione teologica sia al servizio della politica, impostazione che porterà più tardi l’autore a mettersi al servizio del Terzo Reich.

All’errata concezione di Schmitt, risponde Peterson con un’opera certosina – Il monoteismo come problema politico (1935) – dove, come spiega la Scrosati, «in sostanza dimostra che in realtà nella Chiesa dei primi secoli, la Chiesa dei Padri, è successo esattamente il contrario, cioè è stata la fede a giudicare la politica», attribuendo inoltre a Gesù Cristo titoli come Rex regum (Re dei re) e imperator.

Con l’Incarnazione di Cristo, il potere politico è stato messo di fronte al fatto di non avere un potere assoluto sull’uomo e alla necessità di riconoscere di avere un Re, eterno, che lo trascende. Ma c’è un potere totalitario – dall’Impero romano al Terrore giacobino fino a quello odierno più “mascherato” – che non accetta questa verità, testimoniata non solo attraverso gli scritti teologici, ma prima di tutto dai martiri. I quali sono coloro che in ogni tempo hanno resistito appunto a un potere totalitario testimoniando nella loro carne un’altra sovranità: quella di Cristo.

Riguardo al concetto di martirio “necessario”, non significa certo, come chiarisce la Scrosati, che sia Dio a istigare la persecuzione, né che bisogna andare a cercarselo. Ma va inteso nel solco di quel che Gesù in persona ha insegnato, ad esempio nel brano sui discepoli di Emmaus, dove invita a guardare la Sua stessa Passione secondo le logiche divine: «Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?» (Lc 24,26). Si tratta della logica, per dirla con un altro esempio evangelico, del chicco di grano che, caduto in terra, muore e «produce molto frutto» (cfr. Gv 12,24-26).

Non è un caso, quindi, che l’introito per la Messa di Cristo Re riprenda dei versetti dell’Apocalisse sull’Agnello immolato. «Peterson dice infatti che le due modalità con cui la Chiesa afferma la regalità di Cristo sono il martirio e la liturgia», spiega la Scrosati.

Com’è vero che i martiri sono i massimi testimoni della regalità di Cristo, perché rendono manifesta con la loro vita la realtà del Suo Regno, dall’altra parte l’Anticristo rende una testimonianza diametralmente opposta. Anche qui la riflessione di Peterson, richiamata dalla Scrosati, è esemplare. Il teologo mostra – ne I testimoni della verità, che ha a tema proprio la testimonianza dei martiri – come nell’Apocalisse il drago, cioè il demonio, scimmiotti la Trinità creando a sua immagine e somiglianza la bestia che sale dal mare e poi quella che sale dalla terra. La prima bestia, come diceva già san Tommaso nel commento alla Seconda Lettera ai Tessalonicesi, rappresenterebbe un personaggio politico, la potentia saecularis, come la chiamava l’Aquinate. La seconda bestia o falso profeta, invece, lavorerebbe più sul piano religioso, ideologico.

In definitiva, la venuta di Cristo rende impossibile mantenersi neutrali perché, com’è chiaro dalla simbologia della stessa Apocalisse, o si riceve il marchio della bestia o il sigillo di Dio.

I martiri ci ricordano allora che i cristiani siamo chiamati a testimoniare Cristo nella pubblica piazza, ad essere luce del mondo. Non bisogna dunque cedere, come riassume la Scrosati, alla «logica della potentia saecularis che va sempre più nella linea anticristica e totalitaria. Questo è il senso fondamentale della critica di Peterson. Non è più possibile una neutralità».