I Democratici temono di perdere e cambiano le regole
Se Biden crolla nei sondaggi e il Partito Democratico teme di perdere le prossime elezioni di Medio Termine, che si terranno l'anno prossimo, allora... si cambiano le regole del gioco democratico. E' questo il senso del For the People Act, presentato dai Dems in Congresso che mira a ridisegnare il processo elettorale da cima a fondo.
Biden cala nei sondaggi e ora i Democratici pretendono di cambiare le regole del gioco democratico, modificando circoscrizioni elettorali in tutto il paese, pur di vincere. La popolarità dell’amministrazione democratica ha visto un calo drammatico dalla metà di agosto, una caduta verticale seguita alla gestione maldestra della ‘crisi afgana’, quella migratoria (proveniente dai paesi del centro America) e dall’aumento delle morti legate al COVID-19. In risposta a questi due dati della realtà, i Democratici USA hanno deciso di modificare le leggi elettorali federali, senza alcuna disponibilità al confronto bi-partisan, pur mantenere la maggioranza nelle prossime elezioni di Mid-term del prossimo anno.
Così una delle principali priorità legislative dei democratici a Washington è la HR 1, il cosiddetto "For The People Act". Si tratta di una vasta legislazione che va dal finanziamento pubblico delle elezioni del Congresso, alla registrazione degli elettori il giorno stesso, fino all’obbligatorietà di un ampio voto anticipato, permettendo anche agli adolescenti di registrarsi per votare (anche se, presumibilmente, lo potranno fare solo al compimento del 18mo anno). Saranno stabiliti regolamenti di registrazione automatica ogni volta che qualcuno accede a servizi statali, saranno estese le procedure di voto per posta e avviato il percorso per trasformare il Distretto di Columbia (della capitale Washington) un nuovo Stato.
Una delle riforme di più ampia portata riguarda il modo in cui i distretti (all’incirca equivalenti ai nostri collegi elettorali, ndr) del Congresso sono disegnati, o "ripartiti". Per la maggior parte, in tutto il Paese, i confini di questi distretti sono disegnati dai parlamenti statali, procedimento che viene attuato ogni 10 anni per rendere coerenti i distretti elettorali con i dati dell’ultimo censimento. Da sempre, gli Stati controllati dai Repubblicani tracciano i confini dei distretti sperando di aumentare la rappresentanza repubblicana, mentre gli Stati controllati dai Democratici lo fanno sperando di aumentare la rappresentanza democratica: la procedura è chiamata gerrymandering. Il colpo di mano che i Dems stanno tentando con il "For The People Act" prevede la fine del processo di ripartizione dei distretti da parte delle legislature statali, sostituendole con le cosiddette "commissioni indipendenti", squadre di giudici statali scelti dalla maggioranza democratica.
Se entrambi i partiti politici sono stati colpevoli di gerrymandering, perché i Democratici vogliono eliminare questa criticabile consuetudine statale solo adesso? I Democratici vogliono assicurare ‘l'indipendenza delle elezioni’, porre fine al ‘gerrymandering partigiano’ e ‘permettere ai cittadini di scegliere i loro rappresentanti piuttosto che il contrario’. Questi slogan suonano tutti bene, ma in realtà, da quando lo scorso fine aprile i dati del censimento hanno mostrato una prevalenza in molti distretti elettorali dei Repubblicani, si sono alzate molte voci preoccupate per la possibile sconfitta dei Dems alle prossime elezioni. Perdere il controllo della Camera dei Rappresentanti il prossimo 2022, in una situazione in cui il Senato è governato per un solo voto di maggioranza, porterebbe alla fine del sogno rivoluzionario della sinistra americana, dopo due soli anni di potere.
Non a caso, dalla fine di giugno, è continuo l’allarme della stampa di sinistra internazionale, dal The Guardian alla agenzia Associated press, sulla possibile prossima sconfitta dei Dems e l’urgente necessità di modifiche elettorali federali. Le 800 pagine del “For the People Act”, approvate dalla Camera dei Rappresentanti lo scorso marzo, da giugno scorso sono ancora bloccate al Senato (la prossima discussione prevista l’8 novembre) da una fiera opposizione dei Repubblicani e di un manipolo di senatori democratici che non accettano soprusi da parte dei vertici di partito sulle regole generali della vita democratica, quelle che dovrebbero, semai, essere frutto concordia bi-partisan.
Ebbene, ieri 23 settembre si è assistito ad un ennesimo tentativo di forzare le procedure e modificare i regolamenti del Senato, da parte dei vertici Dems. Dopo che il Senato ha bocciato l’innalzamento del debito dello Stato e l’inserimento della sanatoria per centinaia di migliaia di migranti nel piano infrastrutturale di 3,5 miliardi di dollari, ora i Dems vogliono modificarne il regolamento, limitando il ‘filibustering’ (ostruzionismo illimitato) per costringere maggioranza ed opposizione a trovare intese bi-partisan su alcune materie e regole di interesse comune del Paese. I Dems sostengono che l'ostruzionismo sta bloccando riforme importanti dell’agenda politica di Biden: oltre alle nuove regole sul diritto di voto e sulle circoscrizioni elettorali, anche l’ingresso nella federazione, come nuovi Stati, del Distretto di Columbia e Porto Rico, il piano di spesa da 3500 miliardi di dollari, la legislazione sul controllo delle armi e la codificazione di Roe v. Wade in legge federale (per superare ogni legge statale pro life).
Il minacciato uso della ‘opzione nucleare’ da parte dei Dems per modificare il ‘filibustering’ (una procedura parlamentare che permette al Senato di cambiare una norma di regolamento con una maggioranza semplice, piuttosto che i 2/3 di voti necessari) presume che i Dems abbiano comunque 51 voti a favore. Sino ad oggi tutti i senatori repubblicani ed un manipolo di Democratici stanno frenando la ‘tirannia della maggioranza’ di Biden. Per il bene della democrazia, speriamo che questa resistenza parlamentare non venga meno.